Libri - La madre che fui. O che avrei voluto essere
Bartolini Tiziana Sabato, 28/05/2016 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Giugno 2016
“I sentimenti sono un mistero e nulla è scontato” scrive Camilla Ghedini nel primo dei quattro ritratti cui affida il compito di scandagliare il senso e le ragioni dell’essere o del non essere madri. Per i casi della vita o per scelta. ‘Interruzioni’ è il titolo. Scarno, essenziale come lo stile con cui l’autrice - giornalista professionista ed esperta di comunicazione - si apre alla dimensione della maternità senza reticenze, libera dagli stereotipi che ancora ne ingabbiamo la narrazione in una rete di ipocrite compiacenze, sofferenze o aneliti. In sole novantanove pagine Ghedini consegna a chi legge la grandiosità del dolore, del dubbio, della delusione, dei sentimenti, dell’accoglienza e della negazione. E lo fa con la maestria di un’artista capace di usare tutta la potenza delle parole attingendo al loro significato profondo. Parole e descrizioni nette ed efficaci che arrivano direttamente al cuore ma anche alla mente, perché sono l’approdo di un percorso intimo e contemporaneamente una rappresentazione universale di un’altra faccia della maternità, quella che preferiamo non vedere. Troppo difficile, infatti, gestire le tante sfaccettature dell’essere donna e la complessità dei nostri sentimenti, anche quelli che la vulgata vorrebbe ‘naturali’. Troppi tabù ancora ci condizionano. È proprio il coraggio di liberarsene che rende affascinante il libro di Ghedini, a partire dalla considerazione che figlie si è per sempre, mentre madri possiamo non diventare. Si attraversano quattro ‘stanze’ in cui ogni protagonista si racconta in prima persona, o impronta un dialogo immaginario, e affronta altrettante circostanze di maternità rifiutata razionalmente, di ‘lucido’ figlicidio, di un dolente e sereno estremo saluto alla madre, di una maternità desiderata ma inattuata. È un libro che va letto per assaporare la sua struggente bellezza e perché, nonostante sia fiorito in un percorso di grande dolore, è permeato della forza dell’amore. Per la vita, per il prossimo, per la famiglia. Un libro autobiografico in cui, scrive l’autrice, “io ci sono come figlia, come non madre, come giornalista”… ma aggiunge “non ci sono tutta, ci sono in parte, ci sono io in evoluzione”. Camilla è una giovane donna del nostro tempo che si interroga con coraggio e libertà, proponendo la condivisione intorno al (grande) tema dell’assenza, origine di molti mali e profonde sofferenze. E chi può dire di non aver sperimentato, subìto, sofferto l’assenza di qualcosa o di qualcuno? Regaliamoci una carezza e, superando la condizione di spettatrici del racconto, come sollecita nella prefazione Marilù Oliva, “entriamoci dentro” accompagnando Camilla e facendoci accompagnare da lei.
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