Ucraina / Julija Volodymyrivna Tymošenko - In un articolo del “The New Republic” (5/01/2010), un ex consigliere della Tymošenko ha dichiarato che la premier, dopo un incontro con una sensitiva, ha creduto di essere la reincarnazione di Evita Perón.
Cristina Carpinelli Lunedi, 01/03/2010 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Marzo 2010
Julija Volodymyrivna Tymošenko ricopre dal 2007 la carica di Primo Ministro dell’Ucraina. Prima di dedicarsi alla politica è stata una donna d’affari impegnata nell’industria del gas, diventando una delle donne più ricche del paese. E’ stata la più importante alleata del capo dell’opposizione Viktor Jušèenko e grande leader della rivoluzione arancione (i media occidentali l’avevano a suo tempo definita la Giovanna d’Arco della rivoluzione arancione), che portò Jušèenko alla presidenza nel 2005. Il 28 luglio 2005 la rivista statunitense “Forbes” l’ha dichiarata terza donna più potente del mondo, dopo Condoleezza Rice e Wu Yi, e nel 2009 si è guadagnata il primo posto nella classifica di Hottest head of State, che mette in lista i leader (presidenti, primi ministri, regnanti) più sexy del pianeta.
Ma chi è Julija Tymošenko, donna così decisa e combattiva da essere stata battezzata dalla stampa ucraina “samurai in gonnella”? Nasce nel 1960 in un quartiere operaio della città ucraina di Dnipropetrovsk da madre single. Nel 1979, terminate le superiori, si iscrive a ingegneria cibernetica all’Università locale e nello stesso anno conosce Oleksandr Tymošenko, figlio di un burocrate della nomenklatura, che sposa l’anno seguente e dal quale ha una figlia. Nel 1984 si laurea in economia e nel 1989, grazie ad un prestito, apre insieme con il marito un piccolo negozio di noleggio di video pirata (realizzati con un paio di registratori nel salotto di casa). Sono gli anni della perestrojka, durante cui è possibile per legge svolgere piccole attività in proprio. Approfittando dell’esperienza lavorativa che già svolge privatamente, fonda e dirige la casa videografica del Komsomol (l’organizzazione giovanile comunista, in cui milita) che, con la caduta dell’Urss e di conseguenza con lo scioglimento del Komsomol, sarà privatizzata. Negli anni Novanta, i coniugi Tymošenko si danno alla compravendita di petrolio e metalli, acquisendo un considerevole patrimonio economico. E così anche la Tymošenko - che nel frattempo stabilisce relazioni d’affari con uomini del calibro di Pavlo Lazarenko, Viktor Pinèuk, Ihor Kolomoyskyj, Rinat Akhmetov e Leonid Kuèma (futuro presidente della repubblica dal 1994 al 2005) e con il colosso russo del gas Gazprom - diventa una delle donne più potenti d’Ucraina. Dal 1995 al 1997 presiede la United Energy Systems of Ukraine (grande azienda privata energetica del paese che importa gas metano dalla Russia), ricevendo il soprannome di “principessa del gas” poiché, avendo stoccato enormi quantità di metano, costringe Mosca ad aumentare la tariffa doganale d’esportazione. Sarà in seguito (2001) accusata di frode, contrabbando ed evasione fiscale, e obbligata a trascorrere in prigione 6 settimane prima di essere rilasciata. Nell’Ucraina post-sovietica il settore energetico ha creato grandi ricchezze illecite e alcuni titolari delle stesse saranno incriminati per riciclaggio, appropriazione indebita e frode. Nel 1996 Julija Tymošenko si trova al centro di una seria vicenda giudiziaria. Viene, infatti, condannata dalla magistratura moscovita per un giro di tangenti volte ad assicurarsi l’appalto per la fornitura di gas russo. Vicenda che non avrà seguito poiché la Tymošenko, nel 2005, si recherà in segreto a Mosca da Putin, allo scopo d’insabbiare l’imbarazzante controversia. In cambio, Putin pretenderà dalla Tymošenko un diverso atteggiamento nelle relazioni tra i due paesi: da qui l’accordo recente (gennaio 2009) sulla fornitura di gas russo all’Ucraina firmato dalla Tymošenko, che obbliga Kiev ad acquistare il gas a prezzi molto più elevati rispetto al passato.
La Tymošenko è eletta alla Verchovna Rada (il parlamento ucraino) nel 1996, e nel 1998 diventa presidente della Commissione Economia del Parlamento. Dal 1999 al 2001 ricopre la carica di ministro dell’Energia nel gabinetto di governo di Viktor Jušèenko, ma viene poi licenziata dal presidente Kuèma nel gennaio 2001 su richiesta degli industriali. Nel febbraio 2001, come già accennato, viene arrestata per falsificazione di documenti e prelievi illegali di metano, ma è presto liberata a seguito delle manifestazioni di protesta dei suoi sostenitori politici, davanti al carcere di Kiev dove è detenuta, secondo cui i documenti falsi sarebbero stati volutamente creati dal regime di Kuèma, che si oppone energicamente alle riforme di mercato. Ecco perché, una volta liberata, diventa leader intransigente dell’opposizione (tra il 2001 e il 2004) al presidente Kuèma, conducendo campagne contro il suo governo e accusandolo dell’assassinio (2000) del giornalista di opposizione Georgi Gongadze. Sono gli anni caldi dai quali sfocerà la rivoluzione pacifica arancione, di cui la Tymošenko è, insieme con Jušèenko, la protagonista principale. E sempre in questi anni fonda il partito Blocco Elettorale Julija Tymošenko, e diventa leader dell’Unione di tutti gli Ucraini “Patria”.
