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Intervista di Alessia Mocci a Giovanni Nebuloni per l’uscita di “Inferno a Milano – La nota nella no

Intervista di Alessia Mocci a Giovanni Nebuloni per l’uscita di “Inferno a Milano – La nota nella no

Un gruppo di sicari appartenenti ad una congrega russa, la protagonista femminile ormai costante nei romanzi dell’autore, la musica che interagisce con i metalli alterandoli, la velata citazione ad Isaac Asimov, l’uso caparbio del Fact-Finding Writing

Martedi, 20/09/2016 - Lo scrittore milanese Giovanni Nebuloni è proofreader di traduzioni da russo, tedesco ed inglese nella sua società. Nel 2010 fonda la Fact-Finding Writing (scrittura conoscitiva o scrivere per conoscere), una sorta di conoscenza pari o forse superiore rispetto ai paradigmi del saggismo filosofico, storiografico o scientifico.

La sua prima pubblicazione risale al 2007 con “La polvere eterna” (Edizioni di LucidaMente), segue nel 2008 “Il disco di Nebra” (inEdition Editrice) e “Fiume di luce” (Il Filo), nel 2011 pubblica “Dio a perdere” (Prospettiva Editrice), e nel 2012 pubblica il suo quinto romanzo “Il Signore della pioggia” (I libri di Emil). Del 2013 “Viaggi inattesi” edito da Amande, segue nel 2014 “L’umile forma dell’immortalità” edito da I libri di Emil, del 2015 “Nel nome dell’Universo” per 13Lab, e per la stessa casa editrice troviamo nel maggio 2016 il suo nono ed ultimo romanzo “Inferno a Milano. La nota nella nota” di cui oggi parleremo in modo approfondito con lo stesso autore.

Un gruppo di sicari appartenenti ad una congrega russa, la protagonista femminile ormai costante nei romanzi dell’autore, la musica che interagisce con i metalli alterandoli, la velata citazione ad Isaac Asimov, l’uso caparbio del Fact-Finding Writing, ed altro ancora nell’action-thriller “Inferno a Milano. La nota nella nota”.

Ma sarà Giovanni Nebuloni a raccontarci qualcosa di più, e spero che le sue parole possano incuriosirvi abbastanza portandovi non solo a leggere il suo nono romanzo ma anche i precedenti che consiglio vivamente.



A.M.: Ciao Giovanni, è un piacere rincontrarti dopo quattro anni dall’uscita de “Il Signore della Pioggia”, ed in tutto questo tempo sei stato uno scrittore prolifico ed attento. Oggi parleremo della tua ultima fatica “Inferno a Milano – La nota nella nota” edito da 13Lab Editore Milano, con il quale hai pubblicato anche “Nel nome dell’Universo” nel 2015. Questa tua conferma editoriale mi fa dedurre che tu ti sia trovato molto bene con la casa editrice e questo non può che farmi piacere. Ma iniziamo pure “l’interrogatorio”… Possiamo definire “Inferno a Milano – La nota nella nota” un action-thriller con una trama ad incastro che ricorda le matrioske. Il sottotitolo è esplicativo “La nota nella nota”. Ci puoi narrare la logica che ti ha portato alla stesura del romanzo e la scelta didascalica?

Giovanni Nebuloni: Ciao a te e a tutti i miei lettori e… grazie. Per rispondere a questa tua prima domanda, seguo i dettami della corrente letteraria da me fondata nel 2010, della quale si parla anche qui, in questa stessa intervista successivamente. Pertanto, le mie storie devono essere innanzitutto nuove, originali. Ho sempre molto da raccontare. Da parecchi anni, annoto in file qualsiasi idea di narrazione che ritengo possa essere degna di nota e in ogni momento posso andare a ripescarne una o più e svilupparle. Nella stesura di questo romanzo – il nono – ho voluto evidenziare come un corpo estraneo, un’entità straniera possa mettere a rischio, far traballare le fondamenta, seppur solide, d’una metropoli, e minare quindi il mondo. Di conseguenza il messaggio è: “Non abbassiamo mai la guardia, perché il male è una bestia insonne”.



