Assolutamente Cuba/2 - Intervista a Mariela Castro
Angelucci Nadia e Bartolini Tiziana Mercoledi, 28/12/2011 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Gennaio 2012
Il suo nome, Mariela Castro Espìn, è già un programma. Suo padre, Raul Castro, è l’attuale presidente di Cuba, fratello di Fidel; sua madre Vilma Espìn, è stata una leader della rivoluzione cubana, femminista, fondatrice della Federazione delle Donne cubane. Lei si occupa da anni dei diritti delle persone omosessuali e transessuali a Cuba ed è direttrice del Centro Nazionale di Educazione Sessuale di Cuba (CENESEX).
Che cosa vuol dire portare un nome così impegnativo?
Da una parte ci sono delle componenti affettive molto grandi. Il mio nome, Mariela, è uno di quelli usati da mia madre durante la clandestinità a Santiago di Cuba. Dal punto di vista del carico sociale e simbolico, invece, in relazione allo sguardo che gli altri hanno posto sui miei cognomi, devo dire che a volte lo vivo come un peso aggiuntivo ma nella maggioranza dei casi è una grande gratificazione perché è il nome dei miei genitori e mi ha avvicinato all’affetto della gente e alla comprensione di come, anche nel mondo, si guardi con amicizia alla rivoluzione cubana.
Lei si occupata di donne, genere, omosessualità, transessualità. A che punto è la rivoluzione cubana rispetto a questi ambiti?
Sono nata negli anni ’60 quando a Cuba già era in atto un processo storico, cominciato nel periodo delle lotte per l’indipendenza dalla Spagna, in cui le donne parteciparono pur con limiti dovuti ai pregiudizi dell’epoca, e culminato, dopo il trionfo della rivoluzione, con la nascita della Federazione delle Donne cubane, che è una delle organizzazioni della società civile più forti e di maggior impatto nella politica. “Le donne a Cuba sono state una rivoluzione nella rivoluzione”. Con questa frase Fidel Castro sintetiza l’empowerment delle donne a tutti i livelli della societa cubana, dentro un processo di profonda transformazione economica, politica, sociale e culturale. Questo non vuol dire che siamo soddisfatti, anzi facendo una valutazione abbiamo stabilito nuove politiche ad hoc soprattutto mettendo in discussione la scarsa rappresentanza delle donne negli incarichi più alti. A Cuba abbiamo fatto molti passi avanti soprattutto negli anni immediatamente successivi al trionfo della Rivoluzione: per esempio nel 1959 è stata stabilita per legge l’uguaglianza dei salari tra uomini e donne, l’aborto è stato istituzionalizzato come un servizio gratuito nel sistema sanitario nazionale ed è stato accompagnato da una serie di programmi di educazione sessuale su tutto il territorio.
E’ stata sposata con un cileno e poi con un italiano. Non vogliamo fare del gossip ma solo introdurre l’argomento maschilismo….
Tutte le società sono maschiliste e patriarcali pur dentro sfumature culturali differenti. Questo succede anche a Cuba e vuol dire che i meccanismi di dominazione dell’uomo sulla donna si perpetuano. In questi ultimi 50 anni, in cui abbiamo lottato fortemente per i diritti femminili, abbiamo capito che non basta che siano le donne ad avere un progetto di cambiamento ma che bisogna che lo abbiano anche gli uomini. Bisogna mettere in discussione il peso sociale storico che si portano dietro i ruoli, maschile e femminile, e ad analizzare verso quale luogo va portata la riflessione e il cambiamento di questi ruoli che danneggiano anche gli uomini.
Nel CENESEX vi occupate di educazione sessuale a partire dal concetto di genere e lavorate molto anche con la comunità omosessuale e transessuale.
Con tutti i gruppi con i quali ci confrontiamo lavoriamo sul principio del genere e sulle sue contraddizioni che portano con sé i pregiudizi e gli stereotipi che poi ritroviamo nei confronti delle persone omosessuali, transessuali, degli uomini e delle donne. Tutto nasce da come è stata costruita la relazione di potere tra i due generi.
