Mongolia / 2 - poche in politica e nei luoghi decisionali, un po' di più a dirigere grandi aziende, sono la maggioranza dei lavoratori nei trasporti e nelle telecomunicazioni
Cristina Carpinelli Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Gennaio 2007
Gli abitanti della Mongolia sono 2,5 milioni di persone, che vivono su un territorio quattro volte più grande di quello del Giappone, di cui il 45,5% ha meno di vent’anni. Una nazione, quindi, che può investire molto sulle proprie risorse umane. A causa della bassa densità di popolazione (1,5 abitanti/kmq), la forza lavoro femminile è ritenuta indispensabile per la crescita del paese. Nelle aree rurali le donne proseguono a svolgere i loro tradizionali compiti: badare ai figli, allevare, mungere e nutrire capre e renne, preparare l’airag, l’alimento base della dieta mongola, composto di latte fermentato di cavalla, produrre formaggi salati. Si è, invece, ridotto il lavoro agricolo, a causa della siccità, con grave danno per le colture su piccola scala, tra l’altro non più sovvenzionate dallo Stato. Nelle zone urbane le donne sono occupate nelle fabbriche tessili e nel terziario. Tuttavia, la maggiore concentrazione della manodopera femminile si trova nei due settori strategici del trasporto su ferro e delle telecomunicazioni. Molte donne (il 60% del personale) sono impiegate nelle ferrovie dello Stato. Sui 1815 km. di tracciato ferroviario svolgono svariate mansioni: tecnici, capisquadra e operaie addette alla manutenzione delle linee, impiegate e contabili presso gli uffici amministrativi, personale addetto ai servizi (hotel delle stazioni, bar, ristoranti, “beauty saloon”, uffici postali e di sportello, farmacie, negozi di souvenir, ecc.). Le ferrovie hanno sviluppato un sistema economico e di servizi “autosufficiente”, gestito direttamente dalla compagnia nazionale, che possiede anche case, ospedali e alberghi. Ma il settore nel quale le donne stanno emergendo come manodopera altamente qualificata è quello delle ICT (Information and Communications Technology), che con il passaggio all’economia di mercato ha avuto notevole impulso. Prima del 1992 la società mongola delle telecomunicazioni era di proprietà dello Stato. Nel 1995 è stata parzialmente privatizzata e ora è una “holding” a compartecipazione straniera, denominata Mongolia Telecom (MT). Lavorano alla MT più di 4.500 persone, di cui il 46% sono uomini e il 54% donne. Uno degli obiettivi del Piano per lo sviluppo delle risorse umane elaborato di recente è la promozione e lo sviluppo delle carriere “rosa”. Di tutti gli ingegneri della MT, più del 40% sono donne e se, nel 1999, le “senior manager” costituivano l’8,8%, oggigiorno rappresentano il 20,5%, raggiungendo il target prefissato dalla MT. Il 65-70% di coloro che partecipano ai programmi di sviluppo del management, attraverso corsi di formazione, sono giovani donne, di cui il 15-20% è disponibile ad effettuare il proprio training all’estero. In accordo con le norme del Codice del lavoro, la MT ha stabilito regole interne di pari opportunità per uomini e donne, ma soprattutto ha potenziato il suo sistema di welfare, per sostenere le famiglie penalizzate dalla rapida transizione al mercato e per alleggerire il doppio carico di lavoro delle donne gravato dal crollo della rete dei servizi pubblici. Sono riconosciuti congedi retribuiti di due settimane (oltre le ferie ordinarie) alle donne con figli piccoli da utilizzare presso case termali convenzionate con la compagnia; le madri single con a carico dei minori, che vivono sotto la soglia di povertà, hanno diritto all’alloggio di proprietà della MT, ad un bonus mensile integrativo dell’assegno familiare versato dal Fondo di assicurazione nazionale, e a cash in natura, quali carbone e legna per far fronte ai rigidi inverni.
