Venerdi, 12/01/2018 - Nel tardo pomeriggio di Martedì 9 gennaio, dopo una lunga malattia, Anna Ruggieri è morta a Catania. Anna Ruggieri èstata per tutti l’avvocata avendo esercitato per più di quarant’anni e con passione la professione nel suo studio di Piazza Europa a Catania, occupandosi di processi penali e di diritto di famiglia. Raccontava che una volta in Pretura un tizio che voleva un’informazione le chiese: “Signora o signorina?”. E lei rispose provocandogli grande imbarazzo: “Avvocato!”.
Per alcuni anni assistente universitaria di Istituzioni di Diritto e Procedura penale, è stata giornalista pubblicista con collaborazioni in diverse testate, componente della Commissione di Bioetica dell’Oasi Maria Santissima di Troina, del Direttivo dell’Osservatorio nazionale sul Diritto di Famiglia - sezione di Catania, socia della Società delle Storiche. Studiosa e attivista del pensiero filosofico e delle pratiche del femminismo, veniva spesso chiamata per conferenze e dibattiti televisivi in materia di lotta contro le violenze sessuali sulle donne e per la tutela dei minori. La sua scomparsa lascia un vuoto incolmabile per le sue battaglie in difesa dei diritti delle donne per le quali si è sempre battuta, con coraggio e onestà intellettuale, sostenendo anche la difesa, in campo penale, di molte donne, anche minorenni, vittime di abusi sessuali quando se ne parlava ancora molto poco. Figura storica della sinistra catanese, fu tesserata e militante del PCI di Catania, tuttavia le sue posizioni non erano mai dogmatiche ma sempre critiche, tanto sul fronte del Partito quanto su quello delle donne. Profondamente credente, si appassionava a problemi teologici e di fede e collaborava attivamente con l’Istituto siciliano di Bioetica e Cultura. Ma soprattutto era l’anima di iniziative culturali a Catania e provincia e un po’ in tutta l’Isola. Particolarmente attiva nell’Acese, grazie al lungo sodalizio culturale con i professori Antonio Pagano, grecista, latinista e cultore di tradizioni popolari e di storia patria, e Salvatore Consoli, animatore del Cinefoto club Galatea. Non c’era argomento di natura culturale, talk show televisivo, presentazione di libri che non la vedesse coinvolta da protagonista sempre a titolo gratuito, anche perché non sapeva mai dire di no agli amici che la cercavano per la sua profonda umanità, per la brillantezza e il modo colloquiale con cui sapeva comunicare. Di tutto era in grado di parlare con competenza, anche di agrumicultura, figlia com’era di un grande professore universitario di Agraria che le aveva trasmesso l’amore per i prodotti della nostra terra e soprattutto gli agrumi della riviera acese. Impegnata nelle battaglie antimafia, aderì anche al “Comitato dei lenzuoli contro la mafia Catania - Messina” e portò avanti iniziative contro il racket delle estorsioni e per la diffusione della cultura della legalità nelle scuole. Chissà come trovava il tempo per fare a tutti, specialmente agli anziani e agli ammalati, ai carcerati, una telefonata, una visita, portando sempre un dolce o un lavoro all’uncinetto fatto dalle sue mani!... Era innamorata dei libri che comprava in gran quantità tanto per sé quanto per farne dono agli altri. Scriveva, e assai brillantemente, dagli articoli specialistici di diritto penale, a quelli di costume e satira politica, a quelli con cui condivideva le battaglie cittadine di Italia Nostra, alle recensioni librarie. Il regalo più bello che potesse ricevere dalle amiche erano le scatole decorate con i disegni più vari, e in queste sue famose “scatole” selezionava e custodiva ritagli di articoli e fotocopie su svariati temi, pronti all’occorrenza ad essere ripresi per una conferenza, un convegno, un articolo, una trasmissione televisiva. La cifra del suo impegno e della sua scrittura può definirsi “rivendicativa” del diritto di pensare e scrivere fuori dal coro, come quando, dall’alto della sua lunga esperienza in fatto di Diritto di famiglia, stigmatizzava la madre che “si mette in testa di far diventare orfano dell’altro genitore i figli impedendo loro di incontrare l’altro genitore” o il comportamento di “alcune donne, un tempo omertose su sopraffazioni e abusi in famiglia, che usano il ricatto dell’accusa sessuale verso il padre dei loro figli”, finendo col chiedersi se “hanno digerito male la lezione femminista” e infine interrogandosi sul perché le donne italiane non votino per le altre donne (“invidia e diffidenza di genere?”) mentre “esiste tanta capacità femminile di allearsi per progetti comuni, utili per una pluralità di persone!”