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La cittadinanza?...

La cittadinanza?..."non è in programma"... ?!?!?!

La proposta di Forza Italia sullo IUS ITALIAE si aggiunge allo IUS SOLI, IUS SANGUINIS, IUS SCOLAE. Mai dimenticare che CITTADINANZA vuol dire appartenere ad una collettività, essere titolare di diritti e soggetto a doveri

Martedi, 08/10/2024 - Il femminile di giornata / ventotto. La CITTADINANZA…. NON è IN PROGRAMMA !!!!
Evidentemente Forza Italia, con l’iniziativa del suo segretario Antonio Tajani di presentare la proposta definita Ius Italiae, deve fortunatamente ritenere che i programmi con cui un Governo si insedia possano essere non mummificati ma corretti, modificati o ampliati, a differenza di quanto afferma la Lega e la stessa Meloni con quel : “Non è nel programma” che elimina l’argomento. D’altra parte se c’è un universo che piace pensare sia in evoluzione costantemente è proprio quello della politica che si fa Governo, e si confronta, o si dovrebbe confrontare costantemente, coi cittadini e le loro esigenze. Il riferimento è ovviamente al tema/problema della Cittadinanza agli immigrati o meglio a quei cosiddetti stranieri che da anni vivono, studiano, sono nati in Italia e devono attendere un tempo infinito per divenire, ufficialmente, cittadini Italiani.
L’elenco delle ipotesi migliorative è negli anni divenuto notoriamente variegato nelle proposte, andando da Ius Soli a Ius Sanguinis, da Ius Scholae a Ius Italiae, ultima proposta presentata da Forza Italia. Un disegno di legge, peraltro, nato in contemporanea con la raccolta di firme terminata con successo il 30 settembre, voluta da forze politiche dell’opposizione, per un Referendum finalizzato a modificare la legge n 91 del 1992 portando da 10 a 5 anni il termine di soggiorno legale ininterrotto in Italia per accedere alla richiesta di cittadinanza.
La proposta di Forza Italia di Ius Italiae, definibile in qualche modo come versione “ridotta” dello Ius Scolae e che prevede la possibilità di divenire cittadino Italiano a chi ha sedici anni d’età, vive regolarmente nel paese almeno da dieci anni e ha all’attivo dieci anni di studi, seppur non la miglior desiderabile apre uno spiraglio utile, da non sottovalutare e su cui lavorare, riconoscendo la negatività della situazione attuale e rispondendo a quella indegna chiusura di cui è in particolare protagonista la Lega e in primis Matteo Salvini che ne è il segretario.
Non sarà sfuggito a nessuno come a Pontida si è assistito, contro l’iniziativa di Forza Italia, a insulti vergognosi, insolenti e ignoranti contro Tajani, definito addirittura scafista; il tutto organizzato dai baldanzosi giovani del Partito che hanno ricevuto dai loro rappresentanti l’equivalente di un ”buffetto di rimprovero” come bambini che hanno fatta una birichinata.
Venendo al merito della questione e sottolineando come il nostro paese - al di là anche di altre valutazioni e dell’esigenza di una politica ben strutturata - dei flussi di ingresso abbia un enorme bisogno il mondo del lavoro con un minimo di nuove forze in campo, si assiste, proprio partendo dal mondo della scuola, a quella che si può considerare una situazione ingiusta e definirei dannosa. Per chiunque - per motivi i più ovvi e i più vari, iniziando dall’insegnamento e dall’essere famiglia che accompagna - frequenti le scuole la sorprendente e allegra varietà delle differenze che s’incontrano nei bambini e nei ragazzi rispetto ai colori della pelle, lineamenti, al taglio degli occhi, genera un benessere e un’allegria che fa illudere di un mondo di tutti, per tutti.
Poi rifletti e ti accorgi che quei bambini e ragazzi che parlano italiano, e talvolta il dialetto, e che spesso sono nati qui in Italia, non hanno il diritto di cittadinanza ovvero sono esclusi dall’appartenenza al patrimonio civile culturale che studiano e che scelgono di fare proprio (nella maggioranza dei casi): il paese in cui la famiglia sceglie di fermarsi. Bambini che studiano le stesse materie dei loro compagni ma non hanno i loro stessi diritti.
CITTADINANZA vuol dire appartenere ad una collettività, essere titolare di diritti e soggetto a doveri. E' una parola che è una definizione simbolica che rappresenta in sè tanti concetti e responsabilità e che diventa sostantivo concreto, direi visibile, quando viene usato per dare indicazioni comportamentali del tipo: “la cittadinanza è chiamata al rispetto delle norme, delle regole, a partecipare, alle celebrazioni.. e sembra rendere visibile la collettività, la gente, di una città di un luogo".
Appartenere significa imparare a sentirsi parte, essere interessati collaborare, tutti e tanti concetti necessari perché chi è venuto nel nostro paese col desiderio di rimanervi abbia la precondizione per divenire una forza positiva, integrata, alla pari, collaborativa nell’interesse di una comunità di cui è parte.
La cittadinanza, allora, è l’adozione definita per legge, l’appartenenza alla collettività di un paese e che ti mette nella condizione di essere coinvolto nel luogo che hai scelto e che t’interessa perché se progredisce il paese progredisci anche tu.
L’aspettativa è allora che l’iniziativa di Forza Italia, per quanto non sia la preferibile per molte e molti di noi, apra a una nuova speranza di risultati concreti e riporti anche alla memoria della stessa Meloni e del suo partito come anche loro da forza di opposizione nel passato avessero ipotizzato un'idea di Ius Scholae e possano immaginare di tornare a ragionarci.
La cittadinanza è la via maestra per costruire l’appartenenza ad un luogo e farlo sentire come proprio e lavorare impegnandosi per contribuire al suo sviluppo.
La cittadinanza è la via per dare dignità e responsabilità a chi ha scelto l’Italia come terra dove vivere.
Mi piace pensare che lo IIus Italiae, nonostante non sia il mio preferito, possa davvero fare passi avanti e, chissà, affiancarsi ad una ammissibilità e possibile vittoria del Referendum per cui sono state raccolte più di 600mila firme in tempo brevissimo portando ad un salto di qualità importante per tanti immigranti che dopo anni possano sentire di essere parte attiva e responsabile del paese insieme alle loro famiglie.
Quando ero bambina, con l’insistenza tipica di certe età amavo un gioco per me troppo bello. Mamma, le chiedevo, ma io di dove sono ? E lei con una pazienza che durava abbastanza per almeno tre turni di gioco rispondeva: Tu sei romana, laziale, italiana, europea, mondiale e universale! Questa idea mi piaceva immensamente e credo che, seppure fosse solo un gioco, sia quello che mi ha regalato l’idea che davvero si possa essere o sentirsi senza confini. Ma poi, senza perdere il sogno del mio gioco di bambina, crescendo ho imparato che una CITTADINANZA riconosciuta e legalizzata è necessaria perché sempre e comunque ci sia una terra dove si incrociano diritti e doveri, dove siano chiare le regole da rispettare ma anche la sicurezza di poter essere rispettati, un traguardo che spero una nuova legge possa rendere più agile e agibile, in tempi realistici, per tanti degli immigrati ormai realmente e onestamente integrati nel nostro paese.
Paola Ortensi

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