A.M.: Massimo Ferlinghetti, nell’introduzione di “Inferno a Milano – La nota nella nota”, trattando la questione pubblicità e fortuna paragona l’artista ad un atleta che salta in alto, ma sono i giudici di gara a stabilire l’altezza del salto. Trovo molto seducente questo parallelismo e ritengo sia davvero appropriato. Che cosa hai provato leggendo le parole di Massimo?

Giovanni Nebuloni: Massimo Ferlinghetti è colui che ha eseguito anche l’editing del romanzo di cui stiamo parlando. È un giornalista free-lance e conosce l’ambiente.



A.M.: Una peculiarità che vorrei mettere in luce è che il romanzo presenta 290 pagine ma, la sottile e raffinata trama si svolge in sole 80 ore. Restando sulla numerologia: in quanto tempo hai scritto “Inferno a Milano – La nota nella nota” e quanto è durata la revisione prima della stampa definitiva?

Giovanni Nebuloni: Il tempo circoscritto in pochi giorni è una caratteristica di tutti i miei romanzi, affinché la narrazione sia incalzante e perché il lettore, una volta che mi abbia preso con sé, non mi abbandoni tanto presto, non prima dell’ultima pagina. La realizzazione di questo romanzo ha richiesto due anni circa e non prevedo mai una fase specifica, a sé stante di revisione, ma un’attività continua di limatura e avanti e indietro, che avviene contemporaneamente alla scrittura. Per esempio, arrivato a pagina duecento, è facile che mi senta di riprendere i due capitoli da pagina dieci, rivederli e passare alla pagina cento prima di tornare alla pagina duecento. Il mio è un lavoro che implica un andirivieni ininterrotto, fino alla stesura definitiva.



A.M.: Un particolare inquietante di “Inferno a Milano – La nota nella nota” è la scena del night nel centro di Milano, nel quale l’assolo di un sassofono attiva la sconvolgente auto-chiamata dello smartphone di uno dei personaggi. Quale rapporto hai con la musica e quanto il sassofono, oltre ad esser incastonato nella copertina, è per te simbolico?

Giovanni Nebuloni: Mio padre suonava sax contralto (marca Grassi), sax tenore (Selmer) e clarino in si bemolle (Buffet Crampon). Non ho dedicato questo romanzo in sua memoria perché l’ho già fatto con il mio settimo romanzo, “L’umile forma dell’immortalità” (anche in questo la musica è fondamentale). Faceva anche jazz, non con la tecnica di Parker o Coltrane, ma con lo stesso trasporto, con lo stesso cuore dei più grandi jazzisti e io conosco il sax, si può asserire, da prima di nascere, quando ancora nel grembo di mia madre e la musica jazz, classica e rock è parte imprescindibile della mia vita. Ora, in realtà, il sax del romanzo fa sì che uno smartphone chiami se stesso con “la nota nella nota” del sottotitolo del romanzo, cioè un particolare modo di suonare assolo jazz del quale, per ovvie ragioni, non posso dire altro e lo scoprirà il lettore. Qui posso dire invece che un tale evento non è scientificamente e tecnicamente impossibile. Infatti, un suono – un fenomeno fisico paragonabile al moto ondoso dell’acqua – con determinate altezza, intensità e timbro può far vibrare per risonanza certi materiali, anche i micro componenti dei circuiti hardware, cioè del microprocessore, di un cellulare, e far sì che i componenti cambino di stato. I computer ragionano in binario: 0 e 1 e se le note del sassofono fanno cambiare di stato a più componenti – da 0 a 1 o viceversa – è possibile che le note del sax causino la formazione della sequenza di 0 e 1 che costituisce la chiamata del cellulare a se stesso. En passant, qualcosa di simile accade nel film Eagle Eye del 2008, con i noti attori hollywoodiani Shia LaBeouf e Michelle Monaghan, ispirato al racconto di Isaac Asimov “Tutti i guai del mondo” e dove le note di una tromba innescano un ordigno esplosivo.



A.M.: Ed ora la domanda nasce spontanea: gli eventi narrati sono in toto partoriti dalla tua immaginazione oppure attingono dalla realtà milanese?

