Stato e Patto Lateranensi - Denunciando il regime a ‘doppio fondo’, Calamandrei segnalava il “singolarissimo fenomeno di una repubblica democratica i cui governanti sono.. alle dipendenze di una monarchia assoluta”
Stefania Friggeri Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Febbraio 2008
Non molti sanno che se gli imperi centrali avessero vinto la prima guerra mondiale avrebbero ricostruito a Roma un piccolo stato teocratico, anche al fine di umiliare l’Italia sconfitta.
Confrontando articolo per articolo il progetto che i due kaiser si proponevano di imporre allo Stato italiano e il testo dei Patti Lateranensi, si trova che il primo non era sostanzialmente dissimile dal secondo. Entrambi i documenti risultano lontani dallo spirito di tolleranza di Locke, che già alla fine del ‘600 ammoniva: “Non ha alcun diritto d’essere tollerata dall’autorità civile quella chiesa che sia fondata sul principio che tutti coloro che vi entrano passano per ciò stesso sotto la protezione e al servizio d’un altro sovrano. Che altrimenti il magistrato lascerebbe adito all’insediarsi d’una autorità straniera nel proprio paese”.
Nonostante il 1° comma dell’art. 7 della Costituzione reciti: “ Lo Stato e la Chiesa sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani”, l’ordine in cui la Chiesa è indipendente e sovrana è l’ordine spirituale, ovvero l’ordine in cui sono stabilite le norme morali. Dunque il “concordato” non stabilisce i rapporti fra due stati, ma fra lo Stato italiano e la Chiesa cattolica, “domus Christi” o casa di Cristo. Coi Patti Lateranensi insomma viene stabilito un rapporto fra due entità di ordine diverso.
Scrive Riccio: “La sovranità della Chiesa, che non è legata al territorio, ma è un dominio spirituale…supera e abbraccia il territorio del singolo stato…Lo scopo evidentemente è un altro: si vuole non soltanto affermare il principio del riconoscimento della Chiesa come ente con personalità internazionale perfetta, ma anche dei diritti e dei poteri che si estendono oltre i limiti della Città del Vaticano”. Ne discende che lo Stato italiano non ha autonomia in campo etico e dunque, nel fare le leggi, deve porre riguardo alla morale cattolica, essendo poche le materie che non hanno rilevanza etica direttamente (vedi aborto) o indirettamente (vedi welfare).
Poiché l’art.7 esprime in modo raffinato l’infeudamento alla Chiesa cattolica dello Stato italiano, che risulta privato della “plenitudo potestatis” (pienezza del potere), l’onorevole Binetti può permettersi di interpretare alla lettera lo spirito clericale e fascista dei Patti Lateranensi.
Difatti il pontefice ebbe allora a dichiarare: “Stato cattolico, si dice e si ripete, ma stato fascista. Ne prendiamo atto, senza speciali difficoltà, anzi volentieri…giacché ciò vuol indubbiamente dire che…nulla vuole ammettere che non si accordi con la dottrina e con la pratica cattolica”.
Lo stesso art. 7 fu accolto nella Costituzione mediante una forte intimidazione da parte della Chiesa Cattolica portata avanti tramite la D.C.: “La democrazia o sarà cristiana o non sarà” (Tupini); “La pace religiosa in Italia è garantita dai Patti Lateranensi. Ogni attacco contro di essi è turbamento di questa pace…badate a quello che fate!”. Queste le parole dell’on.le Condorelli all’Assemblea Costituente, dove Nenni invece così si esprimeva: “Lo stato laico considera la religione come un problema individuale di coscienza; esso non vuole né distruggere la religione né puntellarla, ma si mantiene nella sfera della sua sovranità senza invadere il campo delle filosofie e delle religioni. In questo senso noi abbiamo coscienza di contribuire, votando contro l’art. 7, alla pace religiosa del paese…la Repubblica che abbiamo fondato avrà un senso e un significato se continuerà, superandolo, il Risorgimento, non se tornerà indietro su quello che è stato acquisito dal Risorgimento. Noi stiamo tornando indietro...Signori, umiliando lo Stato, voi umiliate la Repubblica e la Nazione”. Invece Togliatti votò a favore dell’art. 7, timoroso di sottrarre al paese la collaborazione dei cattolici, di riaprire la questione romana e di portare il paese a conseguenze imprevedibili.
Nonostante l’Italia sia cambiata il ricatto della pace sociale rende ancora oggi il Concordato inamovibile. Così infatti scriveva P. Calamandrei in “Repubblica pontificia”: “Si ha così il singolarissimo fenomeno di una repubblica democratica i cui governanti sono, spiritualmente ma non per questo meno rigorosamente, alle dipendenze di una monarchia assoluta; di un sovrano assoluto che ha il potere di dettar legge, attraverso questa compenetrazione dei due ordinamenti, a uno stato che formalmente si regge a repubblica…Anche questo ordinamento in cui viviamo oggi rischia, come accadde a quello che durò un ventennio, di diventare un regime a doppio fondo; un regime in cui le vere autorità che governano lo stato non sono quelle che figurano sui seggi ufficiali ma quelle, potenti e invisibili, che dall’esterno ne tirano i fili”.
Lascia un Commento