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La chirurgia estetica, il corpo e la “nostra” soggettività

La chirurgia estetica, il corpo e la “nostra” soggettività

Parliamo di BIOETICA - Il nostro corpo esprime la nostra unicità e vulnerabilità di essere viventi ed è il veicolo che ci mette in contatto con il mondo esterno

Fabbri Alessandra Domenica, 27/01/2013 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Gennaio 2013

Il corpo parla di noi, della nostra soggettività, portando su di sé i segni delle nostre esperienze e del tempo che passa; attraverso esso trasmettiamo le nostre emozioni. Il nostro corpo, pur nell’uguaglianza biologica con gli altri corpi, è unico ed esprime la nostra unicità e vulnerabilità di essere viventi. Il corpo è anche il “veicolo” che ci mette in contatto con il mondo esterno; ci presenta agli altri: come corpi-soggetti abitiamo il mondo e siamo in relazione: il corpo che siamo ci proietta verso l’esterno e tale proiezione ha una duplice valenza. Ci pone in contatto con gli altri, in una dimensione inter-soggettiva/inter-corporea, che ci consente di costruire le nostre identità, e al tempo stesso è un veicolo di significati poichè comunica ciò che vorremmo che il mondo percepisse di noi.

È per il desiderio di dare un‘immagine di sé che sia gradita agli altri e alle “rappresentazioni” illusorie di un corpo perfetto, mostrate dai mass media che esso diventa un po’ meno espressione della nostra soggettività e un po’ più “oggetto” da plasmare a immagine e somiglianza di una bellezza stereotipata e conformata a canoni socialmente condivisi. Non è forse questa ricerca di “perfezione” un’espressione del desiderio di essere accettati e inclusi nella società? In questo senso, il corpo diventa una bella maschera, che nasconde le nostre paure. È questa maschera che si sovrappone alle nostre identità, confondendole e alterandole, che ha ricadute su quello che ciascuno sa di sé e della propria sessuata dimensione corporea, e al tempo stesso ha influenze negative nei rapporti intersoggettivi.

Questo processo rende il corpo non più espressione di una soggettività, racconto di una vita, ma oggetto modificabile e plasmabile a proprio piacimento. Un oggetto offerto, allo sguardo degli altri, lontano da ciò che è vissuto all’interno dalla nostra soggettività. In questi casi può subentrare il ‘bisogno’, più o meno indotto, di lavorare sull’aspetto esteriore del corpo, quel corpo ‘oggetto’ che ‘appare’ agli occhi degli altri.

Oltre all'influenza dei mass media, come precedentemente accennavo, sono molteplici i fattori sociali, fisiologici e psicologici che hanno influito sulla formazione del modello di “corpo-oggetto perfetto” coadiuvando il mutato atteggiamento verso l’aspetto fisico e l’aumento di richieste di interventi di chirurgia estetica. Come sottolineato nel documento del Comitato Nazionale per la Bioetica, ‘Aspetti bioetici della chirurgia estetica e ricostruttiva’, tra i motivi che hanno causato questo bisogno di modificare il corpo è rilevante lo sviluppo dell’innovazione bio-tecnologica che alimenta un’illusione che sembra realizzarsi: quella di un corpo invulnerabile. Strettamente connesse a questo desiderio sono le profonde modifiche avvenute nei rapporti sociali e interpersonali che spingono a una rappresentazione esteriore della vita sociale. La necessità di apparire, mostrarsi “al meglio” per essere considerati, ha come conseguenza la necessità per ben-vivere di mantenersi sempre giovani, quindi inevitabilmente di “aggiustare” il proprio corpo.

Con queste mie osservazioni, non vorrei essere fraintesa: a mio parere la chirurgia estetica non va demonizzata, credo sia necessario considerare attentamente ogni singola situazione, valutando le motivazioni del paziente, la sua condizione fisica e psicologica, insomma la sua “biografia”.

In alcuni casi, dove sussistano seri problemi fisiognomici l’intervento estetico potrebbe avere un ruolo positivo in quanto, grazie a esso l’individuo potrebbe rielaborare la propria immagine acquisendo maggiore autostima, maggiore sicurezza nei rapporti con gli altri, aumentando quindi la propria qualità di vita o meglio il proprio ben vivere. Mentre, in altri casi, l’intervento di chirurgia estetica potrebbe essere motivato solo da desiderio di conformità al “modello del corpo perfetto”. Soprattutto in soggetti particolarmente influenzabili, o negli adolescenti questo modello causa effetti negativi: il mito della taglia 40 può essere una concausa a disturbi alimentari, mentre quello di un’eterna giovinezza può aumentare l’insicurezza a fronte del naturale processo d’invecchiamento. Da qui la necessità di plasmare il corpo, adeguandolo al modello desiderato, con conseguente aumento di richieste di interventi di chirurgia estetica.

È proprio questo aumento a rendere necessaria la discussione bioetica sui limiti della legittimità di tale richiesta evidenziando anche la fondamentale importanza del tipo di rapporto che intercorre tra il paziente e il medico: è indispensabile che lo specialista abbia una rigorosa formazione e una conseguente professionalità che lo supporti nel comprendere anche gli aspetti etici e psicologici connessi alla professione In ogni caso è strettamente necessaria un’adeguata informazione sociale sui rischi e benefici degli interventi estetici. Inoltre è fondamentale che l’informazione sia completa, non solo per quanto riguarda le modalità dell’operazione, ma anche per le conseguenze sullo stato di salute, sui possibili benefici e rischi, sui prevedibili risultati dell’atto medico in relazione alle aspettative soggettive del “paziente”, verificando in modo particolarmente scrupoloso quali e quante delle informazioni rese siano state pienamente comprese.

In particolare, per quanto riguarda gli adolescenti , il Comitato Nazionale per la Bioetica, proprio per il fatto che, in particolare negli adolescenti, possano svilupparsi forme di disagio ed ansia rispetto allo sviluppo del proprio corpo che hanno come conseguenza una percezione distorta della propria apparenza corporea, condivide la scelta fatta da alcune normative, come quella spagnola, di vietare nell’ambito dei programmi audio visivi in determinate fasce orarie forme di pubblicità che, mostrando un corpo con determinate misure, considerate indispensabili per essere “belli”, possano provocare il rifiuto della propria immagine. È fondamentale che le “aspiranti pazienti” del chirurgo estetico siano coscienti della scelta e che quest’ultima non sia in realtà obbligata da un modello sociale, largamente condiviso e dominante. Per questo sembra opportuno il divieto normativo di impianto alle minorenni di protesi mammarie per ragioni meramente estetiche, disponendo obblighi informativi alle “pazienti” che intendono sottoporsi agli interventi o intendono farlo in un’età in cui il fisico non ha ancora completato il proprio sviluppo.

Queste raccomandazioni a mio parere non sono un limite alla libertà, al contrario danno la possibilità di una scelta consapevole, quando si è maturi abbastanza per prendere una decisione così delicata, poiché modifica il corpo espressione della “nostra” soggettività.



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