Polonia - La chiesa e una certa politica polacca censurano il dibattito sul “gender” e sostengono che “l’ideologia di genere rappresenta una minaccia peggiore del nazismo e del comunismo messi insieme”
Cristina Carpinelli Lunedi, 22/09/2014 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Ottobre 2014
In questi anni si è dato ampio spazio in tutti i paesi dell’Europa dell’Est al dibattito sul “gender” assimilato a mera “ideologia”, impoverendo decenni di studi teorici e ricerche empiriche condotte sul concetto di genere, sull’identità, sull’ordine e i ruoli sociali. È diventato, infatti, d’uso comune accusare i “gender studies” di essere qualcosa d’ideologico e propagandistico, a danno delle leggi naturali procreatrici di ogni ordinamento sociale.
Tra la fine del 2013 e l’anno in corso, la cattolicissima Polonia ha fatto della “gender ideology” un vero e proprio campo di battaglia, contribuendo a diffondere quella volgarità intellettuale, che prende il sopravvento quando “le opinioni di alcune persone [o istituzioni - come la chiesa polacca] spacciano per pseudo-scientifica una ricerca empirica [quella sul “gender”] non conforme al loro modo di intendere la società basata sull’idea, ancora più imbarazzante, che i ruoli maschili e femminili siano naturalmente dati, che attitudini, responsabilità, compiti e routine siano diversificati in base al sesso biologico di appartenenza e che, imbarazzo degli imbarazzi, ancora oggi descrivono la società come soggiacente a ‘leggi naturali’. Ritenere che le differenze di genere siano qualcosa di naturale e/o biologico, rende deviante il comportamento di chi, a questi due tipi, maschile e femminile, non si adegua correttamente” (Michele Pazzini. Estratto dalla rubrica “Di Qualunque Genere”. Mensile “C’era una Svolta” n. 4 /2014).
Il professore di teologia, monsignor Dariusz Oko, in una recente intervista rilasciata al settimanale cattolico “Niedziela”, ha affermato che “il genere è un classico esempio di un’ideologia…è lo strumento impiegato dalle lobby ateiste, gay e femministe per ottenere dalla società vantaggi e benefici”. In una lettera pastorale (Threats to the Family Stemming from the Ideology of Gender, vedi: http://rorate-caeli.blogspot.com/2014/02/bishops-attack-dangerous-gender.html), diffusa a tutti i vescovi polacchi, si mette in guardia dall’influenza insidiosa dell’ideologia di genere e dai principi del tutto contrari alla realtà e alla comprensione integrale della natura cui tale ideologia s’ispira. Nella lettera si dice che in base a questa ideologia una persona può volontariamente scegliere se essere uomo o donna, e decidere, dunque, liberamente anche del proprio orientamento sessuale. Tuttavia, questa “volontaria autodeterminazione” spinge la società ad accettare l’esistenza di nuove tipologie di famiglie, costruite, per esempio, su relazioni omosessuali. Il messaggio prosegue sostenendo che la chiesa, pur biasimando le persone che “umiliano” le persone con tendenze omosessuali, nello stesso tempo ha il dovere di denunciare che la pratica omosessuale è qualcosa di profondamente disordinato, e che il matrimonio tra un uomo e una donna non può essere socialmente equiparato a un legame omosessuale.
Immediata è stata la risposta di coloro che non condividono tali idee. Krzysztof Makowski, membro del partito di recente formazione “Twój Ruch”, ha affermato che “non esiste una cosa come l’ideologia di genere, poiché il ‘gender’ è lo studio scientifico delle relazioni tra uomo e donna. Attribuire carattere ideologico a ricerche che sono empiricamente fondate, è fuorviante. La chiesa si sta inventando ancora una volta un nemico, proprio come aveva fatto in passato con le streghe e con le persone che credevano che la terra fosse rotonda”.
Alla fine del 2013, in una scuola materna di Rybnik (città del voivodato della Slesia), alcuni genitori si sono lamentati, poiché un bambino ha detto al padre che anche gli uomini possono indossare le gonne. Ciò ha scatenato l’ira delle famiglie dei bambini che frequentano la scuola. È stato persino coinvolto un professore di diritto dell’Università di Varsavia, il quale ha denunciato che “veicolare messaggi educativi di quel genere non può che provocare nella prima infanzia gravi perturbazioni dell’identità sino a causarne la disintegrazione”. In realtà - come ha testimoniato la direttrice della scuola materna, Joanna Cichocka, - sono stati semplicemente mostrati ai bambini dei libretti in cui vi erano immagini con orsacchiotti che indossavano alcuni tipici costumi tradizionali: abiti arabi (kandoura o dishdasha), kilt scozzesi, ecc. In queste immagini non vi era proprio nulla a sfondo sessuale.
Sono apparsi nelle scuole poster con la scritta “proteggere il bambino contro il gender”. Quasi ogni giorno sono stati proclamati appelli contro l’ideologia di genere, come quello di un prete che in un discorso a Poznan ha sostenuto che “il genere porta alla devastazione delle famiglie ed è associato con il femminismo radicale, che sostiene l’aborto, il lavoro delle donne e la detenzione dei bambini negli asili”.
