Emilia Romagna - Il Parlamento dell’era berlusconiana annoverava un risicato 20% di donne, frutto amaro della scelta del PDL di farne eleggere solo 63 su 311
Pariani Anna Domenica, 07/04/2013 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Aprile 2013
Il Parlamento dell’era berlusconiana annoverava un risicato 20% di donne, frutto amaro della scelta del PDL di farne eleggere solo 63 su 311. Lo stesso Partito Democratico nel 2008 non aveva ancora applicato le primarie con la doppia preferenza per scegliere i suoi parlamentari. Risultato: siamo passati dal 30% della scorsa legislatura al 42% di elette Democratiche nella nuova. Ma ciò che conta ancora più dei numeri, le parlamentari del PDL che hanno ricoperto per cinque anni il ruolo di legislatore hanno avuto un ruolo scarsamente autonomo e molte volte consenziente al potere maschile, rappresentando anche davanti all’opinione pubblica la stessa cultura – meglio dire mancanza di cultura – del loro “nume tutelare”. È venuta meno quella capacità trasversale di lavorare nel nome delle libertà femminili che nella storia del Parlamento italiano ha spesso consentito di superare con l'unità delle donne lo scarso peso numerico. Solo nei casi della legge sulle quote nei consigli d'amministrazione delle società e della doppia preferenza di genere si è riusciti a costruire un fronte comune; sui diritti, la violenza e le questioni sociali non è stato possibile alcun confronto.
Raccolgo subito la preoccupazione della presidente Mori e rilancio: sono convinta che se e quando manca la consapevolezza del ruolo che si svolge anche in nome e per conto delle donne italiane, della responsabilità di rispondere ad una domanda di parità che è prima di tutto esigenza di giustizia ed uguaglianza sociale, non si esercita pienamente il proprio mandato di eletta. Tale consapevolezza però non si improvvisa. Si costruisce attraverso un lavoro di condivisione tra donne, scambio di idee ed esperienze, costruzione di un tessuto solidale che mira a cambiare la cultura dominante, a beneficio di tutti. Nel mio partito ci siamo date dei luoghi dove crescere insieme e insieme contare. Le conferenze permanenti delle donne democratiche vogliono essere strumenti aggiornati per una moderna “consapevolezza di genere”, aperti davvero ai contributi di donne che non hanno un vissuto partitico o femminista, ma che desiderano una società migliore dove lavorare, metter su famiglia se vogliono, esprimersi liberamente, fare le proprie scelte di vita senza timore e senza pagare un prezzo doppio rispetto agli uomini.
Qualunque strumento di consapevolezza si scelga, penso che ogni donna impegnata in politica in questa precisa fase della vita democratica, non possa ignorare il valore della sua “militanza”, il potenziale di rinnovamento che incarna per la comunità. A maggior ragione chi siede in Parlamento, che sia per un breve periodo o per cinque anni, ha la responsabilità di lanciare messaggi positivi, di autonomia sia della donna che del pensiero femminile, di autorevolezza delle proposte politiche volte ad una crescita più equa e paritaria. Oggi abbiamo un gruppo parlamentare ricco di esperienze e di giovani donne determinate a costruire il cambiamento. Auspichiamo che altre donne, in particolare le neo-elette di Scelta civica e del Movimento 5 stelle, vogliano costruire un confronto vero per cambiare la condizione delle donne italiane su poche priorità: legge sulla violenza di genere ed il femminicidio, sostegno ai centri antiviolenza, medicina di genere, servizi per l'infanzia e la conciliazione, sostegno al lavoro e all'imprenditoria femminili.
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