. Con queste donne non era tenera, fino alla affermazione che oggi tra le donne devianti, fuori dalla delinquenza vera e propria, non possiamo comprendere solo le assassine, le ladre, le mogli conniventi degli incestuosi e le donne complici di spacciatori e mafiosi, ma dobbiamo comprendervi anche le mogli – difensori dei violentatori, le donne che tacciono per comodità, le mantenute (mogli e amanti di uomini ricchi), ovvero le escort, abituate a passare il loro tempo tra il parrucchiere, lo shopping, le partite a carte, gli impegni mondani e il conto in banca. E ancora le impiegate assenteiste, le utilizzatrici di maternità, mestruazioni, influenze, coliti, stati ansiosi-depressivi… Dobbiamo considerare devianti quelle donne che continuano a tradire se stesse e le altre donne… che io chiamo forza-appoggio del potere maschile”. Impietosa la conclusione del ragionamento: “il femminismo non è mai diventato un movimento di massa perché ha parlato delle malefatte degli uomini, ma non ha parlato delle malefatte delle donne”. Scrittura rivendicativa anche della presenza delle donne nella storia, malgrado questa le abbia colpevolmente obliate. Va letto così il recupero da lei fatto per il Dizionario a mia cura, Siciliane(Emanuele Romeo Editore, Siracusa, 2006), di figure misconosciute. A partire da Ginevra Bacciarello (1890 – 1913), pittrice nata ad Ancona il cui corpo senza vita fu trovato ad Acireale, città dove si era trasferita dopo il matrimonio con lo scultore Luciano Condorelli: un sospetto femminicidio per cui però il marito non fu mai indagato.
E poi Elena Thovez (1815 – 1896), disegnatrice di pregio e autrice di lavori teatrali, figlia di un amministratore della ducea di Nelson a Bronte, nata a Portsmouth, in Inghilterra, la quale, sposatasi con il barone Francesco De Cristofaro, andò ad abitare a Scordia (Catania), svolgendovi una sua personale attività culturale nel “Casino dei Civili” e nella “Società Spiritica”, curandosi con l’omeopatia e il sonnambulismo animale e riuscendo a svecchiare, con il cosmopolitismo della sua profonda e raffinata cultura europea, questo angolo di Sicilia.
E ancora Ernesta Cok Tignino (1906-1983), ostetrica nata a Trieste quando quella provincia faceva parte dell’Impero Austroungarico, un’esule antifascista che fondò a Catania (insieme ad altre donne attive nella politica, ma soprattutto nella vita sociale) l’UDI, Unione Donne Italiane, di cui fu eletta prima Segretaria provinciale nel primo Congresso presieduto dall’On. le Rita Montagnana, allora moglie dell’On.le Togliatti.
O la catanese Maria Gagliani Allegra Colosi (1911-1984) che nel dopoguerra, si impegnò nell’attività politica con la militanza nel P.C.I. e soprattutto nell’U.D.I.
O Gugliemina Kerler(1907 – 1958), valdese nata a Zurigo che fu la migliore mediatrice tra questa minoranza religiosa e la vita sociale catanese dei primi decenni del Novecento.
O Assunta Vassallo (1911 – 1980),nobildonna di Caltanissetta un po’ mitomane accusata di uxoricidio che nel processo, privo di testimoni, protestò la propria innocenza mentre, al funerale del marito, disse “Sono stata io!”, probabilmente pensando di meritare una punizione per non averlo amato abbastanza. Ma tra i giudici del processo contro di lei, svoltosi nel 1955, non ci fu mai una donna né come giudice togato, né come giudice popolare perché la legge che introdusse, per la prima volta, le donne in magistratura entrò in vigore solo nel 1963. Tra le ultime sue uscite pubbliche la partecipazione al cortometraggio “Fuitina” di Salvo Spoto e Vito Trecarichi sul costume della fuga d’amore e in omaggio a Franca Viola, la prima donna italiana a rifiutare il matrimonio riparatore. La norma invocata a propria discolpa dall'aggressore, l'articolo 544 del codice penale, secondo la quale il matrimonio che l'autore del reato contragga con la persona offesa estingue il reato, sarà abrogata con la legge 442, promulgata il 5 agosto 1981, a sedici anni di distanza dal rapimento di Franca Viola, e solamente nel 1996 lo stupro sarà legalmente riconosciuto in Italia non più come un reato "contro la morale", bensì come un reato "contro la persona".
Marinella Fiume
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