Tutta questa propaganda è sembrata, in realtà, agli occhi di molti polacchi, l’occasione tanto attesa per distrarre l’opinione pubblica dalle pesanti accuse di abusi sessuali su minori che hanno scosso la chiesa polacca proprio nel 2013/2014. Accuse di abusi sono, infatti, emerse contro due sacerdoti polacchi, uno dei quali, l’arcivescovo Józef Wesołowski, è stato nunzio del Vaticano nella Repubblica Dominicana, prima di essere richiamato in attesa dell’esito dell’inchiesta. Nel 2014, il monsignore è stato dimesso dallo stato clericale dalla Congregazione per la Dottrina della Fede per il delitto di pedofilia, dopo la condanna nel primo grado di giudizio. L’Associated Press ha riferito che ben 27 sacerdoti polacchi sono stati processati per abusi sessuali, anche se la maggior parte di questi ha ricevuto pene detentive sospese.
Il capo della Chiesa cattolica in Polonia, l’arcivescovo Józef Michalik, ha fatto arrabbiare i suoi connazionali dichiarando che l’abuso spesso si consuma perché i bambini (in genere, quelli con problematiche) molestati sono “in cerca di amore”. Ha poi chiarito che non stava cercando di assegnare la responsabilità dell’accaduto alle vittime. Qualche giorno dopo, lo stesso arcivescovo ha attaccato l’istituto del divorzio, la pornografia e la gender ideology: “l’ideologia di genere solleva preoccupazioni legittime, perché va contro le leggi della natura, favorisce il matrimonio tra persone dello stesso sesso e si batte per la legalizzazione dell’adozione di bambini da parte di coppie gay”.
Il furore della chiesa polacca si è manifestato soprattutto dopo che il presidente russo Vladimir Putin ha firmato, lo scorso anno (2013), una legge anti-gay che impone multe salate per coloro che “promuovono tra i minori il sesso non tradizionale”. Come è noto le ripercussioni di quella legge sono andate oltre quella enunciazione, soffocando qualsiasi sostegno pubblico per lesbiche, gay, transgender e intersex, e impedendo la diffusione di materiale omosessuale in rete. Anche gli stranieri (presenti in territorio russo) che violano la legge (inclusi in passato i visitatori delle Olimpiadi invernali di Sochi del febbraio 2014), rischiano la prigione e la deportazione per 15 giorni.
Nel parlamento polacco si è da poco formato un gruppo di lavoro composto di 15 deputati e un senatore denominato “Arresta l’ideologia di genere”. Scopo del gruppo è avviare una mobilitazione in tutte le città, affinché s’impedisca che il denaro pubblico sia utilizzato per divulgare l’ideologia di genere, e per individuare “soluzioni legislative” contro tale ideologia. “I genitori hanno il diritto di sapere cosa succede nelle nostre istituzioni, così che essi possano avere la certezza che i loro figli siano al sicuro da certe influenze psicologiche nefaste”. In questo modo, si è espressa la presidente del gruppo, Beata Kempa, del partito Solidarna Polska, al cui centro del proprio programma politico ha la lotta contro i matrimoni gay. Proprio per questa posizione anti-gay, questo partito è uscito dal gruppo ECR (European Conservatives and Reformists Group) del Parlamento europeo. La Kempa ha scritto una lettera aperta, piuttosto aggressiva, nei confronti del premier polacco Donald Tusk, poiché quest’ultimo ha criticato la “stupidità” e l’“isteria” con cui nel Paese è affrontato il dibattito di genere.
Piotr Godzisz (studioso di tematiche di genere) sostiene che l’assenza nella lingua polacca di un termine che abbia lo stesso significato dell’idioma anglosassone “gender” (che richiama una categoria concettuale, poiché sposta le problematiche di genere dal punto di vista della differenza biologica a quello delle relazioni sociali e culturali, in cui agiscono individui e gruppi, e definisce un quadro specifico di temi come, ad esempio, quello del patriarcato), crea dei problemi, sollevando diffidenza e ostilità. “Senza la presenza nel nostro linguaggio espressivo di un termine equivalente a ‘gender’ non c’è modo di fare una chiara distinzione tra sesso e genere”. Ciò, sostiene Godzisz, ha un riflesso molto negativo: “'ad esempio, la chiesa sovrappone tout court il termine ‘gender’ con il sesso, demonizzandolo al punto tale da dimostrare che è una parola nuova e pericolosa”. (…) Parlare di ‘gender’ vuol dire parlare di ‘pervertiti’, vale a dire di pedofili, sadomasochisti, omosessuali, transgender, intersex - tutti posti nello stesso girone infernale”. Questi sono i messaggi trasmessi a molti polacchi che non hanno la minima idea di che cosa sia il ‘gender’. L’anno scorso, durante un festival culturale estivo a Świnoujście (città a nord-ovest della Polonia), il vescovo polacco, Tadeusz Pieronek, partecipando a un dibattito, ha dichiarato che “l’ideologia di genere rappresenta una minaccia peggiore del nazismo e del comunismo messi insieme”.
La chiesa esercita ancora un’influenza enorme in un Paese dove più del 90% della popolazione (38 milioni) si identifica come cattolica. Ma la Polonia è sempre più divisa tra una visione volta a ristabilire la “famiglia tradizionale”, la “vera femminilità” o la “vera mascolinità”, e un’altra socialmente più liberale, aperta e progressista sostenuta dalle nuove generazioni.
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