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LA CARTA DELLE DONNE ….. 30 anni dopo: io c’ero e vorrei esserci ancora

LA CARTA DELLE DONNE ….. 30 anni dopo: io c’ero e vorrei esserci ancora

La presentazione del libro C'ERA UNA VOLTA LA CARTA DELLE DONNE. IL PCI, IL FEMMINISMO, LA CRISI DELLA POLITICA

Lunedi, 08/05/2017 - LA CARTA DELLE DONNE ….. 30 anni dopo: Io c’ero e vorrei esserci ancora !

La presentazione del libro "C'ERA UNA VOLTA  LA CARTA DELLE DONNE. IL  PCI, IL FEMMINISMO, LA CRISI DELLA POLITICA" (ed Biblink) organizzata alla Camera dei deputati il 5 maggio dalla Fondazione Nilde Iotti è stata un'interessante occasione di confronto in cui si sono intrecciate voci e riflessioni dei  protagonisti; da Livia Turco a Achille Occhetto a Alessandra Bocchetti, rispettivamente responsabile femminile del PCI che ne fu animatrice, l'allora segretario del Partito, e una voce storica del femminismo che rappresentò la decisiva contaminazione innovativa delle parole e progetti per e con le donne. Allo scambio di idee hanno partecipato anche gli autori del libro: Letizia Paolozzi, una delle protagoniste della Carta, e il giornalista Alberto Leis in un intreccio corale con le voci e gli interventi di molte donne presenti, in maggioranza quelle che 30 anni fa della Carta furono animatrici e fruitrici politiche, me compresa.

Il dibattito, sin dalle parole di Livia Turco, è stato segnato da un incrociarsi della storia e delle riflessioni di protagoniste delle quali nel libro stesso si potranno leggere i contributi. Per quanto mi riguarda l’aspetto più intrigante l’ho trovato in tutti gli accenni che hanno a più voci e scritto quanto rimane da rivitalizzare e rilanciare della Carta facendone un “documento”, o meglio un progetto, che non semplicemente racconta un passato vivace e di successo ma uno strumento che in diverse parti può ancora essere ripreso e rilanciato, come fertilizzante anche dell’oggi. A sostegno di questa idea vi è proprio la riflessione, ripresa in ogni intervento, delle cause per cui il percorso di enorme successo della Carta si interruppe violentemente - e con dolore - in contemporanea con la fine del PCI.

Donne che, con la Carta e nell’incrocio col femminismo, avevano scoperto di potersi confrontare anche al di là delle culture e dei luoghi di partito e di appartenenza. Al momento della fine del PCI le dirigenti di quel processo nei fatti non riuscirono a fare un salto e a mostrare di aver maturato una sufficiente presa di distanza da quel “Siamo donne comuniste…”, affermazione iniziale della Carta che si dimostrò un macigno insormontabile per andare oltre nell’esperienza maturata.

Nel merito del dibattito, tanti gli spunti interessanti da menzionare e su cui riflettere per passare dalla memoria ad un nuovo progetto futuro . E’ Livia Turco la prima che racconta come sia nata l’idea del libro in un incontro affettuoso con amiche della allora Sezione Femminile del PCI, con la quale la prima iniziativa preparatoria decisa fu lo scorso anno un dibattito già sulla Carta organizzato con la Fondazione e l’Istituto Gramsci. Un'iniziativa che vide ricrearsi un'atmosfera vivace ed entusiasta, testimone seppur dopo lungo tempo di quello che fu, allora, il piacere di far politica e scoprendo, grazie alla carta, la “scelta” di una centralità della relazione fra donne.

”Un dialogo a tutto campo” lo ha definito la Turco, capace di evidenziare la forza delle donne e di vedere nascere col lavoro e il confronto un “pensiero innovatore” basato su una forma di autonomia delle donne che in quel metodo di Carta itinerante (e quindi aperta ad una continua contaminazione di massa) che però, come già detto, si infranse con la fine del PCI. E si portò con sé  ”un vento corale pieno di voci differentii” come lo ha definito Alessandra Bocchetti, che ancora ricorda con dovizia di particolari l’incontro fra le donne del PCI e le femministe che rappresentò la prima “scintilla “ di progetto per la "nuova impresa politica in cui io credevo, a differenza di altre femministe, aspirando a che la forza delle donne si espandesse anche nelle istituzioni". "Con la frase siamo donne comuniste", ancora Bocchetti, spiega che le donne passavano dall’essere a fianco degli uomini all’essere di fronte ad essi con tutto ciò che questo poteva comportare. "Il lavoro delle donne ha bisogno di pazienza, è lungo, e noi non ne vedremo la conclusione. Si tratta di cambiare il cuore della storia” ha aggiunto "un tempo lungo e faticoso" e, quasi riflettendo ad alta voce, osserva che "la politica della differenza e le pari opportunità hanno una filosofia diversa: chi sente una volta nella vita la forza di essere donna, non lo perde per tutta la vita“.

