Lunedi, 24/04/2017 - Sono parecchio insofferente (ma anche preoccupata) per i discorsi occasionati dalle critiche alla scelta di mettere in difficoltà la bandiera della "Brigata ebraica" inserendo nella manifestazione del 25 aprile da parte dell'Anpi la bandiera palestinese. E' evidente che la voglia di "fare memoria per convenzione" confligge con la storia. Allora dico che non si può - se si parla di questo argomento - ignorare in primo luogo che nel 1945 non c'era lo Stato di Israele, che era già stata conosciuta la shoà e che il fascismo aveva quasi dieci anni prima escluso dai diritti gli italiani "ebrei".
Poi non si deve dimenticare che la questione del "popolo di Israele" era all'ordine del giorno della politica fin dai tempi del processo Dreyfus e della relativa pubblicazione di "Per uno stato ebraico". L'accordo Sykes/Picot che nel 1917, prevedendo la caduta dell'Impero Ottomano e la spartizione del Medio Oriente, predispose l'attuazione del "focolare ebraico", realizzato dopo la seconda guerra mondiale dopo l'olocausto. La nascita dello Stato Israeliano inizia così e non può diventare retroattivo. Nel 1945 quel territorio si chiamava Palestina e la brigata di cui si parla veniva definita "palestinese" oltre che ebraica. Era formata da italiani fuorusciti, che rientravano dopo essere fuggiti dalle persecuzioni e che si erano arruolati in Inghilterra, ma anche da partigiani italiani, la cui appartenenza religiosa era accessoria alla scelta antifascista. Che è la sola cosa di cui si deve parlare onorando il 25 aprile. Possiamo essere di cultura e opinioni diverse, ma dobbiamo pensare che quei morti per la nostra libertà forse non avrebbero votato come noi (molti dei militari che avevano giurato fedeltà alla patria e finirono nei campi di concentramento per non aderire alle truppe della Repubblica Sociale, forse sarebbero stati monarchici). Solo che alla loro storia era mancata questa possibilità. Che è la democrazia.
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