L’ avvocata del Popolo dove è vietato criticare il potere
Turchia - Da Istanbul intervista a Eurim Deniz Karatana dell’associazione di avvocati per reati di opinione
Emanuela Irace Domenica, 20/10/2013 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Ottobre 2013
Se sfidi il potere rischi: la legge in Turchia viene calpestata. Non basta l’immaginazione per calarsi nella realtà delle carceri turche. Né serve ricordare “Fuga di mezzanotte” cult-movie degli anni ’70 - diretto da Alan Parker e sceneggiato da Oliver Stone - per rompere il silenzio su un sistema carcerario tra i più duri del mondo. Numeri spaventosi: sovraffollamento e violazione dei diritti umani. Terreno di disperazione e rivolte, sedate con manganelli e gas tossici. Incendi che diventano roghi per troppi morti. Unica arma non violenta per reagire: lo sciopero. L’ultimo, iniziato nel settembre del 2012, ha coinvolto più di 10mila detenuti. Sciopero della fame e della sete. Sostenuto da intellettuali e scrittori oltre che da decine di associazione umanitarie. Pezzi della politica e della società civile e tanti giovani. Gli stessi scesi in piazza durante le giornate di ‘Occupy Taksim’ per chiedere al Primo Ministro turco Erdogan democrazia e riforme. “Il Governo ha negato tutto. Eppure dello sciopero si sapeva anche in Europa. Ma proprio la Merkel ha dichiarato che non esisteva. Questo sciopero è durato 78 giorni ma è passato sotto silenzio. Come le torture, le prigioni incendiate e gli abusi su donne e ragazzi. La detenzione nelle carceri turche è a un passo dall’inferno. Se la dovessi descrivere ti direi che è più vicina all’esperienza del Gulag che a quella di una istituzione carceraria, almeno come è concepita da voi in Occidente”. Eurim Deniz Karatana è di etnia kurda. Ha 28 anni e vive ad Ankara. È una avvocata del popolo. Conosce le carceri turche ed è membro di una associazione di avvocati che dalla fine degli anni ’80 garantisce tutela giuridica ai cittadini turchi arrestati per reati di opinione. La incontro a Istanbul. Nella sua casa-ufficio a pochi passi dal tribunale. Il quartiere è un dedalo di viuzze e scalinate che si inerpicano sulla collina antistante al palazzo di giustizia. Siamo nella zona ovest della città. Teatro a metà giugno di un abuso giuridico che ha dell’incredibile: l’arresto di 50 avvocati proprio all’interno del Tribunale. Nel Tempio della giustizia e in spregio alle più elementari guarentigie della Professione. Un paradosso per qualsiasi Stato democratico che ha scatenato solidarietà e denuncia da parte delle Avvocature di mezza Europa, prima tra tutte quella di Roma: “La politica della UE è timida. Ci sono troppi interessi economici con l’Europa. Lo stato di diritto in Turchia non esiste. E la critica politica è impraticabile. Pena l’arresto. La gente continua a chiedere libertà e democrazia ma il Governo di Erdogan non ne vuole sapere, e nessuno dall’estero fa nulla. Sono passati quattro mesi dall’inizio delle proteste di ‘Occupy Taksim’ ma le riforme non sono state attuate. E ancora oggi noi avvocati rischiamo il carcere”. Deniz è determinata. La sua è una lotta collettiva per la giustizia. “La nostra associazione non esisterebbe se la Turchia fosse un paese democratico. Il problema è che qui non è permesso il dissenso né manifestare per i propri diritti. Gli avvocati sono considerati come i loro clienti ossia dei terroristi. tutela giuridica ai cittadini turchi arrestati per reati di opinione così che il Governo chiama i manifestanti, qualunque essi siano. Figurati nelle carceri. Non interessa a nessuno quel che succede”. Alludi alle proteste di Piazza Taksim? “Non solo. Qualsiasi azione che va oltre la sudditanza pretesa dallo Stato diventa una forma di eversione. Ti faccio un esempio, tempo fa sono stata spintonata in Tribunale da un procuratore dell’anti-terrorismo. Avevo chiesto che togliessero le manette a un mio cliente. Uno studente arrestato con l’accusa di essere membro di una organizzazione illegale. E lo sai perché? Perché aveva manifestato davanti all’Università contro l’innalzamento delle tasse. Sul cartello c’era scritto: ‘lo studio è un diritto per tutti’. Ma evidentemente per la Polizia era troppo. Se una dimostrazione pacifica per ottenere un diritto semplice è sufficiente per essere accusati di terrorismo puoi immaginare cosa rischiano gli avvocati che difendono i manifestanti di Piazza Taksim”. Sembra una accusa di lesa maestà: “Si. Il potere non può ricevere critiche. Se lo sfidi rischi. È così in Turchia. La legge viene calpestata. Noi come associazione abbiamo ricevuto diverse perquisizioni. Nell’ultima la Polizia ha distrutto tutto. Abbiamo dovuto comprare nuovi mobili e rimbiancare tutto l’ufficio. È stato terribile. Per questo abbiamo deciso di vivere qui. Io mi sono trasferita da Ankara per stare vicino ai miei colleghi. Al primo piano c’è l’ufficio e qui la nostra casa. Viviamo tutti insieme e non ci arrendiamo”.
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