Se il suo passato di oligarca è quantomeno discutibile, la sua rapida ascesa politica non lo è da meno. “La signora Tymošenko è molto, molto ambiziosa”, racconta Jeff Mankoff, docente a Yale e responsabile dell’International Security Studies Center della prestigiosa Università dell’East coast. I suoi detrattori sostengono che abbia guadagnato immeritatamente la propria fortuna e che abbia speculato politicamente, grazie alle sue passate frequentazioni di uomini condannati per corruzione e frode, come l’ex premier Pavlo Lazarenko. Tuttavia, come ministro dell’Energia, pone fine a molti intrallazzi nel settore facendo crescere l’industria energetica ucraina di circa il 700%. Lotta contro il prelievo abusivo di energia dei grandi complessi industriali e le sue riforme servono al governo per pagare gli statali e aumentare i salari.
Dal 24 gennaio fino all’8 settembre 2005 è premier, fino a che il suo governo non viene sciolto dal presidente Viktor Jušèenko, che l’accusa d’incompetenza nel gestire i contrasti tra i partiti della coalizione di maggioranza. La Tymošenko inizia allora a viaggiare per l’Ucraina, preparandosi per le elezioni politiche del 2006, e rendendo subito chiaro che intende, in quanto leader del Blocco, ritornare a capo del governo. Ma la sua speranza di tornare a presiedere il gabinetto di governo svanisce, e così s’impegna assiduamente come leader dell’opposizione democratica. Ma già il 18 dicembre 2007, a seguito di elezioni parlamentari anticipate, Julija Tymošenko è di nuovo eletta Primo Ministro.
Nell’agosto 2008 scoppia il conflitto Russia-Georgia. Julija Tymošenko non appoggia la condanna aperta di Jušèenko nei confronti della Russia e preferisce non prendere posizione al riguardo. Jušèenko l’accusa di aver assunto una posizione neutrale allo scopo di ottenere il sostegno della Russia nelle future elezioni presidenziali del 2010. Andrij Kyslynskij, vice presidente, la definisce “traditrice”. Ma l’accusa di tradimento verso la Georgia non è l’ultima delle critiche rivolte alla premier. Nel settembre 2008 il Blocco Julija Tymošenko decide di votare insieme con il Partito Comunista d’Ucraina e il Partito delle Regioni per approvare una legislazione atta a facilitare la procedura di messa in stato di accusa del Presidente e limitare i poteri di quest’ultimo, aumentando quelli del Primo Ministro. Una decisione che porta ad una crisi politica culminata con lo scioglimento della Rada l’8 ottobre 2008 e conclusasi con l’inclusione del Blocco di Litvin nella coalizione arancione (9 dicembre 2008).
#foto5dx#Durante il primo turno delle elezioni presidenziali del gennaio 2010, il Presidente uscente Viktor Jušèenko, il Primo Ministro Julija Tymošenko e l’ex premier e leader del principale schieramento d’opposizione, Viktor Janukoviè, non hanno perso occasione per lanciarsi accuse di brogli, corruzione e autoritarismo. La prima ad alzare il tono dello scontro è stata proprio lei, la pasionaria di Kiev, che ha dichiarato guerra ad entrambi con un’aggressiva campagna elettorale a base di manifesti con il claim “Lei lavora. Sono gli altri a creare i problemi” - una campagna così dispendiosa da destare dubbi sul rispetto dei limiti di spesa. Ha mosso accuse di corruzione nei confronti di Viktor Janukoviè e non ha esitato a definirlo un codardo, poiché ha rifiutato un faccia a faccia in Tv con lei. Ma la Tymošenko è ai ferri corti anche con il Presidente uscente Jušèenko per via del suo recente riavvicinamento con il Cremlino, che secondo Jušèenko ha origine nelle passate “grane” giudiziarie tra la premier e la magistratura russa.
Nel momento in cui scrivo questo articolo, non si è ancora svolto il ballottaggio del 7 febbraio, che vede sfidarsi per la carica di futuro presidente dell’Ucraina l’attuale primo ministro Tymošenko e il leader del Partito delle Regioni Viktor Janukoviè, vincitore al primo turno. I sondaggi danno per scontata la vittoria del filo russo Janukoviè, ma in Ucraina i politologi concordano sul fatto che se Janukoviè ha raccolto al primo turno tutti i consensi possibili, sarà la Tymošenko a convogliare i voti andati agli altri 16 aspiranti alla presidenza. Il suo carisma, le sue origini e la sua politica pragmatica con il Cremlino la rendono capace di incursioni nell’est e nel sud russofoni del paese, tradizionali roccaforti di Janukoviè. Tuttavia, anche in caso di sua sconfitta, il paese dovrà fare i conti con la “signora dell’Est”, la cui posizione economica e politica la mette in condizione di “contare” ed influire, anche dall’opposizione, sulle future scelte della nazione.
Lascia un Commento