TRENTENNI DI OGGI / 2 - "La questione del lavoro è un nodo centrale, anche se non l’unico."
Macrì Doriana Lunedi, 24/10/2011 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Ottobre 2011
Trent’anni compiuti da poco, laureata in antropologia a Parigi e con un dottorato da concludere, giornalista pubblicista. Vegetariana da sedici anni. Una grande passione per la politica e l’ecologia. Amante dei gatti. Donna, molto attenta alla questione di genere.
Credi che in Italia le trentenni abbiano la possibilità di diventare protagoniste in qualche settore e/o di realizzarsi pienamente?
Sono convinta che anche in Italia esistano casi di donne giovani pienamente realizzate, ma io non ne conosco nessuna. A pensarci bene è inquietante…Infinite volte mi sono sentita dire “sei ancora giovane”. A trent’anni compiuti capisco l’inganno e ruggisco: mentre all’estero le mie coetanee hanno carriere avviate e sono rispettate nella loro professionalità, da noi a quest’età è normale sentirsi ancora un’apprendista, chinare la testa, accettare qualsiasi compromesso. La questione del lavoro è un nodo centrale, anche se non l’unico.
Spesso si è costrette a combattere contro contratti inesistenti o della durata di una stagione, con condizioni economiche più o meno umilianti alle quali sembra di non potersi ribellare, con un desiderio di famiglia e maternità che si deve far slittare sempre più in là e finisce con il confliggere con l’avanzare dell’età. Non ci si può sentire "pienamente realizzate" in questo modo.
E comunque la parola protagonista in Italia è un ossimoro se usato insieme a “donna”. Non riesco proprio a trovarne degli esempi in questo momento storico. Anche Camusso e Marcegaglia, che pure sono state una grande novità, mi sembra siano difficilmente riconosciute come protagoniste. Come non lo sono le donne politiche, costrette in ruoli di manovalanza e rappresentanza, mentre altrove guidano partiti, ministeri, governi. (Proprio in questi giorni in Danimarca una donna quarantacinquenne, madre di due figli, è alla testa del Partito Socialista nelle elezioni parlamentari). Sembrava che lo sport fornisse infine modelli da imitare per le più giovani, come nel caso di Federica Pellegrini, e invece anche lì l’estetica e la notizia scandalistica hanno preso il sopravvento nei media, imponendo sempre un uomo accanto alla sua immagine. È triste.
Cosa ti aspetti dal presente e dal futuro?
Nel presente sto ottenendo (quasi) esattamente ciò che desideravo. Mi trovo per sei mesi in Canada in una delle sedi delle Nazioni Unite per uno stage su biodiversità e comunità locali/indigene, in uno speciale programma sulla coevoluzione e l’interdipendenza della diversità culturale e biologica. Un sogno che finalmente si è realizzato!
Nel futuro la scelta sarà drastica. So che in Italia non potrò trovare un lavoro soddisfacente sia sul piano dei contenuti che delle condizioni contrattuali, quindi sto cominciando a cercare un’opportunità professionale nelle organizzazioni internazionali. Da un lato è difficile pensare che molte persone che ami saranno sempre comunque lontane da te, in Italia, ma essere soddisfatta di quello che faccio è una priorità che voglio avere e per il momento quella mi sembra l’unica strada percorribile.
Quanto l'essere donna ha influito nel tuo percorso di vita personale, lavorativo, formativo? Sei stata aiutata da altre donne?
Fino ai quindici anni circa rifiutavo di essere una ragazza. Avevo il terrore che mi crescesse il seno e molta paura di essere ingabbiata in categorie femminili. Ho imparato ad amare questa opportunità solo una volta giunta a Parigi, città vera dove ho potuto crescere libera. È stato allora che ho capito che come donna potevo scegliere di essere ciò che desideravo, e mutare con facilità.
Credo di non averlo mai sperimentato in prima persona, ma mi sono trovata spesso in situazioni dove la discriminazione di genere è una regola ed essere una donna si rivela un ostacolo. Penso ad esempio al fatto che anche in campo accademico umanistico - dove l’analisi della riproduzione sociale dovrebbe essere pane quotidiano - i maschi ottengono molto spesso dei contratti di ricercatore o assistente e le femmine quello di segretaria o collaboratrice generica. Però poi entrambi fanno un lavoro di ricerca.
