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La cantante che faceva comizi con la chitarra

La cantante che faceva comizi con la chitarra

Rosa Balistreri - Interprete e cantautrice folk siciliana che negli anni sessanta e settanta ha dato voce ai poveri e agli indifesi. Una figura storica da recuperare, una sonorità e passionalità femminile da riascoltare

Providenti Giovanna Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Novembre 2007

Quando nel 1966 Dario Fo portava sulle scene lo spettacolo di canzoni popolari, dal titolo “Ci ragiono e canto”, tra le cantanti alternatesi sul palco ve ne era una che non assomigliava a nessun’altra: Rosa Balistreri, una popolana quarantenne dal volto segnato da duro lavoro e molte sofferenze e gli occhi limpidi e sicuri di chi porta fino in fondo le battaglie che la vita le pone.
"Ho imparato a leggere a 32 anni. Dall'età di sedici anni vivo da sola. Ho fatto molti mestieri faticosi per dare da mangiare a mia figlia. Conosco il mondo e le sue ingiustizie meglio di qualunque laureato. E sono certa che prima o poi anche i poveri, gli indifesi, gli onesti avranno un po' di pace terrena". Così si presentava Rosa ad un giornalista che l’intervistava nel 1973 in seguito alla mancata partecipazione al festival di Sanremo, dove la sua canzone dal titolo “Terra che non senti” era stata esclusa all’ultimo minuto. Il fragore suscitato intorno al caso ha fatto sì che Rosa fosse considerata da molti la vera vincitrice del festival e potesse affermare con risolutezza che non si sarebbe lasciata spaventare dai nemici politici che avevano cercato di eliminarla: “Si può fare politica e protestare in mille modi, io canto. Ma non sono una cantante… sono diversa, diciamo che sono un'attivista che fa comizi con la chitarra”.
Un piccolo ostacolo come un esclusione a un festival non avrebbe fatto altro che rendere il suo impegno politico ancora più determinato: "Li ho messi tutti nel sacco. Le mie storie di miseria provocheranno guai a molti pezzi grossi il giorno in cui l'opinione pubblica sarà più sensibile ad argomenti come la fame, la disoccupazione, le donne madri, l'emigrazione, il razzismo dei ceti borghesi… Finora ho cantato nelle piazze, nei teatri, nelle università, ma sempre per poche migliaia di persone. Adesso ho deciso di gridare le mie proteste, le mie accuse, il dolore della mia terra, dei poveri che la abitano, di quelli che l'abbandonano, dei compagni operai, dei braccianti, dei disoccupati, delle donne siciliane che vivono come bestie. Era questo il mio scopo quando ho accettato di cantare a Sanremo. Anche se nessuno mi ha visto in televisione, tutti gli italiani che leggono i giornali sanno chi sono, cosa sono stata, tutti conoscono le mie idee, alcuni compreranno i miei dischi, altri verranno ai miei concerti e sono sicura che rifletteranno su ciò che canto" (“Qui Giovani” del 22 marzo '73 in www.rosabalistreri.it).
Rosa Balistreri nata a Licata, in provincia di Agrigento, il 21 marzo del 1927, nei primi anni Cinquanta emigra a Firenze insieme al fratello e alla madre con i quali dapprima apre un negozio di frutta e verdura. Nei primi anni sessanta incontra un pittore siciliano che si innamora di lei e la introduce nel mondo completamente nuovo della cultura. A casa di lui incontra il poeta Ignazio Buttitta che così avrebbe ricordato nel 1984: “...Rosa cantò il lamento della morte di Turiddu Carnivali che è un mio poemetto. Io quella sera non la dimenticherò mai. La voce di Rosa, il suo canto strozzato, drammatico, angosciato, pareva che venissero dalla terra arsa della Sicilia. Ho avuto l'impressione di averla conosciuta sempre, di averla vista nascere e sentita per tutta la vita: bambina, scalza, povera, donna, madre, perchè Rosa Balistreri è un personaggio favoloso, direi un dramma, un romanzo, un film senza volto” (da: http://www.csssstrinakria.org/balistreri.htm centro studi storici siciliani).
Dal 1966, dopo la partecipazione a “Ci ragiono e canto”, Rosa inizia a incidere dischi. Nel 1971 si trasferisce a Palermo, dove frequenta personaggi come il pittore Guttuso e Buttitta, che scrive per lei numerose liriche andatesi ad aggiungere al suo vastissimo repertorio: dai canti appresi durante l'infanzia a canti popolari di varia provenienza. Ascoltandola cantare si rimane impressionati dalla carica umana, dal timbro forte ed originale della sua voce e dal tono fortemente drammatico con cui, interpretando le canzoni popolari siciliane, riusciva a esprimere il senso di povertà e orgoglio del popolo.
Dopo la sua morte, avvenuta a Palermo nel 1990, è rimasta dimenticata, ma negli ultimi anni l’editore Francesco Giunta sta raccogliendo la sua vastissima produzione sparsa in molte registrazioni di concerti e in dischi delle più svariate case discografiche. Grazie al suo interessamento, lo scorso settembre Palermo ha voluto dedicare a Rosa Balistreri un concerto in cui tre importanti cantanti della canzone popolare come Lucilla Galeazzi, Clara Murtas e Fausta Vetere hanno ridato vita al suo repertorio insieme al gruppo musicale “I pirati a Palermu oggi”, formato da giovani intorno ai 25 anni.

