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La cambio? No, la interpreto

La cambio? No, la interpreto

Legge 194 - Sull’aborto soffia un vento violento, alimentato dalla politica e sostenuto dalla Chiesa

Stefania Friggeri Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Aprile 2008

Ieri le donne erano accusate di essere diventate egoiste e libertine (chiedevano autodeterminazione e diritti), oggi vengono accusate di esser assassine. Lo dice Ferrara, prendendo spunto dalla moratoria sulla pena di morte. A un appello ingiustificabile e diffamatorio che non nasce dal sentimento morale offeso, ma si pone l’obiettivo di metterlo in difficoltà, il P.D. risponde con l’attenzione che meritano le proposte serie e responsabili. No, nei casi dove si supera ogni limite, la risposta dev’ essere dura, meglio se canzonatoria. E su Internet c’è, a firma di quattro donne: “Il patriarcato da bar è il modo più semplice che ha il simbolico patriarcale e maschilista di fare presa e riprodursi. Siamo davvero stufe che i nostri corpi e le nostre vite vengano invase da discorsi opportunistici e di bottega. Ci appelliamo a Ferrara perché rivolga la sua crociata altrove: mai pensato di diventare animalista?”. Si chiedono poi come mai “il realismo politico di certi maschi rimanga tale per quanto riguarda la guerra e si trasformi in un melenso idealismo che difende i feti quando si tratta del corpo femminile”. E Robecchi sul Manifesto: Ferrara non è un antiabortista, anzi Ferrara è un filoabortista: attaccare la 194, una delle poche leggi che ha raggiunto il suo scopo, è “una squillante e vergognosa battaglia a favore dell’aborto, meglio se illegale”. Chi scrive non conosce l’esito delle elezioni ma, qualunque sia, la cosa più grave è che la campagna elettorale di Ferrara la cui potenza mediatica è eccezionale, farà ancora più fosco il clima di crociata e oscurantismo che avvelena il paese. Pessimismo ingiustificato? Vediamo: Pro life vuole lasciare intatta la legge 40, vietare la vendita della RU486, promuovere una legge per seppellire i feti (come già avviene in Lombardia), sostenere economicamente le gestanti in difficoltà nei primi tre anni di vita del bambino (il problema è solo di natura economica ? e dopo?), sostenere con sovvenzioni pubbliche il Movimento per la Vita. Tutto prevedibile, ma c’è altro: dietro l’ingannevole facciata di risolvere gravi problemi (un’Agenzia per le adozioni e una per la ricerca sulle disabilità) c’è l’offerta di lucrose prebende in enti clientelari di nomina politica, oltre alla solita colpevolizzazione della donna, scostumata e capace di amare solo figli sani. Infatti se il feto nasce vivo Pro life chiede di ignorare il parere della madre: la rianimazione va fatta sempre, a prescindere dalle settimane di gestazione (posizione suffragata dal recente documento del Comitato nazionale di bioetica, ente di nomina politica, ricordiamolo!). Ma la stessa 194, che è nata “contro” l’aborto clandestino e “a favore” della maternità, prevede la rianimazione dei feti vitali. E lodevolmente, in previsione dell’evoluzione delle tecniche, non indica un preciso limite di tempo: le cure invasive cui vengono sottoposti i grandi immaturi sono ad alto rischio in corpi di pochi etti (es. la lacerazione tracheale dopo l’intubazione); e il mancato sviluppo delle funzioni vitali (quale quella polmonare o del sistema nervoso centrale) li condanna a ripetute operazioni, a vivere in ospedale; e se sopravvivono, cosa assai rara, rimangono handicappati. E infatti la Carta di Firenze raccomandava di offrire solo cure compassionevoli ai feti la cui immaturità è ritenuta internazionalmente incompatibile con la sopravvivenza (in genere sotto le 24 settimane) perché la rianimazione sarebbe accanimento terapeutico, a parte casi eccezionali dove comunque si procede con l’approvazione dei genitori. Ma la Lombardia si è già dotata di un protocollo che vieta l’aborto terapeutico dopo le 22 settimane procedendo nell’offensiva di togliere parola alla donna, ridotta a puro contenitore. E con tali precedenti ci si chiede come verrà concretizzata la mozione Finocchiaro- Binetti là dove dice che si deve dare piena attuazione alla 194. Cosa significano queste parole per chi, in disaccordo sulla prevenzione, guardava con simpatia alla smobilitazione dei consultori e alla diffusione dell’obiezione di coscienza? (e se qualcuno vede un segno di apertura nel fatto che la mozione prevede la contraccezione, forse non sa che nel 1966 la commissione istituita da Papa Roncalli l’aveva ammessa, e che fu Montini a tornare nel solco della tradizione). Non stupisce infine che chi accetta il cilicio si pronunci solo sugli aspetti etici e perfino tecnologici delle cure, indifferente come sempre al dolore fisico, spesso cronico. Sulla 194 soffia ormai un vento violento: il documento dei ginecologi romani, la direttiva di Formigoni, il parere del Consiglio di bioetica, la lista Pro life benedetta dal Papa. Il quale apprezza la scienza solo quando, ancella della fede, “rispetta la vita”, come nel caso Welby o della bimba nata senza bulbi oculari. Concludendo: se non sapremo difenderci a livello nazionale richiamando in primo luogo la Costituzione, il potere politico assegnato di recente alle regioni farà della Lombardia un modello esportabile. Ce la faremo?

(8 aprile 2008)

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