Giovanni Nebuloni: C’è una parte di realtà: quante società russe (e orientali) hanno acquistato e stanno trattando l’acquisto di immobili e altre società milanesi? Si pensi alla partecipazione russa alla Pirelli, anche ai proprietari russi delle squadre di calcio del Chelsea, del Monaco, del Bari, e ai cinesi di Milan e Inter. Questo mio ultimo romanzo si potrebbe condensare come: “In bilico tra realtà e fantasia, l’acquisizione economica di Milano da parte di un’organizzazione russa è il preludio alla conquista del mondo” e più nello specifico, la narrazione di “Inferno a Milano – La nota nella nota” s’avvia in una prima serata di settembre. Siamo a Milano, in viale Regina Margherita. Una zona residenziale, in un palazzo d’epoca dove i due figli del più grande possidente italiano stabiliscono il parricidio, poco dopo vengono invece assassinati, assieme al padre e a cinque guardie del corpo. I sicari del commando appartengono a una confraternita russa e dileguandosi dal luogo dell’efferata strage – l’edificio a cui hanno appiccato un devastante incendio per distruggere qualsiasi traccia del loro intervento –, s’imbattono in una volante della polizia, sopraggiunta per constatare gli effetti del rogo. Ne colpiscono a morte l’agente alla guida e per circostanze a lei favorevoli, risparmiano la vita a Livia Ferrari, la collega sul sedile a fianco. Un ispettore non ancora trentenne che sta svolgendo indagini inerenti a misteriose e molto consistenti compravendite immobiliari e di società, in Lombardia e a Milano in particolare e la protagonista del romanzo. Segue immediatamente quella che sarà una chiave della trama (si veda il sottotitolo “La nota nella nota”). Cioè la strana, inquietante e, almeno per la confraternita, intrigante funzione dello smartphone d’un monsignore cattolico – un membro della confraternita – che, in un night in centro a Milano, senza intervento alcuno da parte dell’utente, ma alle note di un assolo di sassofono, chiama se stesso (“la nota nella nota”). Il monsignore abbandona precipitosamente il night. Si reca da una suora ortodossa amica, nella vicina chiesa ortodossa di San Vito in Pasquirolo, a pochi metri da San Babila, dove, per un litigio con uno dei sicari di cui sopra, il monsignore viene ucciso. La confraternita inquina la scena del delitto e l’ambientazione si sposta a Tula, una città a cento chilometri da Mosca. Nell’enorme caverna sotterranea ricavata alla sua periferia, e abitata da un migliaio di devoti fedeli, il capo della potentissima confraternita conferma subito che un cellulare che chiama se stesso può essere di fondamentale importanza per la confraternita. In quanto per la stessa – o per l’associazione religiosa anche criminale derivata da antiche sette russe –, per i lori riti, una certa musica è imprescindibile. Con il compito di stabilire l’esatta situazione attuale milanese, e di fare piena luce sulle caratteristiche della “nota nella nota”, il capo delle sette risorte destina a Milano, in incognito, uno degli adepti, il ministro per l’economia della Federazione Russa. Siamo tornati dunque a Milano, da qui non ci si sposterà più fino alla scena finale e… ma stiamo parlando di un thriller e andare oltre non sarebbe opportuno…



A.M.: “Inferno a Milano – La nota nella nota” e Fëdor Michajlovič Dostoevskij: che cosa accomuna il tuo romanzo al grandissimo scrittore e pensatore russo?

Giovanni Nebuloni: Il caro Dostoevskij scrive delle sette russe di cui parlo in questo mio ultimo romanzo nei suoi romanzi “I demoni” e “L’idiota”.



A.M.: Ripercorrendo il tuo passato penso sia doveroso citare la corrente letteraria che hai fondato nel 2010, la Fact-Finding Writing, che si occupa di scrittura conoscitiva o per dirla in altre parole “scrivere per conoscere”. Anche quest’ultimo tuo romanzo è un esempio concreto di commistione tra linguaggio cinematografico e linguaggio letterario in una sorta di visione continua dei personaggi che vengono esposti al lettore come se fossero ripresi da una telecamera nascosta. Quanto è grande la tua passione per il cinema?

