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Intervista a Betty Leone - di Guendalina Di Sabatino

Intervista a Betty Leone - di Guendalina Di Sabatino

"Se si investe sulla spettacolarizzazione della politica, quando lo spettacolo finisce le luci si spengono e i problemi rimangono"

Giovedi, 16/07/2009 -
Betty Leone, dirigente nazionale di Sinistra e Libertà, pacifista e altromondista, è stata Segretaria Generale Nazionale dello SPI CGIL fino al 2008. Per la sua particolare attenzione alle politiche di genere ha rappresentato il sindacato italiano nei forum internazionali sulle tematiche femminili a Rio de Janeiro e a Melbourne. Il suo appassionato impegno nelle trattative ha contribuito a scrivere leggi importanti che migliorano la qualità della vita delle donne come la legge n. 53 sui congedi parentali e per la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro. Da tre mesi, come i suoi concittadini, fronteggia quotidianamente le tragiche conseguenze del sisma nel capoluogo abruzzese. Non è ottimista per la ricostruzione.



Il 6 aprile era all’Aquila?

Nella mia casa che avevo voluto nel centro storico perché mi piace vivere nel cuore della città. Avevo avvertito con una certa preoccupazione la forte scossa delle 23,30 ma poiché la terra tremava ormai da molti mesi e gli esperti continuavano a tranquillizzarci, ero andata a dormire. Alle 3,32 è arrivato il finimondo. Sono rimasta paralizzata dal terrore, immobile fino alla fine del terremoto. Infine mi sono mossa e sono uscita sulla strada passando sui cocci sparsi sul pavimento e sulle scale. Nonostante la paura avuta, poiché la struttura della mia casa aveva resistito, non immaginavo il disastro fino a quando ho aperto il portone e ho visto le macerie e lo sgomento delle persone che si radunavano sulla piazza.



Quali pensieri hanno attraversato la sua mente?


Ho pensato subito a mia madre che abitava da sola all’altro capo della città e ho attraversato tutto il centro a piedi per raggiungerla; lo spettacolo lungo la strada era agghiacciante ma fino all’ultimo non ho voluto credere che ci fossero vittime. Mia madre fortunatamente era viva, tratta in salvo dai vicini di casa che avevano scardinato la porta bloccata per liberarla.

E’ seguita una lunga allucinante giornata in cui arrivavano le notizie di morti, si cercavano i parenti, gli amici e si vagava senza meta tra le rovine. Solo a sera mi sono convinta a lasciare la città per andare sulla costa con la mia famiglia.



Lei, come sessantamila aquilani, vive ancora la condizione di sfollata.

Sono ospite a S. Stefano di Sessanio, a 30 km dall’Aquila, spero di poter contribuire alla ricostruzione della città. Il Governo fa molte promesse ma le risorse sono poche e in questi mesi la gestione autoritaria della Protezione civile ha reso i cittadini passivi di fronte alle scelte riguardanti il loro futuro.



Eppure gli aquilani hanno manifestato in città e a Roma per la partecipazione attiva dei residenti alla ricostruzione.

Mi riferisco ai 20 mila abitanti che vivono nelle tendopoli, molte recintate, loro da 90 giorni sopportano un regime di vita di tipo militare con i controlli all’ingresso e all’uscita e il divieto di riunirsi senza autorizzazione quando si è in più di 5 o 6 persone. Inoltre nelle tendopoli non è stato possibile fare campagna elettorale per le europee. Queste, e altre restrizioni, all’inizio giustificate dall’emergenza, sono diventate un sistema di controllo che aggrava i già pesanti disagi dovuti al caldo, alla pioggia, alla mancanza di intimità che impedisce ogni ricostituzione di una comunità, anche precaria, capace di assumere responsabilità rispetto alla ricostruzione.



Lo svolgimento dei lavori del G8 a L’Aquila sarà positivo ai fini della ricostruzione?


Accrescerà i disagi per gli aquilani che sono tornati a vivere nei dintorni della città e che rimarranno confinati nelle loro abitazioni senza possibilità di comunicazione dal momento che saranno ridotti anche i collegamenti telefonici. Lo spostamento del G8 a L’Aquila avrebbe un senso se rappresentasse un’occasione per discutere delle scelte necessarie ad affrontare le emergenze e la convivenza dell’uomo con i fenomeni naturali, se simbolicamente contribuisse ad una discussione sulla necessità di un nuovo modello di sviluppo, anche alla luce della crisi economica mondiale. Non sarà così ed ho qualche dubbio che questo evento aiuterà veramente la città. Se si investe sulla spettacolarizzazione della politica quando lo spettacolo finisce le luci si spengono ed i problemi rimangono.

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