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Intrecci di pensieri. Al femminile

Intrecci di pensieri. Al femminile

Perù/3 - "vorrei avvolgere di polvere d’oro Jani e Gloria Maria, Minela e Fabiola, Milagros, Dominga, Lucinda, Lucero, Nancy C. e Nancy G, le donne dei padiglioni A e B e stringerle in un abbraccio caldo e luminoso"

Prota Giurleo Antonella Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Febbraio 2009

La terza tappa del viaggio che compiamo in Perù, seguendo I’itinerario percorso da Antonella Prota Giurleo, ci porta nel carcere di massima sicurezza di Chorrillos. Qui, un gruppo di detenute del MRTA - Movimento Revolucionario Tupac Amaru -, sta scontando una pena per i fatti dell’Ambasciata giapponese di Lima del gennaio 1997* . Una corrispondenza epistolare ormai consolidata lega Antonella e, tramite lei il Gruppo Donne CGIL Giambellino Corsico, a queste donne e la sua visita in Perù è stata anche occasione per incontrarle e realizzare con loro una performance artistica. Il suo racconto ci restituisce l’emozione di un’esperienza di libertà laddove le mura di un carcere circoscrivono la possibilità di movimento.

“E in carcere continua l’avventura, altre donne, donne meravigliose. Conosco Jani, che dirige il carcere femminile e le sue collaboratrici dell’INPE, l’Istituto carcerario, Minela, Fabiola, Susana e le altre. Anche qui, in un luogo istituzionale, dove giungo con la mediazione di una lettera dell’ambasciatore d’Italia, mi colpiscono immediatezza, capacità di affrontare e risolvere i problemi, equilibrio tra sensibilità umana e rigore, capacità di leggere in sé stesse e nelle altre. Doti che ho incontrato spesso ma che sempre mi producono una sorta di incantamento.
Conosco Gloria Maria, responsabile delle Pubbliche relazioni dell’INPE, che vuole capire cosa desideri davvero fare questa artista che viene dall’Italia per proporre una performance con le detenute. E, per capire meglio, propone di realizzarne una, per prova, con le dipendenti. Così, nell’ufficio di Minela e di Susana, si intrecciano e si incrociano fili, si ragiona, si discute e si conviene di andare a presentare il progetto alle detenute.
Conosco già alcune donne del padiglione A: sono detenute politiche accusate di appartenere all’MRTA. Ci scriviamo da tempo e due anni fa ho potuto conoscerle di persona. Siamo amiche, ci vogliamo bene. In questo progetto per me c’è, forte, il desiderio di offrire loro un’occasione simbolica di libertà. E, per loro, il desiderio di uscire simbolicamente dal carcere attraverso un video e il legame con altre donne che, nei diversi luoghi, hanno partecipato alla medesima performance.
I fili dei gomitoli, che rappresentano le vite, si dipanano, si intrecciano; il patio del carcere è segnato da fili multicolori che permetteranno di sederci sotto ad essi a ragionare per decidere, poi, cosa farne. Voglio, devo, scattare foto per documentare l’esperienza, ma voglio anche partecipare, essere insieme alle altre, così, ogni tanto, abbandono la macchina nelle mani di Enrico, il docente di pittura, e mi intreccio, mi incrocio, poi riprendo la macchina, affidando il mio filo, viola, ad altre. E’ solo riguardando a casa le immagini che mi renderò conto dell’attenzione e della delicatezza con le quali Milagros, Lucero e le altre si sono poi occupate, mentre scattavo affannosamente cercando di riprendere il più possibile, di districare il filo della mia vita con quella cura particolare che è dettata dall’affetto. E, alla fine, il laboratorio di pittura e la proposta, da parte di Gloria Maria e di Jani, di ripetere l’esperienza con le donne del padiglione B. Anche qui l’esperienza è forte, incontro detenute comuni e detenute politiche, del movimento di Sendero Luminoso. Il mio iniziale disorientamento, dovuto al fatto che qui non ho relazioni, non conosco proprio nessuna, viene presto superato. E i fili si dipanano, si incrociano tra volti che si aprono spontaneamente al sorriso, si ricompongono in una treccia e in un insieme di pon pon. Mi affido alle parole di Dominga per descrivere l’emozione che abbiamo vissuto: ‘La performance mi è piaciuta molto; ho apprezzato il fatto che una persona deve annodare il proprio filo, che rappresenta la propria vita, partendo da un luogo che sia abbastanza sicuro perché non si sciolga o si rompa. Questa parte ha un significato importante, definisce la persona affinché possa costruire una vita degna, solidale e senza indifferenze.
Desidero anche precisare che il filo rappresenta e significa che noi, nelle nostre vite, dobbiamo partire dalla fermezza e creare ponti che ci servano da contatto con altre persone. Lunghi o corti, larghi o stretti, sicuri o insicuri, tutti i ponti hanno certamente qualcosa in comune, servono per unire due rive. Attraversandoli una persona sente in qualche modo che porta un messaggio all’altro lato. Anche noi, in quanto persone, siamo chiamate ad essere ponti per facilitare l’incontro, per superare dolori, per stimolare il perdono. Fare da ponte a volte costa, ma quando dà risultati la soddisfazione e la gratificazione sono grandi.Desidero essere per te un ponte, come un ponte sul fiume. Dal lato di qui sta il tuo oggi. Dal lato di là sta il tuo domani. Tra i due lati, il fiume della vita, a volte sereno, a volte turbolento, a volte traditore e a volte profondo e agitato. E’ NECESSARIO ATTRAVERSARLO per incontrarci tutti’. Un desiderio forte, sostenuto da tante donne, si trasforma in qualcosa di più ampio. Ed è una crescita incredibile che mi viene offerta dal dire e dall’agire di tante donne. Una crescita di cui sento l’importanza e la qualità nel mio essere, come se fosse così grande da non poter essere contenuta in me stessa, una crescita per la quale non sarà mai abbastanza l’enorme quantità di grazie che dovrei dire”.


* Il primo gennaio 1997 alcuni militanti del Movimento Revolucionario Tupac Amaru, guidati da Nestor Cerpa Cartolini, occuparono l’ambasciata giapponese a Lima, prendendo in ostaggio le persone che là si trovavano per il ricevimento del giorno di capodanno. Il gruppo richiedeva la liberazione delle proprie compagne e compagni in carcere e migliori condizioni per alcune situazioni di estrema povertà. Dopo mesi di apparenti trattative, il 27 aprile, l’esercito peruviano realizzò un blitz durante il quale i militanti MRTA furono uccisi.
(17 febbraio 2009)

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