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Là, dove l'alleanza fa la differenza

Là, dove l'alleanza fa la differenza

- Coltivare la terra e allevare animali in modo biologico e nel rispetto dell’ambiente si può. Parola di Renata Lovati, presidente Donne in Campo Lombardia

Bartolini Tiziana Domenica, 04/10/2015 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Ottobre 2015

 “Sono sempre stata ambientalista e, da imprenditrice agricola, vivevo le contraddizioni di non riuscire a produrre in modo naturale e biologico”. Renata Lovati, presidente di Donne in Campo/Cia Lombardia, non ha dubbi: quella biologica non solo è un’agricoltura rispettosa dell’ambiente e della salute, ma è anche sostenibile economicamente. “C'è voluto coraggio a riconvertire un’azienda di vacche da latte fondata nel 1980 portandola totalmente al biologico: tutti i tecnici ci sconsigliavano. Ci dicevano che non era possibile produrre latte se non ricorrendo all'aiuto della chimica. Il coraggio ci é stato dato dai cittadini, riuniti nei gruppi di acquisto solidale, che si sono impegnati ad acquistare i nostri prodotti”. Nel 2009 la grande decisione di passare alle produzioni naturali modifica anche le modalità di vendita e il latte, che prima era conferito all'industria, viene in parte lavorato da un piccolo caseificio producendo formaggi freschi e yogurt. La conversione al biologico dell’azienda Cascina Isola Maria è fatta per contaminazione, se così si può dire, ed è bello ascoltare il racconto di Renata. “Un nostro vicino aveva iniziato a far fare la raccolta nell'orto direttamente ai cittadini. Oggi è di moda, ma dieci anni fa era un percorso agli inizi. Il Parco Sud, dove sorge la nostra azienda, è uno dei più grandi parchi agricoli europei con i suoi originari 47mila ettari. Nel 2009, con l'idea di immaginare un cambiamento, venne creato un distretto di economia solidale a partire dai contadini disponibili ad aderire al progetto. L'accordo consisteva nell'impegno dei cittadini nel comperare i nostri prodotti biologici favorendo la produzione di formaggi, carne, uova, riso, farine biologiche, frutta e ortaggi. La cosa bella é stata che si sono poi aggiunte altre cascine. In tutto nel parco siamo una ventina di aziende biologiche e chi ha fatto questa scelta non è tornato indietro. Si è creato un grosso fermento culturale che è stato uno stimolo per noi. Abbiamo investito nella multifunzionalità perché volevamo dimostrare che invece della monocultura si poteva fare altro”. Una scommessa vinta, dunque, e nuovi obiettivi da raggiungere. “Oggi la nostra lotta è la difesa di una zona conosciuta in tutta Europa: chiediamo di preservare il territorio e di non costruire una nuova strada, che nelle intenzioni della Regione Lombardia sarebbe la chiusura dell’anello a sud di Milano con un sistema di nuove tangenziali, e vogliamo far capire che la viabilità può essere riqualificata. Il fronte che contrasta questa opera è vasto, insieme a noi ci sono anche dei sindaci”. Non è una donna dai mezzi toni, Renata, ed è stata sorpresa quando l’assemblea regionale di Donne in Campo nella sua regione l’ha scelta come presidente. “È stato significativo che abbiano sostenuto una persona che ha le mie idee. Nel mio programma ho scritto che volevo avvicinare l'agricoltura al mondo ambientalista: evidentemente tra le donne Cia c'è una grande sensibilità. Penso che se si crede nelle proprie idee, piano piano i risultati arrivano”. Quindi il cambiamento è possibile! “Sì, certo, ma bisogna fare molto a livello scolastico. In questi decenni l'impatto della chimica e stato devastante anche sul piano culturale e all'università non si offrono alternative”.

Chiedo a Lovati come vede possibile uno sviluppo su più ampia scala delle produzioni biologiche. “La grande distribuzione sta cominciando a capire e anche noi stiamo lavorando sulla logistica, tutti dobbiamo fare uno sforzo e mirare a modelli economici sostenibili, con il km zero vero. Sappiamo che è un lavoro lungo, ma se le persone prendono coscienza, poi difficilmente tornano indietro”. E l’Expo, che senso e utilità ha avuto? “Premetto che ho aderito al comitato no expo, rilevando forti contraddizioni nel consumo di suolo agricolo e di risorse che forse si sarebbero potute usare per aiutare le economie più deboli. Ciononostante può aver avuto una sua utilità, soprattutto per lo scambio e per gli incontri che ha permesso (ho conosciuto donne straordinarie, imprenditrici formidabili), poi i convegni sono stati interessanti. Spero che i messaggi lanciati non cadano nel vuoto. In relazione all’Expo, inoltre, è stata vinta una battaglia grazie alla mobilitazione dei cittadini : è stata abbandonata l’idea di fare le vie d' acqua attraverso alcuni parchi cittadini. Hanno realizzato parcheggi rimasti inutilizzati perché la gente arriva a Expo con i mezzi pubblici. Da un certo punto di vista, però, questo è la dimostrazione che quando insegni alla gente a fare cose diverse, poi le fa...”. Dicevi di aver conosciuto molte colleghe, imprenditrici agricole come te, venute a Milano anche da molto lontano. Come vedi il lavoro delle donne nell’agricoltura? “Come donne abbiamo una sensibilità maggiore e riuscire ad unirsi sarebbe un bel messaggio. Noi siamo riuscite a fare tante iniziative. Penso al baratto dei saperi, una bella esperienza attraverso la quale le donne hanno scoperto di avere la capacità di auto-formarsi partendo dalle proprie conoscenze. Con l’aiuto della nostra coordinatrice Chiara Nicolosi, oltre ai mercati contadini organizziamo molte iniziative di formazione professionale, incontri con le scuole. Ad ottobre al castello visconteo c’è ‘La fattoria del castello’, un grande evento unitario, forse unico in Italia, che riunisce le tre associazioni femminili di categoria: Cia, Coldiretti e Confagricoltura. Quando ci si incontra tra imprenditrici agricole difficilmente si parla di reddito”. La solita difficoltà a relazionarsi con il denaro… “No, è che le donne hanno puntato su altro, hanno fantasia. Penso che certe volte sollevare il problema del reddito sia una scusa per continuare a fare nello stesso modo, per non sperimentare”. Qual è il grande nemico dell’agricoltura? “È l'omologazione, il pensare che tutti si debba produrre allo stesso modo, il nemico è la mancanza di curiosità e la mancanza della voglia di informarsi”. Biodiversità anche nelle idee e nell’anima, quindi. È la ricetta di Renata Lovati, che dialoga con il futuro e non ha paura di dialogarci.






COLTIVARE IL PAESAGGIO



“Se la terra è considerata un bene comune, gli sforzi per trasmettere la bellezza dei paesaggi agricoli rimangono uno dei fini principali dell'agricoltore; e la riscoperta della contadinità può farci studiare i saperi agronomici e zootecnici che hanno contraddistinto l'agricoltura non ancora industrializzata.

Ripiantare siepi e filari, reintrodurre le rotazioni colturali, ripristinare la fertilità dei suoli, ridurre l'uso dei pesticidi e dei farmaci veterinari, sono obiettivi che possono essere condivisi da tutti i tipi di agricoltura. E l'agricoltura naturale, biologica, biodinamica possono essere da stimolo anche per migliorare l'economia delle nostre aziende”. Renata Lovati



 

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