Mercoledi, 10/04/2013 - Biblioteca Renato Nicolini ex Corviale.
via Mazzacurati 75
ore 9.00-10.30 (sessione tecniche di difesa personale) - per imaparare ad abitare il corpo con sicurezza
ore 10.40-11.00 antologia a tema delle persone libro
ore 11.05-13.00 (workshop:per costruire una narrazione autorevole
ore 13.00-13.10 danza collettiva (la forza è stare insieme) - sullo spirito della danza Haka Maori per creare potenza e solidità collettiva
"L'omicidio è già punito dalla legge, che bisogno c'è di fare distinzione in base al sesso della vittima?"
"Invece quando una donna commette un infanticidio tenendo il neonato nella borsetta per ore e gettandolo in un cassonetto è colpa della società maschilista, vero?"
"Questo mercato che ruota attorno alla balla del femminicidio (ancora nessuno mi ha mostrato un caso di donna uccisa in quanto donna, ma quasi solo di uxoricidi), sembra che si autoalimenti..."
Questi alcuni post, scritti da gente qualunque, in un Blog in cui si parla di femminicidio.
Le pubblicazioni sul tema cominciano ad affollare le vetrine declinando in vario modo gli eventi: storie dalla parte di lui, storie dalla parte di lei.
I Convegni e le giornate si susseguono: un tam tam capillare, e i relatori e le relatrici snocciolano dati sempre più inquietanti e si estende la rete degli attori che hanno qualcosa da raccontare: forze dell'ordine, operatori sanitari...
E intanto la guerra là fuori conta le sue vittime.
Perché di guerra si tratta.
Non è solo Adamo a essere contro Eva, a volte è Eva contro se stessa.
Paura.
A volte lei ce la fa e lui non lo sopporta.
Paura.
C'è chi la chiama rabbia, vendetta, gelosia... a volte io penso alla parola "invidia" mai indagata a fondo...
C'è un "tutto" culturale che non funziona. La menzogna del dato naturale che naturale non è: lui come predatore, lei preda, lui come simbolo stesso del potere, lei sempre serva o "complemento di".
Non regge più questo discorso così come non regge più la finzione dell'amore che invece è inferno.
La parola "paura" forse può dirci qualcosa sul perché, uomini e donne, scegliamo di infilare la testa dentro le sagome di cartone che il sociale ritaglia per noi ("così fan tutti"), obbedienti e ribelli nello stesso tempo agli Immaginari stereotipati che tutto costruiscono tranne che una relazione autentica della differenza di genere.Tranne che un discorso possibile di felicità.
Un uomo diventa un uomo crescendo: quand'era piccolo era tanto carino e affettuoso. Cosa gli succede dopo? Cosa diciamo a un bambino maschio su se stesso, la sua sessualità? Quando ha paura del buio, dei compagni di classe, del branco che lo isola o lo aggredisce, della prima ragazza di cui s'innamora, dell'ingombrante pulsione sessuale che lo abita... quale storia gli raccontiamo?
Una donna diventa una donna crescendo: com'era quand'era piccola? Le dicevamo spesso che le bambine devono essere "brave e buone"? Le abbiamo messo subito in mano giocattoli-destino per allenare la sua "vocazione" al servire? Se voleva andare a studiare in un'altra città le abbiamo dato sostegno? E cosa le abbiamo detto quando si è innamorata per la prima volta sentendosi inadeguata, brutta, e l'ultima della terra? Cosa sappiamo dei suoi desideri e delle sue paure?
E chi sono "questi noi": i genitori, gli insegnanti, gli amici? I medici?
Paura.
A volte ha il volto dell'Urlo di Munch. Un urlo senza suoni.
A volte balbetta narrazioni sconnesse che trovano la via più facile per superare l'impotenza e la rabbia: il gesto violento, il gesto che elimina ciò che non si è in grado di sopportare. Di gestire. Ciò che non ha voce.
Di queste paure vorremmo cominciare a narrare. Sì, narrare, perché è dentro le storie che abitiamo ogni giorno che definiamo noi stessi/e come personaggi e ci creiamo un futuro possibile. Storie di vissuti quotidiani, lavorativi. Storie che diventano competenze.
Un luogo per narrarle guardandoci in faccia: uomini e donne, esperti e non. Senza differenza. E un luogo in cui corpo e mente siano tutt'uno: "la persona" che è un'entità integra e non spezzata.
Anche il corpo ha paura. Anche il corpo è ingombrante se percepito come una debolezza o una preda o un luogo di possesso.
Per questo ci siamo inventate una "mattinata" dedicata al corpo e alla mente per costruire un'unica storia plurale.
"Io non ho paura": non è il titolo di un Convegno semmai del coro di voci che diremo insieme e che faremo circolare, tappa dopo tappa, in territori diversi.
Abbiamo voluto raccogliere il testimone lanciato dal XV Municipio di Roma(oggi XI) rispondendo a modo nostro: con la Cultura, quella che, se fatta dalle persone, sa porre le domande giuste e suggerire la strada per trovare le risposte adeguate a ogni persona.
Noi lo facciamo scegliendo i libri da imparare a memoria per trovare le parole... da condividere.
Grazie a: gli allievi del maestro Angelo Cialente (Obiettivo Karate di Roma), l'istruttrice di danza Ginevra Gigliozzi della Scuola Pura Vida la psicologa/musicoterapeuta Assia Corsi, Carla Cantatore dell'UDI Monteverde, Maschile/Plurale, la vigile Rosalba Pucciarello, il Centro antiviolenza Maree, e tante/i altri: avvocati, operatori del sociale, membri del circolo di lettura di Corviale, soci e socie di Donne di carta, pensionati/e, casalinghe/i, studenti, insegnati, artisti/e, bibliotecari/e.... Grazie.
Per informazioni e prenotazioni per la sessione "corpo": info@donnedicarta.org
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