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La 'par condicio' secondo noi

La 'par condicio' secondo noi

Corretta informazione - Una riflessione sulla comunicazione e le donne in occasione del Primo Forum organizzato da 'Articoli21 Liberi di"

Anita Pasquali Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Febbraio 2006

Riceviamo, e volentieri pubblichiamo, l’intervento di Anita Pasquali, UDI Romana La Goccia, in occasione del primo Forum aperto organizzato da ‘Articolo21. Liberidi’ lo scorso mese di dicembre. Scopo dell’iniziativa è stato raccogliere riflessioni e proposte per stilare un documento sul sistema della comunicazione da consegnare al candidato premier dell’Unione Romano Prodi

“Ringrazio l’associazione “Articolo21.Liberi di” per la modalità di quest’incontro che fa partecipi anche rappresentanti del movimento delle donne nell’impresa di costruire programmi e orientamenti sul grande tema della libertà nel campo dell’informazione, ritenendo il Cantiere dell’Unione l’interlocutore possibile e attento. Non siamo in grado di esprimere pareri sugli assetti organizzativi e strutturali della Tv e della carta stampata: in questo ci dichiariamo incompetenti, ma competenti siamo nel ritenere che con nitore occorrono leggi che assicurino l’assoluta separazione tra il potere di chi governa e la proprietà dei mezzi che attraverso l’informazione costruiscono consenso, con possibilità di manipolare storia e cronaca, omettendo, falsificando e fabbricando modelli umani e di confronto che mutilano tratti fondamentali delle libertà costituzionali. Siamo competenti altresì, e vorremmo che il documento desse il dovuto rilievo alla questione che va sotto il nome di “diritto pieno di cittadinanza” che in democrazia vuol dire anche “pari opportunità di genere”, a cominciare dalla presenza delle donne negli incarichi di direzione e di responsabilità in tutte le strutture dell’emittenza televisiva e della carta stampata. I bravi conduttori di programmi diventano direttori di rete, le donne bravissime mai. Per altro verso, riteniamo che reali pari opportunità servirebbero anche a modificare la rappresentazione che la tv dà delle donne, riflessa in certo senso dalla pubblicità in innumerevoli spot: o oggetto, corpo femminile identificato con il prodotto, o rappresentazione di donne omologate e paghe di sé nel consumo. Il difficile cammino delle donne che affermano insieme uguaglianza e differenza, in tv non esiste. Non è certo indifferente al fatto che le forze che oggi ci governano non hanno nella loro storia quel difficile cammino, e può accadere che Calderoli voglia dirci come si combatte la violenza sessuale laddove si pensi che i motti fondativi della Lega si basavano sul “celodurismo”. C’è dunque molto da cambiare nelle pari opportunità all’interno delle strutture informative - ma insieme nel dare della politica non una rappresentazione ristretta nel cui ambito non c’è nemmeno una vera “par condicio” - , per dare voce, presenza, e storia alla soggettività politica femminile. Oggi, nei dibattiti, accanto o in assenza delle rare, rarissime deputate, c’è la star di turno e talvolta l’esperta di turno. Sempre quelle, sempre la stessa combinazione. E’ chiaro che non riteniamo le une e le altre “nemiche” delle donne, ed è altrettanto chiaro che nella Tv conduttrici, reporter, comiche sforano talvolta il tran tran con presenze e lavoro di grande cultura e civiltà. Ma resta il problema di fondo: la scomparsa del soggetto politico che è stato ed è nella sua varietà il grande movimento delle donne che ha attraversato il nostro secolo, che ha dato spessore alla nostra democrazia, e lineamenti civili e sociali di grande valore alla società italiana. L’Italia ha dovuto, e talvolta voluto, interrogarsi su grandi questioni quali il divorzio e il regime matrimoniale, sul valore sociale della maternità e sull’autodeterminazione come responsabilità e scelta femminile, sulle strutture della scuola, sul carattere del welfare, sulla pace e la guerra, e tanto altro, ma che cosa hanno detto e pensato le donne proponendo le leggi sui nidi, sui consultori, sul voto, sulle cosiddette “quote”, sui lineamenti e le modalità del lavoro…, non c’e’ storia per la tv, e non c’è esperto o esperta che tenga. Eppure, quella delle donne è una storia ricca anche di grandi personalità, è una storia civile e nobile ed oggi è inaudito che non vi si faccia riferimento anche per rovesciare l’incredibile realtà italiana in Europa per cui le elette al Parlamento sono solo il 9%! E ciò, a fronte del fatto che, solo per fare un esempio, le donne laureate e le magistrate sono oltre il 50% del totale delle rispettive importanti categorie. La tv della “cronaca per la cronaca” non crea identità forti ma solo paura e ignoranza. Mi auguro quindi che le vostre proposte riflettano sulla realtà e assumano questo problema come supporto a sostenere la libertà dell’informazione. Per parte nostra, facendo seguito alla nostra tradizione che è di mobilitazione politica ma anche di attività per il passaggio di storia e memoria abbiamo ritenuto necessario, pur nella nostra fragilità e povertà, produrre un prodotto audiovisivo, in forma di documentario di approfondimento, titolato “Viaggio nel Novecento delle donne”, per far conoscere, soprattutto nelle scuole, la storia del movimento politico delle donne nella sua diversità, nelle sue conquiste nei contesti sociali e culturali, nelle parole e negli atti delle protagoniste, dell’associazionismo femminile, e delle forme politiche inedite del movimento femminista e altro. Dare significato alle parole forti: emancipazione, femminismo, liberazione, autodeterminazione, uguaglianza e differenza come valore. Stiamo lavorando, forti dell’apporto di un piccolo gruppo di studiose e grandi testimoni insieme, e della passione e professionalità di una nostra socia giornalista, Nella Condorelli, che sappiamo partecipe anche dell’attività’ della vostra importante associazione. Per avere i fondi necessari, modesti, essendo il gruppo UDI Romana La Goccia interamente composto da volontarie, ci siamo rivolte alle Regioni ritenendole le sole in grado di comprendere e di aiutare. Con ciò, abbiamo ottenuto che ogni Regione si interrogasse sulla storia politica delle donne nel territorio, ma insieme avvertisse la coralità diffusa, e caratteristica propria dell’Italia tutta, del movimento delle donne. La risposta non è stata deludente anche se molto faticosa ed è ancora aperta, ma noi presenteremo comunque a gennaio la nostra proposta facendone occasione di incontro e discussione politico-culturale. Colgo l’occasione per dire che non possiamo nel frattempo rassegnarci che, ad esempio, le Assemblee e le attività culturali, intese a costruire su tutti i temi della politica, che si svolgono nella Casa Internazionale delle Donne, in cui abitiamo, non abbiano riscontro nemmeno sul giornale regionale. Il tema è sempre quello: il teatro della politica non comprende questa scomoda soggettività esattamente politica. Forse, se le cose cambieranno le giovani generazioni sapranno che ci sono voluti 15 anni perché il movimento delle donne e un pugno di deputate riuscissero ad introdurre nella legge che il reato di violenza sessuale è un reato contro la persona, e la solidarietà tra donne l’unica arma vincente”.



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