Mercoledi, 30/04/2014 - “Se mi affido a un editore, è suo dovere trovare un modo per divulgare l’opera. Sono convinto che nessuno di noi esordienti si sia mai sognato di pubblicare con una casa editrice pressoché sconosciuta, tornare a casa, accendere la tv e ritrovarsi davanti a uno spot che inneggi all’idea dell’anno.”
In questi ultimi dieci anni l’editoria è profondamente cambiata, le case editrici sbucano come funghi e gli scrittori non hanno alcuna certezza di poter vedere il proprio libro nelle librerie delle maggiori città italiane.
Pierluigi Curcio ha scelto di pubblicare la sua ultima raccolta di racconti con l’autopubblicazione, dunque scavalcando qualsiasi casa editrice. Nasce dunque “Legàmi”, quattordici storie del mistero che indagano sul fenomeno del poltergeist, sulle sedute spiritiche, sulle case infestate da fantasmi inquieti, sui tetri cimiteri popolati da strane energie, su animali spaventosi ormai mitologici.
Dal 2006 pubblica i romanzi “Venedetta”, “Artorius”, “Il prezzo dell’odio”, “La stirpe dei re”; i racconti “Chiara & Congo”, “Ordinary man”, “Draculea”, “Dunnottar”, “Il volo dell’aquila”, “Wild West”, “Amanda”, “Chester House”, “Senza fine”.
Pierluigi Curcio è stato molto disponibile nel raccontarci qualche verità nascosta dietro alla sua raccolta ed alla sua carriera da scrittore. Buona lettura!
“Giro per casa. Non so dove andare. Le foto sono dove le ho lasciate, così come tutta la mia roba, i miei vestiti, la collezione di miniature. Tutto è come dovrebbe essere. Entro nello studio, mi stendo sul divano. Sono irrequieto. C’è silenzio. Troppo.” – Incipit del racconto “Legàmi”
A.M.: Dal primo romanzo, “Vendetta”, sono trascorsi otto anni. Ritieni che oggi il tuo modus scribendi sia mutato in qualche modo?
Pierluigi Curcio: Otto? Otto anni… in questo fantasmagorico arco di tempo che sembra esser trascorso con un semplice battito di ciglia, ne son cambiate di cose: ho conosciuto e perso persone, ho avuto nuovi amici e ne ho ritrovati altri. La mia vita è stata completamente stravolta nel corso di questo tempo, pur restando fondamentalmente sempre la stessa. Il Pierluigi di otto anni fa che si accingeva a scrivere di Embreis, Medved e Fearghal, si era lasciato irretire dalla scrittura di David Gemmell e, con timidi passi, si approcciava al mondo della scrittura. Accidenti se son cambiato. Lo stile fondamentalmente è sempre quello, ma oggi ho un occhio più attento. Ho imparato a conoscere e temere il nemico più infido che un addetto ai lavori conosca: il refuso. Sembra si annidi nascondendosi al di sotto dell’inchiostro per poi balzar fuori dopo la decima lettura oppure… proprio dopo aver dato l’ordine di stampa. Un vero incubo. Ho iniziato a scrivere portato dall’ispirazione, oggi come oggi posso dire di riuscirci anche sotto commissione e di essere in grado di destreggiarmi con discreti risultati su almeno tre generi: romanzo storico, horror, western. Cerco di essere meno impulsivo e di approfondire la caratterizzazione dei personaggi. Tutto hanno un quando, un perché e un come, anche le comparse destinate a sparire dopo solo poche righe.
Sì, il mio modus scribendi, è cambiato parecchio.
A.M.: “Legàmi”, un titolo che anticipa la connessione esistente fra i racconti della raccolta. Quanto è importante la scelta di un titolo per uno scrittore?
Pierluigi Curcio: Più che la connessione esistente tra i vari racconti, il titolo è ispirato a una delle quattordici storie scritte. Esistono persone che non smettono inconsciamente di cercarsi. Nonostante i dissapori, i dissidi, le scelte affrettate dettate dall’orgoglio o da quel che la vita gli mette davanti… continueranno sempre a sentirsi "legate". Il protagonista di questa storia lo capisce sin troppo tardi, ma il “tardi” è così relativo che il tempo per rimediare lo si trova anche dopo la morte terrena. Il titolo deve colpire, intrigare, deve abbinarsi con la storia e la copertina che andiamo a presentare… deve incuriosire e spingere il lettore a dire “Questo lo compro”. In genere li preferisco corti e d’impatto, facili da ricordare.
A.M.: Poltergeist, sedute spiritiche, case infestate, tesori, cimiteri, personaggi mitologici e storici che divengono i protagonisti di una raccolta da brivido. Quando nasce la tua passione per il mistery e paranormale?
Pierluigi Curcio: Forse non dovrei dirlo, ma ha radici decisamente profonde. Il paranormale in un certo qual modo, ha sempre fatto parte della mia vita. Da ragazzino, ci hanno pensato i miei nonni a “svezzarmi” con storie che, a lor dire, erano tutt’altro che fantasiose. Mia sorella poi… lei mi reclutava per vedere i vecchi film di Dracula, quelli in bianco e nero di una volta in cui bastava un solo sguardo di Christofer Lee per farmi nascondere sotto il tavolo.