Giovanni Nebuloni: Devo prima dire in breve cos’è la Fact-Finding Writing, o FFW, e cioè, con l’umile spirito dell’artista artigiano – d’una persona che ama il proprio lavoro e che opera per realizzare se stesso e offrire qualcosa agli altri –, l’obiettivo della FFW – scrittura conoscitiva o scrivere per conoscere, mediante la narrazione – è di conoscere e non smettere di conoscere. Non conosco altre correnti letterarie attualmente vive non solo in Italia e scopo della FFW è, fondamentalmente, la trasposizione e la trasformazione dell’impulso naturale, congenito nell’uomo, che tende alla conoscenza, mediante la parola scritta, di solito più ponderata dell’espressione soltanto. Ciò che ci differenzia da qualsiasi altra forma di vita su questa terra è la parola scritta. Siamo diventati ciò che siamo, ci siamo evoluti grazie alla scrittura e non vedo perché grazie alla scrittura non si debba conoscere ulteriormente. La letteratura può comprendere qualsiasi altra attività mentale, dalla scienza alle religioni. Il contrario non è vero e perché, tramite la letteratura, non cercare di avvicinarsi al segreto dell’universo? C’è forse qualche disciplina o credo che possa asserire, che sia in grado di provare la determinata verità di una teoria scientifica o l’esistenza, reale e razionalmente dimostrabile, di un Dio? A proposito del nome, mi domandai come chiamare questo indirizzo culturale e ricordai che “Fact-Finding Writing” è un’espressione utilizzata nel linguaggio forense americano, per indicare l’indagine sui fatti durante un procedimento giudiziario, mentre nella comunicazione è la scernita per importanza delle notizie. Decisi di prendere tale espressione e rivolgerla all’indagine generale e universale che solo la letteratura può svolgere. E poi l’inglese sta diventando sempre più la lingua universale e non c’è un italiano che non mastichi, almeno un poco, la lingua di Shakespeare. Il logo della FFW non poteva essere che la fotografia della Via Lattea, la nostra galassia… perché una fotografia dell’intero universo non esiste ancora. Il cinema? Per un romanziere del XXI secolo tenerne conto è imprescindibile. Siamo nell’era delle immagini e il mio stile tiene d’occhio il terzo occhio, il cinema, più che il teatro. “Nell’ottica” stilistica, obiettivo della FFW è avvicinare il linguaggio cinematografico al linguaggio letterario. Vorrei che per il lettore la pagina diventasse “una videata da leggere” – non solo mediante dispositivi digitali –, uno “schermo di carta” che però si possa piegare fisicamente. I personaggi vengono “ripresi” come da una telecamera, con la quale ci si addentra però anche nell’interiorità, dentro la psiche. Nei miei personaggi, tendenzialmente m’immedesimo come può fare un attore alla Strasberg o Stanislavskij. Come in un film, i personaggi si descrivono anche attraverso le loro parole. I dialoghi, anche privi di didascalie, vorrebbero far sì che la pagina su carta o a video venga percepita come “una visione continua,” cioè sempre come in un film.



A.M.: Ci sono in programma presentazioni di “Inferno a Milano – La nota nella nota”? Puoi anticiparci qualcosa?

Giovanni Nebuloni: Sono previste alcune presentazioni a Milano, per esempio in una libreria prossima all’Università della Bicocca milanese, in uno o più circoli culturali, ma si devono stabilire ancora le date. Con la casa editrice, 23Lab Editore Milano, parteciperò alla manifestazione “BookCity” che si terrà a Milano a novembre, e alla prossima Fiera del Libro di Milano nell’aprile 2017.



A.M.: E come mio solito, a fine intervista, mi piace chiedere di salutare con una citazione…

Giovanni Nebuloni: Una citazione che rispecchia lo spirito di tutti i miei romanzi, che si concludono sempre con un moto deciso e inarrestabile verso la speranza, una citazione da Pene d’amor perdute del caro William Shakespeare: “Nei momenti estremi, il tempo conforma tutte le cose alla sua estrema urgenza e spesso, proprio al culmine della parabola, risolve in un punto quello che in lunghe stagioni non era riuscito a risolvere.”



Written by Alessia Mocci



Info

http://www.13lab.it/ecommerce/42-giovanni-nebuloni

https://www.facebook.com/FactFindingWriting/

https://www.amazon.it/Inferno-Milano-nota-nella/dp/889963307X

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