Login Registrati
La “fragilità” delle donne

La “fragilità” delle donne

Reggio Emilia - Due fatti di cronaca a Reggio Emilia che riguardano donne immigrate sollecitano alcune riflessioni

Iori Catia Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Febbraio 2008

Credo che molti dei signori maschi non siano consapevoli di quanta misoginia si annidi nel loro inconscio spesso disturbato da deliri di onnipotenza che nascondono pozzi senza fondo di fragilità identitarie, incapaci di ricomporsi e di viversi a tutto tondo come ogni essere umano è chiamato a fare nel corso della sua vita.
Ho visto insospettabili professionisti accanirsi sulle donne con inaudita ferocia carnale e sessuale, così come so di umilianti licenziamenti messi in atto da personalità disturbate e persecutorie. Certo non è bello parlare di questi temi perché turba le coscienze e ci fa vivere con le antenne sospese a mezz’asta come fanno certi personaggi del fumetto che si inoltrano in territori sconosciuti. Eppure anche la nostra città deve registrare episodi sempre più eloquenti che raccontano di una realtà nota agli studiosi ma misconosciuta ai più. Non conosco il colore degli occhi né le fattezze di un volto che immagino giovane, e tenero, quello della ragazza extracomunitaria che incapace di reggere il peso della sua totale trasparenza agli occhi del vicinato, e non potendo neppure contare sull’appoggio psicologico e affettivo di una marito forse distante e riottoso, ha deciso di farla finita, gettandosi dal balcone. Ne ho avvicinate tante di donne immigrate nella nostra città per la mia pubblicazione e non a caso l’ho intitolato “Protagoniste silenziose” in cui quel protagoniste voleva essere un augurio, mentre l’aggettivo suonava da implicito rimprovero a chi non ascolta quell’imperterrito muro di vuoto di parole che fa di ogni anima un sussulto di non detto, un vagito di sofferenza, un equivoco di vita. Il problema è che oggi si fa fatica a guardare l’altro, vederlo nelle sue fattezze a riconoscerne l’unicità irripetibile e farlo sentire importante e indispensabile, grazie al quale e per il quale siamo chiamati a vivere. Immaginate poi se si tratta di un’immigrata magari giovanissima, inesperta della vita, trascinata da un amore tanto infelice quanto crudele che la lascia alla mercè di interminabili ore di solitudine tra pareti di casa estranee: ricordo a proposito la dichiarazione di un’intervistata che con lo sguardo inumidito da una tristezza incolmabile mi diceva che saliva sui tram per essere notata ma nessuno si accorgeva di lei, nessuno le rivolgeva la parola. L’unica consolazione era quella di essersi sentita parte di un convoglio di umani che percorrevano le stesse strade. Un deserto affollato quel pezzo di paese in cui non è bastato un sms disperato a evitarle un gesto estremo. Mi auguro come nei film a lieto fine che esca da una prognosi riservata che infliggerei invece a chi non porgesse ascolto a quel terribile tunnel che ti fa sentire emarginata da ogni forma di vita relazionale e sociale. Ma il filo della misoginia sembra intrecciarsi ancora più tenacemente all’inspiegabile condanna a 24 anni di carcere inflitta, guarda caso, a due donne marocchine colpevoli di aver massacrato il loro sfruttatore, in un atto di liberazione tanto violenta quanto comprensibile. E’ non solo la sconfitta più lampante della giustizia, come ha dichiarato l’avvocato Corsi, ma l’ammissione totale che ci sono due pesi e due misure e che la ribellione allo strapotere perverso dell’universo maschile ti fa pagare un prezzo altissimo.Il che non fa che ribadire la quasi liceità della schiavitù. L’inferno delle donne è questo e pensateci bene, è più vicino di quanto sembri: siamo ancora lontani dalla matura e consapevole libertà di chi sente uomini e donne su uno stesso piano di dignità e di vita. Alla base c’è solo tanta miseria umana, frustrazione personale e lasciatemi passare il termine, impotenza totale del sesso maschile. In ogni caso occorre cambiare mentalità. A partire dalle scuole, insegnando agli adolescenti la drammatica realtà della prostituzione. Occorre che fin da giovani senza troppi ipocriti pudori si rendano conto che si tratta di una grave violazione dei diritti umani. Che il corpo umano è inalienabile. E soprattutto che non sono mai esistite prostitute felici.

(26 febbraio 2008)

Lascia un Commento

©2019 - NoiDonne - Iscrizione ROC n.33421 del 23 /09/ 2019 - P.IVA 00878931005
Privacy Policy - Cookie Policy | Creazione Siti Internet WebDimension®