A.M.: Nel racconto “Chupacabras” narri di un animale mitologico dell’America conosciuto da svariate testimonianze oculari. Quando hai conosciuto la storia del chupacabras e perché è diventato oggetto di un tuo racconto?
Pierluigi Curcio: Per la verità non sapevo molto dei Chupacabras, ma avevo necessità di variare, di inventare nuove storie che non fossero ripetitive. Quattordici racconti sul paranormale e il mistero non possono essere incentrati solo sugli spettri. Si rischia di annoiare e non potevo permettermelo.
A.M.: Fantastichiamo: ti sei reincarnato in Oliver, uno dei personaggi di “Legàmi”. Come si sarebbe comportato Pierluigi?
Pierluigi Curcio: Oddio, qui mi metti in imbarazzo, se parlassi di Oliver svelerei sulla storia più di quel che dovrei, invece, dato che ne ho già accennato in riferimento al titolo, ti dico che se dovessi reincarnarmi nel protagonista del racconto specifico “Legàmi”, non lascerei che la vita mi strappasse via l’amore della mia vita.
A.M.: Qual è il racconto che ha destato maggiori apprezzamenti da parte dei lettori? E quello che invece ha colpito di meno?
Pierluigi Curcio: Rischio di diventare ripetitivo, lo ha avuto proprio il racconto di cui sopra. Difatti è risultato il vincitore della seconda edizione del concorso letterario “Il cerchio di pietre” 2014. Quello meno avvincente? Onestamente non lo so, fino a oggi, nessuno ha avuto l’ardire di metterlo al bando e per me son tutti figlioletti della stessa penna. Qui sorrido.
A.M.: La scelta dell’auto pubblicazione. Qual è il tuo pensiero sull’editoria odierna?
Pierluigi Curcio: Eh, bella domanda. Fino a oggi ho pubblicato con diverse case editrici, sia in formato cartaceo che digitale. Sarà stato forse perché erano piccole, sarà stato che non ho trovato le persone giuste che mi abbiano saputo stimolare e dirigere, ma alla fine, la differenza con l’auto-pubblicazione sta tutta nei diritti d’autore.
Se mi affido a un editore, è suo dovere trovare un modo per divulgare l’opera. Sono convinto che nessuno di noi esordienti si sia mai sognato di pubblicare con una casa editrice pressoché sconosciuta, tornare a casa, accendere la tv e ritrovarsi davanti a uno spot che inneggi all’idea dell’anno.
Tutti noi siamo consci di affidarci spesso a soggetti di cui, fondamentalmente, non abbiamo mai sentito parlare prima del nostro repentino bisogno di pubblicare… però… però è dovere di quell’editore, fare di tutto per promuovere il nostro prodotto. In luogo di radio e tv, c’è la rete e, per quanto satura di autori, esistono buoni blog letterari seguiti da una cerchia di lettori che non attende altro di essere attratta dalla novità, da una storia che sappia tenerla incollata alla pagina, e lasciarla con un’ombra di rimpianto alla fine.
Sino a oggi ho dovuto contattare personalmente la maggior parte dei blog da cui ho ottenuto qualche recensione e un pizzico di visibilità. Non mi pare giusto tenendo conto del fatto che vengono trattenuti più dell’80%, in taluni casi anche il 90% dei diritti d’autore. Con l’auto-pubblicazione, male che vada, potrò prendermela solo con me stesso.
Le grandi per contro, penso badino a ottenere un repentino guadagno affidandosi a nomi più o meno noti, o che dimostrino di avere in rete un certo seguito. So che molti autori nuovi provengono proprio dal self e han dimostrato di saper vendere.
È quasi una guerra persa in partenza, almeno per me. Come e meglio del sottoscritto ce ne sono e saranno mille altri, ma ognuno di noi ha le proprie storie che rodono dal di dentro per essere gettate su carta e ognuno, ritengo, debba avere la possibilità di riuscirci. Quindi, alla fine, ben venga il self, sarà la selezione naturale e un pizzico d’intraprendenza in più a garantire al testo una sua nicchia.
A.M.: Hai in programma delle presentazioni del libro? Vuoi anticiparci qualcosa?
Pierluigi Curcio: Per la verità, no. Sono un pessimo istrione e non amo fronteggiare una platea di sconosciuti che non hanno la più pallida idea di quel che abbia scritto, né trovo sia normale che sia l’autore a convincerli della validità della propria opera. Sempre fedele al detto “chi si loda s’imbroda” preferisco che siano altri a parlarne… sempre che si trovi qualcuno disposto a esporsi ed a crederci.
A.M.: Salutaci con una citazione…
Pierluigi Curcio: “Sperare che il mondo ti tratti bene perché sei una brava persona, è come pensare che un toro non ti attaccherà perché sei vegetariano.” (Dennis Wholey)
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