Italia ed Europa, insieme per combattere la violenza
Giornata Mondiale contro violenza sulle donne - Si è tenuta il 24 ottobre a Roma, presso la Casa Internazionale delle donne, la tavola rotonda con le eurodeputate Angelilli, Locatelli e Gardini.
Ribet Elena Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Ottobre 2008
“È nata l’associazione nazionale che raccoglie i centri anti-violenza di tutta Italia”. 47 al momento i centri, ma se ne aggiungeranno altri 60 nei prossimi due anni. La prerogativa è che i centri aderenti abbiano un’esperienza di almeno cinque anni. Il nome dell’associazione è DIRE, Donne In Rete contro la violenza.
L’annuncio è stato fatto da Emanuela Moroli, Presidente di “Differenza Donna” nel corso della tavola rotonda che ha visto dialogare sui temi della violenza le eurodeputate Roberta Angelilli, Pia Locatelli ed Elisabetta Gardini. Hanno portato i loro saluti anche Costanza Fanelli, Presidente della Casa Internazionale delle donne, l’Assessora alle Politiche Sociali del Comune di Roma Sveva Belviso e la Direttrice dell’Ufficio d’Informazione per l’Italia del Parlamento Europeo Clara Albani, che ha moderato il dibattito.
“È importante ricordare i dati, che sono impressionanti. In Europa si stima che la violenza sulle donne uccida o lasci lesioni più del cancro e degli incidenti stradali. Una donna su 4 ha subito una violenza nella vita tra i 15 e i 60 anni. Il 90% delle violenze si consumano in ambiente domestico o familiare. In Italia il 30% delle donne ha subito almeno una violenza nella vita, e le donne intervistate non sempre hanno la percezione del fenomeno. Infatti, il 44% di loro ritiene che sia un fatto grave, ma non che sia un reato.” Queste le parole di Roberta Angelilli, che ha anche posto l’attenzione sui COSTI SOCIALI della violenza contro le donne: “I costi sociali della violenza contro le donne sono elevatissimi, 40 euro pro capite per ogni cittadino/a europeo/a. Significa circa 33 miliardi di euro”.
L’importante è prevenire, per questo tra le strategie suggerite da Angelilli ci sono l’implementazione della rete di sostegno alle vittime, il coinvolgimento degli uomini e una maggiore rappresentanza politica delle donne. Pia Locatelli, eurodeputata, è anche presidente dell’Internazionale Socialista Donne e vicepresidente dell’Internazionale Socialista; ricopre inoltre numerose cariche a livello internazionale. “Fin da bambina percepivo l’ingiustizia di un trattamento disparato tra maschi e femmine. Ritengo importante far crescere la consapevolezza rispetto ai temi della violenza”. Locatelli ha citato i dati pubblicati dallISTAT http://www.istat.it/giustizia/sicurezza/ e ha sottolineato come molte donne provino disagio ad ammettere di aver subito violenza “In tutto il mondo le donne subiscono diverse e/o simili forme di violenza. Ma c’è un legame tra arretratezza culturale e violenza. Inoltre, esiste un picco di espressioni di violenza nei momenti di cambiamento, nei momenti in cui l’avanzamento culturale coinvolge le persone e accresce l’emancipazione e la liberazione delle donne. Occorre un lavoro di analisi per ‘capire le ragioni del nemico’” – sostiene Locatelli, che ha aggiunto – “Alcune ONG hanno iniziato questo tipo di lavoro, efficace e prezioso, anche grazie a finanziamenti sostenuti tramite il programma DAPHNE III. Le istituzioni devono continuare a sostenere le ONG. In Italia siamo molto indietro, ci abbiamo messo trent’anni per avere la prima Ministra donna, è necessario contribuire a creare una ‘massa critica’ che sia in grado di capire i messaggi e di sentire quello che viene detto. Inoltre, è una questione di metodo: non si deve solo dire, ma anche fare. Ad esempio, dobbiamo poter misurare i risultati del nostro lavoro, ma come si misura l’aumento di consapevolezza? Se pensiamo alla CEDAW, la Convenzione per l’eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne del ’79, possiamo osservare che ci sono voluti quasi 20 anni per l’approvazione e la ratifica del protocollo opzionale. Solo metà dei paesi firmatari della CEDAW hanno ratificato poi il protocollo che rappresenta lo step concreto successivo, in quanto prevede azioni a livello legislativo e giuridico. Per fare un altro esempio, pensiamo al Protocollo di Palermo sul crimine organizzato transnazionale: il protocollo è del 2000, in Italia è stato ratificato nel 2006. Insomma, è necessario far sì che i protocolli vengano firmati, e fare azioni di sensibilizzazione e di pressione per ottenere questi obiettivi. Obiettivi che devono essere concreti e verificabili, anche per la gratificazione che viene dall’avere chiaro che il lavoro che fai effettivamente serve”.
Locatelli ha anche reso noto che sono confermati gli stanziamenti europei previsti dal programma Daphne III (2007-2013), il Programma per prevenire e combattere la violenza istituito in Consiglio Europeo nell’ambito del Programma generale "Diritti fondamentali e giustizia" e che prevede per il 2009 finanziamenti a progetti per complessivi 2 milioni di euro (importo massimo a progetto: 250.000) – fonte: http://ec.europa.eu/justice_home/funding/daphne3/doc/og_call_2008_en.pdf .
Parole incisive sono venute anche da Elisabetta Gardini: “La politica deve saper ascoltare. Non è possibile che in tutti i settori, compresi i salotti televisivi, siano sempre gli uomini a parlare. E quanto alle donne che riescono ad affermarsi, se queste donne sono estensioni del potere maschile, poco ci importa. La non rappresentanza è una piaga tutta italiana, che indica il fallimento di una società non competitiva, di una società che non mette a frutto le competenze delle donne e dei giovani.”. Entrando nel merito della violenza, Gardini ha detto “Penso che la percentuale di donne vittime di violenza sia addirittura sottostimata. Pensiamo anche a quel tipo di violenza che ti fa sentire sporca, umiliata: dalle bambine che incontrano l’esibizionista che fa gesti osceni, alle studentesse che si sentono offrire un trenta e lode in cambio di qualcos’altro. Nel nord Europa i dati sono molto diversi, è una questione di cultura e al tempo stesso di consapevolezza.”. Parole durissime per quanto riguarda i media; bisogna agire per andare oltre la “bellezza mercificata, nel senso degenerato dell’estetica contemporanea: alligna anche lì il germe della cultura del finto potere della seduzione, per cui risulta normale lo scambio di favori per fare carriera, o atri sistemi diffusi dalla televisione. Dobbiamo cambiare, sradicare questa cultura diffusa che non è affatto innocua, esigere, come donne, dignità e rispetto nei mass media e nella pubblicità” .
Numerosi interventi nel dibattito da parte delle Associazioni presenti, che hanno posto l’attenzione su altre questioni cruciali quali l’informazione, l’informazione di genere, la memoria storica, il dialogo intergenerazionale, i linguaggi e le nuove tecnologie, il rapporto con le donne migranti, i progetti nazionali e internazionali contro la violenza, le pratiche e le metodologie per snidare la violenza e per aiutare le vittime, la formazione delle forze dell’ordine e degli operatori.
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