Sono le parole di Occhetto che, dopo avere precisato di essere presente per dare ragione del sottotilo del libro,  in maniera stringata ma efficace spiegano come si possa vedere emergere poco a poco la nascita del Berlusconismo. L’intreccio nel libro tra femminismo, carta e crisi politica appare in modo estremamente onesto e, aggiunge Occhetto, continuando in una ricca riflessione sui legami tra il percorso della Carta, il travaglio del PCI e le modificazioni epocali della politica. Ricorda nel suo ruolo di allora momenti da considerare capisaldi della via del cambiamento come l’ultima conferenza di Adriana Seroni, responsabile della Sezione femminile del PCI, dove l’emancipazionismo era ancora protagonista ma dove iniziava a porsi il tema prorompente della diversità femminile e che nella Carta trovò la sua geniale materializzazione. Achille Occhetto ha poi continuato con interessanti riflessioni su intreccio fra diversità femminile e politica dicendo che è necessaria una ridefinizione dell’IO e un suo nuovo statuto che superi l’IO universale maschile non con un IO universale femminile da affiancarsi .. mentre al perseguimento di questi obiettivi l’idea di liberazione femminile deve ancora fare un suo corso, anche ridando vitalità all’ossatura fondamentale dell’impostazione femminista, "sperando - ha aggiunto - in una ripresa della rivoluzione femminista".

Letizia Paolozzi, che di Occhetto ha colto una visione pessimistica riguardo alle donne, dopo aver parlato del libro, afferma che le donne ci sono e che piuttosto “manca un nuovo vocabolario e che non riusciamo a dare conto di quanto avviene attorno a noi” e fra le altre considerazioni dice come le donne siano soggetti fedeli e forse è possibile rimettere insieme pezzi del mosaico e dare ancora la possibilità di muoverci tra io e noi e auspica che il libro sia in questo senso uno strumento positivo.

Una riflessione tra quell’idea di io e noi che è poi un modo discriminante di affrontare la politica che ha ripreso anche Alberto Leiss, l'altro curatore del libro, e che ha ribadito - richiamandosi al femminismo - come ognuno debba partire dal sé per vivere il mondo. Il tutto ricollegandosi a Occhetto e alla sua analisi della politica, partendo da allora ma arrivando a considerazioni che toccano l’attualità ed anche l’ultimo libro dello stesso Occhetto.

Livia Turco, nel mettere il punto dando la parola al pubblico, ha affermato fra le altre cose che "l’onda lunga della carta abbia modificato il riformismo femminile".

Si è così aperto un rapido dibattito fatto di racconti e di episodi ed emozioni di un passato di valore, ma così di valore - io penso - avendo anche cercato di esprimerlo e così incredibilmente attuale nella ragione per cui si interruppe, ovvero nell’incapacità di scegliere,come priorità l’autonomia delle donne e il loro impegno comune, legame privilegiato, al legame col Partito allora .. ma ripetibile ancora oggi. Tanto penso da dover servire quale spunto per recuperare quanto, e non è poco, ancora attuale e attualizzabile e farlo pulsare di vita nuova.

Sento così forte, personalmente, il bisogno di combattere la nostalgia e guardare al futuro, che penso la Carta delle Donne come uno strumento da utilizzare. Che siano le presentazioni del libro stesso, pensate in modo produttivo, o che sia una nuova giornata di studio per ripercorrere idee che sembrano valide insieme a giovani impegnate e che ci offrano una nuova interpretazione del fare.

Quello che è certo è che dobbiamo impegnarci perché parte del passato buono sia radice di futuro pieno di progetto di cui il bisogno è immenso e da cui aspettarsi dalle donne una “rinnovata“, collettiva  - e al di là dei confini nazionali - forza delle donne.

Paola Ortensi

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