Lavoro e famiglia - I servizi sociali, i tempi e gli orari sono chiamati in causa insieme ai congedi parentali
Rosa M. Amorevole Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Maggio 2008
Ormai da diversi anni, gli storici del diritto stanno ricostruendo il graduale processo della morte dell’autorità paterna mentre sociologi e psicologi si dedicano allo studio della moltiplicazione dei ruoli attribuiti ai padri. E’ in questo contesto teorico che si colloca il volume di recente uscita ’Paternità e lavoro’ (ed Il Mulino), curato da Laura Calafà (professoressa associata di Diritto del Lavoro nell’Università di Verona), che prende spunto dalla ricerca condotta per la Commissione Europea dal titolo “More than one day daddy” sul tema di paternità e lavoro.
E’ dall’inizio degli anni ’90 che, alla luce delle analisi delle trasformazioni in atto, nei documenti dell’Unione Europea inizia ad essere introdotto il termine “conciliazione”, intendendo con questo la predisposizione di direttive, informative, raccomandazioni, suggerimenti ai Paesi membri affinché adottino misure che sostengono la combinazione tra lavoro pagato e responsabilità di cura e tutte le strategie tese a conciliare le domande oppositive di tempo al fine di rendere meno drammatico il conflitto sul tempo della vita quotidiana. Come base teorica delle azioni politiche si assume che il piano di intervento a favore dell’occupazione non possa essere separato da dimensioni più ampie, quali il piano della famiglia, dei servizi sociali, dei tempi e degli orari. Occorre tenere insieme, ‘a causa’ della presenza delle donne e ‘per favorire’ questa presenza delle donne nel mercato del lavoro, piani finora tenuti separati, con l’obiettivo di coinvolgere anche gli uomini in queste politiche.
Nel libro autrici ed autori, chiedendosi se sia ancora corretto considerare la presenza paterna indispensabile ma “integrativa” rispetto a quella materna, analizzano le leggi e le buone prassi che vengono messe in atto in Europa per consolidare la parità tra i due ruoli. Indagano sulla conciliazione condivisa e sulla paternità nel diritto comunitario, con interessanti apporti del diritto privato, della giurisprudenza costituzionale e della sociologia.
Appare dunque come utile lettura di approfondimento, in risposta al bisogno di informazione sentita oggi nel contesto italiano, anche a fronte di una nuova discussione politica sul tema di una maggiore contribuzione ai congedi parentali richiesti da madri e padri che lavorano.
GERMANIA: 1 NEOPADRE SU 10 PRENDE IL CONGEDO
Dal 1˚ gennaio 2007, quando la nuova legge è entrata in vigore in Germania, un neopadre su dieci ha chiesto il congedo. Il triplo di quanto succedeva prima.
Erano il 6,5% all'inizio del 2007, sono il 9,5% alla fine, con punte del 12% a Berlino e in Baviera. Quello che colpisce è la metamorfosi culturale: il padre che resta a casa è cool. Non sono gli ultimi della classe (e delle classi) a rimanere coi figli, ma piuttosto padri con solide professioni e ottima istruzione.
FRANCIA: 2 PAPA’ SU 3 STANNO A CASA PER 14 GIORNI
Tre pagati dal datore di lavoro e 11 retribuiti all'80% dello stipendio, e comunque per un importo non superiore a 2500 euro, attraverso un fondo messo a disposizione dal ministero della Famiglia. Piace molto ai papà francesi più giovani il congedo di paternità: lo prende il 75% di chi ha tra i 30 e i 34 anni. Scende al 60% tra i neopadri 35-39enni. Per i gemelli si può arrivare fino a 18 giorni, più i tre offerti dal datore di lavoro ma per tutti è necessario usufruirne entro i 4 mesi dalla nascita del bambino.
E' il congedo di paternità - introdotto nel 2002 - secondo un’indagine pubblicata da Le Monde ha avuto un grande successo, anche se resta la disparità tra pubblico e privato.
ITALIA: SOLO 4 PADRI SU 100 USUFRUISCONO DEL CONGEDO PARENTALE
Secondo i dati Inps, nel 2006, nel settore privato (esclusa l' agricoltura) i dipendenti che hanno chiesto qualche mese di permesso per fare i papà sono stati 10.797. Solo poche centinaia in più rispetto al 2005, anno in cui i congedi al maschile si fermarono a quota 10.122. I papà che sfruttano i congedi arrivano, se va bene, a essere quattro su cento. Esattamente la stessa percentuale del settore pubblico. E questo nonostante nel pubblico impiego anche gli uomini abbiano diritto ad un mese a casa a stipendio pieno (di solito i congedi parentali sono retribuiti al 30%). Nell' agricoltura i papà che dedicano qualche settimana ai figli non esistono: nel 2006 sono stati due in tutta Italia.
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