Lucilla Galeazzi cantante folk italiana, che lo scorso anno con il suo CD “Amore e acciaio” ha riscosso uno straordinario successo di critica, ottenendo tutti i riconoscimenti possibili per una cantante popolare, tra cui la targa Tenco come miglior disco della canzone popolare, ha gentilmente risposto ad alcune nostre domande.
Perché oggi rivalutare una cantante come Rosa Balistreri?
Perché se lo merita, è stata una grande cantante che ha dato vita a un repertorio così bello e vasto, lasciando una importante eredità per tutta la cultura musicale e popolare. E poi perché oggi i ragazzi e le ragazze siciliane riascoltando le canzoni cantate da lei possono ispirarsi a questo grande repertorio per ripercorrere la propria quotidianità, e anche rivalutare tutta una musicalità e utilizzo di strumenti che altrimenti rischiano di essere dimenticati.
Le sue canzoni sono ancora attuali?
L’attualità è che queste canzoni non si sono invecchiate di un giorno e che la sua mirabile capacità di espressione lirica e la carnosità della sua voce, sempre nutrita da grande passionalità, suscita ancora oggi delle emozioni profonde che entrano ad un livello diverso da quello verbale: facendoci direttamente provare emozioni forti, come ad esempio lo sdegno. L’interprete popolare è anche compositore, e lei aveva questa grande capacità di reinventare canzoni anche antiche facendo smuovere gli animi di chi l’ascoltava.
Tu come l’hai conosciuta?
Io non l’ho conosciuta personalmente, ma ho assistito ammirata ad alcuni suoi concerti negli anni Settanta, certo allora non avrei mai immaginato che io stessa avrei insegnato ai miei allievi l’importanza dell’eredità di Rosa Balistieri per tutta la cultura popolare, che da Rosa in poi si è molto arricchita. Le stesse canzoni dal momento in cui sono state interpretate da lei hanno acquistato una nuova energia entrando nella Storia con una voce femminile coraggiosa e potente come la sua. Fausta Vetere (la cantane della nuova compagnia di canto popolare), che ha avuto la fortuna di cantare con lei a dei concerti, raccontava di essere impressionata dal coraggio che aveva nel parlare in pubblico dire le cose per come stavano, e denunciare apertamente. Un giorno le aveva chiesto se non avesse paura della mafia e lei aveva risposto: “perché cosa mi possono fare con tutto quello che ho sofferto già io nella vita!”.
Lei affermava infatti di essere un’attivista più che una cantante…
Sì ma fare politica attraverso la canzone popolare non è solo qualcosa di esplicito e legato ai fatti del momento, ed è nel “come” non solo nel “cosa”. Lei portava avanti la voce del popolo, cantava le canzoni che appartengono a tutti, che sono “comuni” fin dalla loro radice e non è possibile apporre alcun tipo di copyright. La proprietà della cultura l’ha inventata la cultura borghese, invece la canzone popolare appartiene ad una cultura del popolo reale e ne racconta le sofferenze vere. Attraverso le canzoni passa la voce del popolo, testimonianza di un modo di pensare ed essere cultura orale. La cultura popolare è oggettivamente alternativa perché è di tutti. L’espressività della condizione proletaria non è nelle parole, ma nel tono e in questo lei era una vera maestra. A me Rosa piace come canta e cosa canta, cose che non vanno mai distinte, anche la ninna nanna è contestataria: la ninna nanna non la canta certo la donna borghese che può permettersi la balia, ma la mamma proletaria che l’indomani deve svegliarsi alle quattro di mattina per andare a lavorare, e si sente disperata perché il bambino non vuole dormire. Ecco allora che Rosa aveva la capacità di trasmettere la disperazione, di renderti compartecipe del lamento di questa donna: e anche questo è fare politica.

(28 novembre 2007)

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