La prostituzione a Cuba è uno stereotipo o la realtà?
Quando nel 1959 trionfò la rivoluzione, a Cuba c’erano più di 100mila prostitute che erano donne disperate, in condizioni economiche precarie e sottoposte ad uno sfruttamento violento. Uno dei primi compiti della Federazione delle Donne cubane è stato proprio quello di rispondere ai bisogni di queste persone, donne e povere. Molte erano al servizio dei marines americani nella base navale di Guantanamo. Con il cambiamento nello scenario socioeconomico, e con la penalizzazione del prosseneta e non delle prostitute, il fenomeno è stato notevolmente rimosso. Ovviamente con la crisi degli anni 90, e l’apertura del turismo come maniera di sopravvivenza del paese, il fenomeno della prostituzione è riemerso anche se in maniera diversa perché le donne cubane adesso sono istruite, hanno l’assistenza medica gratuita, hanno una società che offre risposte a molte delle loro necessità e dei loro diritti. Quindi è un fenomeno qualitativamente diverso rispetto a quello dell’epoca capitalista cubana. Certo esistono ancora meccanismi sociali che non mi sembrano giusti e sui quali, come CENESEX, stiamo lavorando perché si modifichino.
E’ arrivata anche in Italia la notizia di un suo scambio abbastanza forte, su Twitter, con la blogger Yoani Sanchez. Cosa è successo?
Semplicemente che sono entrata in Twitter annunciando di voler raccontare quanto accaduto in una mia visita al quartiere rosso di Amsterdam e lei, che è pagata dal goberno americano per distorcere la realita cubana, è intervenuta, mostrando la sua totale ignoranza su i temi trattati. Questa persona ha la completa libertà di espressione, anche molto più di noi perché è pubblicata su molti media internazionali. La gente è stanca di tutte queste falsità. La nostra società è basata sul dialogo e sulla partecipazione. Lei non partecipa ad alcuna attività, non vive la realtà di Cuba; se ne sta nella sua campana di vetro con il denaro facile che le arriva da fuori.
Lei è molto amata e stimata anche per le sue posizioni a volte critiche verso il governo. Quale è la sua opinione sui cambiamenti che stanno attraversando il suo paese in seguito al Congresso del Partito (PCC) di qualche mese fa e dei Nuovi Lineamenti di Politica economica che da lì sono usciti?
Innanzitutto voglio dire la mia posizione è ideologica, e nasce dalla mia formazione filosofica marxista, ma non ‘oficialista’. Il mio sguardo sul mondo è mediato dal pensiero marxista e da questo punto di vista analizzo criticamente la realtà, la storia e l’agire dell’uomo. Senza dubbio, a partire dall’ultimo Congresso del PCC, Cuba è entrata in una nuova fase. Nel 1959 la rivoluzione è stata fatta con un popolo che era basicamente analfabeta, sfruttato, impoverito e che nonostante questo ha messo in moto un processo partecipativo molto importante di coscientizzazione e acculturazione. La capacità di discernimento che ne è scaturita ha fatto sì che, a questo punto, siamo in grado di mettere in discussione quanto è stato realizzato fino ad ora e mettere in campo misure correttive, sempre nell’orizzonte della transizione verso il socialismo. Ci stiamo rompendo la testa, e l’anima per cercare di capire come far avanzare quel processo che dovrebbe portare all’emancipazione e alla fine dello sfruttamento degli esseri umani.
Pensa sia possibile mantenere l’anima socialista con le riforme che sono state fatte e che rivelano un’apertura al mercato?
Stiamo imparando a convivere con il libero mercato, che domina il mondo globale. Dobbiamo far funzionare la nostra economia in una maniera più effettiva e farlo sempre sulla base del principio del rispetto della dignità e libertà degli esseri umani. Questo è molto difficile perché l’umanità è cresciuta dentro un sistema fondato sullo sfruttamento e quindi è ancora più duro trovare nuovi meccanismi che ci permettano di uscire da questa visione. Siamo una società irriverente e scomoda, per questo riceviamo continuamente delle critiche, perché siamo disobbedienti al potere egemonico globale.
Lascia un Commento