Lunedi, 10/06/2013 - Gente (non) comune: donna custode dell’infinito
Intervista a Ester Riposi, Irina la “ragazza in bicicletta”
Ester Riposi (Irina) nasce a Villa di Villa di Mel nel 1911. Frequenta la scuola elementare a Trichiana, paese natale della madre. Dal 1937 al 1943 lavora a Roma come bambinaia. Coordinatrice del gruppo di staffette DEL Comando Militare Zona Piave nell’inverno ’44-’45, a guerra finita affronta da privatista gli studi superiori. Dopo un’esperienza di lavoro in Svizzera, nel 1949 ritorna a Roma. Impiegata nella direzione del PSLI e nella redazione amministrativa del quotidiano “La Giustizia”, negli anni ’60 entra alla Camera dei Deputati dapprima come stenografa gettoni sta e poi come aiuto bibliotecaria di ruolo. Lascia la capitale nel 1989 per ritornare a Belluno.
Nella presentazione al volume intitolato “Ester e Letizia, memorie di donne bellunesi”, la curatrice Paola Salomon narra di come sia nato il suo libro nell’ambito di un progetto di ricerca sul mondo femminile bellunese perseguito dall’ISBREC.
Ho avuto il piacere e l’onore di conoscere Ester a Pejo, in provincia di Trento, nel corso di un comune periodo di vacanza per due anni consecutivi. Non ero al corrente ancora della sua incredibile vita di partigiana e non solo ma ho conosciuto una persona vitale, energica, intelligente con una memoria straordinaria. Dopo aver letto la biografia da lei stessa scritta, desidero con tutto il cuore inserirmi in quella genealogia femminile, di cui parla Maurizia Bordin all’inizio del libro, che a ritroso nel tempo ha formato Ester e che per l’avvenire formerà me.
Pensi che le donne oggi sentano di meno la passione civile?
Assolutamente no: le donne, già da alcuni anni, sentono profondamente il bisogno di vivere con “passione civile”, dimostrando le loro doti naturali, che sono, per me, i valori più importanti nella famiglia italiana.
Ha senso ancora parlare di memoria? In quali termini?
Sono del parere che ha sempre senso parlare di memoria, altrimenti ci si perde nella vita e non si riesce ad andare avanti, proprio come accade oggi.
Concordi con la forza femminile di fare le cose di cui parla la curatrice nella presentazione?
Sono assolutamente d’accordo con tutto ciò che ha scritto nell’introduzione del nostro libro, e ancor di più con quello che ha detto il giorno della presentazione: affermazioni ritenute eccezionali da tutte e due le autrici.
Come sei diventata responsabile della sezione collegamenti del Comando Militare Zona Piave nel ’44?
Agli inizi dell’autunno del 1944, dopo la tragica situazione che si andò a creare tra noi partigiani e i militari nazisti, quando il comando alleato ci diede il “ si salvi chi può “: ci ritrovammo con la volontà di ricostruire i comandi partigiani in tutte le loro “gerarchie” (Brigate, Battaglioni e Divisioni). Accadde che il comando militare “Zona Piave” assegnò proprio a me il compito di guidare una di queste formazioni all’interno della mia provincia e anche oltre i nostri confini, nella “terra trevisana”. Così presi il comando di un gruppo femminile di oltre trenta ragazze, indispensabili perché il movimento partigiano potesse sopravvivere, come scrive nel suo libro “Il momento buono” Mario Bernardo, giornalista trentino ma a quel tempo - 1944 - capo di stato maggiore di una divisione partigiana.
Nella tua biografia si parla spesso di riprogettare il futuro, il tuo futuro: cosa te ne ha dato la forza? Quanto conta il sacrificio personale? Cosa ti hanno insegnato la fame e la povertà? La voglia di riscatto? Trovo che l’episodio dei “gardus”, dei maggiolini sia illuminante…E’ impensabile per i giovani di oggi!
L’esperienza vissuta fin da giovanissima, quella di mio padre spesso disoccupato, nonostante fosse un eccellente fornaio, perché, essendo socialista, non aveva mai voluto accettare la tessera fascista, mi ha dato forza di pensare al mio futuro.
Di tutte le tue occupazioni, quale hai preferito?
Ho preferito il periodo trascorso alla camera dei Deputati, ovviamente. Infatti a quei tempi quando qualcuno di noi attraversava il famoso “Transatlantico” e incontrava i parlamentari di allora, in noi c’era molta commozione perché spesso molti di loro avevano vissuto accanto a noi la guerra e la Resistenza e i più anziani anche l’antifascismo!
Quali sono le attività attualmente della commissione Provinciale delle Pari Opportunità di Belluno? E i progetti futuri?
Avendo terminato il mio impiego nel 1978, non sono molto informata, anche perché la stampa ne parla di rado.
Quale pensi che sia il futuro dell’Europa, tu che hai visto nascere partecipando alle sessioni del Parlamento a Lussemburgo e a Strasburgo?
Rispondo alla tua intervista in data 2 novembre, il giorno dei Morti, e se stamattina non mi sono sentita male ascoltando le notizie che ci trasmettono i mas- media di ogni tipo, nonostante i miei 90 anni, vuol dire che sono ancora forte e fiduciosa nel futuro dell’Europa Unita. Che altro se no?
Cosa si prova ad avere una pistola in mano?
L’ ho avuta in mano solo una volta: in un trasporto dalla zona di un attacco contro un comando tedesco alla casa di un partigiano ferito gravemente, ma ancora oggi fortunatamente in vita.
Mi pare che prendi le distanze dal femminismo…
A me pare che oggi sia alquanto superato il concetto di femminismo. Al tempo della nascita del partito radicale, a Roma, lo frequentavo con interesse. Conosco bene sia Pannella che la Bonino e le altre di quel tempo. Ma oggi, è meglio superarlo cercando di crescere, soprattutto per quanto riguarda le nuove generazioni che, adeguando la loro vita alle esigenze dei tempi che stiamo vivendo, non hanno bisogno di dividersi.
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