Non è un caso se l’Italia si trova al penultimo posto tra i Paesi europei (dopo di noi solo Malta) nella classifica Ocse sul divario di genere…
In politica sì, sono certa che l’essere donna abbia influenzato direttamente la mia esperienza. Alcune battute all’apparenza naïves ma profondamente misogine si sono incise nella mia memoria, tanto quanto mi hanno segnato negativamente quelle occasioni in cui il genere ha determinato l’invito a parlare o a essere presente a un evento. Sentirsi ed essere trattate da “quota” è una cosa che proprio non sopporto e credo che queste piccole umiliazioni minino sia l’autostima che il desiderio di continuare con l’impegno politico.
Cosa pensi abbia fatto la tua generazione per l'Italia e cosa deve fare ancora?
Credo che la miglior cosa che la mia generazione abbia fatto per l’Italia sia stata andarsene.
Penso che se mai il nostro Paese ricomincerà un giorno a essere vivibile e presentabile, sarà solo grazie a chi se ne è andato trovando poi la forza di tornare. Ci hanno davvero fregato con questa storia della fine delle ideologie, hanno distrutto con la violenza e la denigrazione il nostro movimento altermondialista (ero a Genova anche io nel luglio del 2001 e per quasi due anni dopo quei giorni sono stata spenta dagli attacchi di panico, i problemi alla vista, l’insicurezza; a lungo non mi è stato più possibile unirmi alla folla per manifestare).
Basta con le ideologie, basta con gli ideali, basta anche con le idee che in Italia sono poche, portate avanti sempre dagli stessi uomini - spesso anche piuttosto vecchi, con la sindrome del dio in terra - e ripetute da una popolazione cui è stata pian piano infilata la sabbia nel cervello. Ho provato spesso a chiedere “come vorresti il mondo di domani, l’Italia del futuro” ma la risposta generalmente è: “con gli insegnanti pagati meglio, con i giudici che facciano il loro mestiere, con meno corruzione”. Ma questa non è un’utopia! È solo la piccola modifica di una realtà ingiusta! La mia generazione deve reimparare ad avere dei sogni attraverso i quali guardare il mondo, perché (forse, un giorno, anche in Italia) sarà lei stessa a poter fare qualcosa...
P.S. Sono convinta che la mia generazione debba anche diventare felicemente ecologista altrimenti altro che utopia. Se non modificheremo i nostri comportamenti e valori, passeremo il futuro a tamponare le situazioni di crisi, le emergenze ambientali e la mancanza di risorse naturali.
Hai avuto delle 'maestre' di vita? Chi sono?
Questa è una domanda difficile. Non sono mai stata una persona che si affida totalmente e ci sono molte donne che ammiro per diverse ragioni. La mia insegnante di filosofia del liceo, forse, è stata la prima a mostrarmi come una donna che pensa, che sa, che parla e condivide, sia una donna bellissima. Spesso ho desiderato di diventare come lei. Non l’ho fatto, ma è stata un forte incentivo.
Sembrerà un cliché, ma voglio dire che mia madre è una vera maestra di vita. Mai altrove ho trovato un eguale livello di integrità e generosità, valori fondamentali ai miei occhi.
Quali sono, secondo la tua esperienza, le differenze o le analogie della situazione delle trentenni fra l'Italia e l'estero?
Proprio ora, in Nord America, sto sperimentando le differenze più grandi. Le giovani donne di qui mi appaiono come delle forze della natura! Mai tollererebbero una battuta maschilista, un apprezzamento per strada, una discriminazione. Vestono in modo libero e fuori dagli schemi, usando i colori, e quando decidono che è importante stare comode non si fanno scrupoli. In generale comunque, anche in Europa Centrale, le giovani mi sono sempre apparse come più decise, più fiduciose nelle loro potenzialità.
Io ho sentito sempre solo amiche italiane dire cose come “magari non sono all’altezza, non sono abbastanza preparata, forse sono troppo giovane per permettermi di...”, magari rinunciando a posizioni o a offerte di lavoro. Questa mancanza di auto-affermazione ha un impatto diretto sulla società e credo bisognerebbe andare seriamente ad analizzarne le cause per cambiare le cose!
C’è una frase di Arundhati Roy che spesso tengo a mente - “Another world is not only possible, she is on her way. On a quiet day, I can hear her breathing”- ma per il momento la trovo credibile solo quando sono al di fuori dei confini dello stivale.
Quanto ha influito l'esperienza all'estero nella tua formazione e nella realizzazione professionale?
È stata semplicemente fondamentale. Senza la decisione di partire per la Francia appena finito il liceo e senza nove anni di vita a Parigi sarei una persona completamente diversa. E mai tornerei indietro. Per nulla al mondo scambierei le mie tre lingue straniere, i luoghi visitati e vissuti, le migliaia di persone da tutto il mondo incontrate, il capitale culturale acquisito.
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