Gli anni della transizione si sono distinti per alcuni segnali di stepping back per le donne: è aumentato il loro livello di disoccupazione, benché rappresentino il 50,4% della popolazione; è calata la loro rappresentanza ai vari livelli di governance: 11,2% nel parlamento, 37,5% negli staff degli organismi governativi e 25% in quelli delle agenzie e dei governi locali. Una rappresentatività inadeguata, tenuto conto del numero elevato di donne istruite e qualificate. Afferma Jigjid Oyunchimeg, direttrice del Centro di Supporto per l’Economia della Camera di Commercio mongola: “C’è ancora una limitazione all’accesso delle donne nei ruoli politici e decisionali, e nelle posizioni manageriali stentano a raggiungere i top level; nella Camera di Commercio però vi è una maggioranza femminile. Così come a dirigere la più grande compagnia petrolifera mongola, la Petrovis, è una donna (Oyuntsetseg), mentre a dirigere una grande azienda di bibite, la Altjin, è la signora Altan”. Nelle 100 imprese più grandi della Mongolia, 8 sono dirette da donne.
Uno dei contesti dove è considerevole l’impegno delle donne mongole è quello relativo alle violenze e agli stupri. Negli ultimi dieci anni, i crimini per violenza sono cresciuti del 25,6% e nella maggioranza dei casi le vittime sono bambini o donne. 30mila minori mendicano per strada, riciclano e rivendono rifiuti delle discariche, e sono quotidianamente sottoposti ad abusi sessuali o di altra natura. Sono nate di recente diverse organizzazioni femminili con l’obiettivo di avviare una serie di interventi sul territorio per prevenire e contrastare qualsiasi forma di violenza. E’ attualmente in corso una campagna mediatica (es: programma televisivo “Dietro la porta”), che si prefigge di sensibilizzare l’opinione pubblica su un problema così scottante. Il neo-Fondo delle Donne Mongole, la cui responsabile N. Chinchuluun è anche rappresentante dell’International Network of Women’s Founds, ha come scopo quello di raccogliere fondi e coordinare i gruppi di donne occupati sul fronte delle violenze sessuali. Molto attivo sul tema della prevenzione e rimozione delle molestie sessuali sui luoghi di lavoro è, invece, il “Movimento delle Donne Mongole”. E’ stato, inoltre, elaborato un disegno di legge, in attesa di essere approvato dal parlamento, contro la violenza domestica. In visibile ascesa è il tasso dei divorzi per violenza domestica, che è uno dei fattori per cui le donne cadono nella trappola della povertà.
Nel suo periodico rapporto alla Commissione per l’eliminazione della discriminazione contro le donne, la vice-ministra per la Salute e membro della Commissione nazionale per la parità di genere, N. Udval, ha evidenziato i limiti, dovuti alla perdita di specifici meccanismi nazionali, all’applicazione dei principi contenuti nella “Convenzione sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne” ratificata dalla Mongolia nel 1981. Tali limiti si manifestano nel regresso di diversi indicatori: aumentano la povertà (oltre il 25% delle donne con a carico 6 o più figli vive nella povertà più assoluta, con meno di 0,7 dollari al giorno), la mortalità materna (per via dell’elevato numero di aborti pericolosi), la violenza domestica e l’Aids. L’aspetto positivo è, invece, dato dal livello d’istruzione femminile in continua salita, dall’aumento del numero delle Ong femminili, di cui 30 stanno attivamente partecipando all’elaborazione di progetti per promuovere l’avanzamento delle donne nella sfera politica, sociale e professionale, e dall’intensificarsi dell’aiuto della comunità internazionale. Un passo importante è stata la sottoscrizione, lo scorso anno, di un Memorandum congiunto tra Mongolia e UNIFEM, che prevedeva uno studio approfondito sulla condizione delle donne mongole. Da questo studio è emerso che gran parte di esse vive in condizioni di salute precarie, legate a cattive condizioni igieniche, la necessità di diffondere i metodi contraccettivi a tutela della loro salute, e che la disoccupazione femminile è un fenomeno da non sottovalutare. Le donne hanno scarsa capacità di generare reddito. Per questa ragione il governo ha provveduto, in cooperazione con l’UNFPA e l’ILO, ad avviare un progetto che assegna 1.470 nuovi posti di lavoro alle donne e che prevede il loro accesso a formazioni professionali pratiche. Si rende, infine, improrogabile il varo di una legge che proibisca il traffico di esseri umani. Diverse ragazze mongole tra i 14 e i 28 anni sono vendute nei paesi asiatici e nell’Est europeo.
(22 gennaio 2007)
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