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Intercettazioni. E non solo

Intercettazioni. E non solo

60° Costituzione, stampa e informazione - Roberto Natale, presidente della Fnsi, riflette a tutto campo sulla comunicazione e sulla reale minaccia, oggi in Italia, per il libero accesso all’informazione

Bartolini Tiziana Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Settembre 2008

“L’articolo 21, come tutti gli altri della prima parte della nostra Costituzione, tiene bene. Non ha bisogno di essere riscritto, deve essere preso sul serio. Purtroppo non ci pare che questo sia lo spirito del tempo. Notiamo da più parti una sorta di fastidio per un esercizio della libertà di informazione che voglia essere, come dovrebbe essere e non è a sufficienza, voce critica nei confronti del potere politico e dei potere finanziari variamente espressi”. Roberto Natale, presidente Fnsi, coglie l’occasione del centenario dell’associazione per puntualizzare la posizione del sindacato dei giornalisti.”Il nostro diritto dovere di informare è basato su un diritto ancora più forte, che è quello di una comunità nazionale a conoscere. Questo mi pare l’altro punto su cui l’articolo 21 merita di essere preso ancor più sul serio. Anche su questo avverto segni pericolosi: c’è scarsa consapevolezza, o addirittura fastidio, per quello che ad una comunità civile deve essere consentito conoscere… come ci fosse la necessità di tenere i cittadini sotto tutela”. Però anche i cittadini dovrebbero sentire il dovere di pretendere buona informazione. “Non riesco a prendetemela con cittadini che non sanno ancora rivendicare questo loro diritto. C’è una nostra responsabilità. Dovremmo essere noi a far crescere questa consapevolezza e questo diritto. Ad esempio l’educazione alla lettura dei quotidiani è un elemento che nei progetti di riforma dell’editoria è stato accennato, ma non ci abbiamo ancora lavorato con l’impegno che il tema richiede. E’ un lavoro di lungo periodo, profondo, difficile ma indispensabile. Inutile continuare a deprecare il fatto che in Italia c’è la più bassa percentuale di lettori di quotidiani d’Europa se non alleviamo nuovi potenziali lettori. Lo stesso discorso lo farei per l’educazione ad un consumo del mezzo televisivo”. Il problema è grande, perché le immagini e i messaggi della tv ci inseguono ovunque. “Siamo molto esposti, ma questo non sempre corrisponde ad una crescita della consapevolezza nella fruizione di informazione. Anche qui, secondo me, c’è un ruolo che come giornalisti e come sindacato dei giornalisti dovremmo giocare di più, lavorando con chi sta fuori dalla nostra professione ma è interessato a far crescere questa consapevolezza”. Quanto è importante, oggi, il ruolo di chi fa informazione? “In una fase in cui si parla molto delle modificazioni profonde che produce la tecnologia e della quantità moltiplicata che produce il passaggio tecnologico, multimediale, digitale, ci deve essere una preoccupazione radicale per la qualità dei contenuti. Ogni giorno sono cliccati su You Tube un miliardo di video: è impressionante, ma i problemi di pluralismo e di contenuto della comunicazione non sono magicamente risolti dalle centinaia di canali sul digitale o sul satellite o dalle decine di migliaia di siti. L’informazione non ci manca, anzi è straordinariamente diffusa, ma se ci facciamo abbacinare dalla quantità senza andare a guardare se e dove stia la qualità siamo persi in questo oceano comunicativo. Noi giornalisti dobbiamo sentire ancora di più la responsabilità di mettere in questo oceano almeno qualche litro di comunicazione ricca in qualità, anche in funzione della necessità di far crescere la capacità di lettura critica in chi guarda, vede, ascolta informazione. Pensiamo ad un ragazzo che nel computer trova l’infinito. Il punto decisivo è se ha la capacità di selezionare senza finire, come Pinocchio dei giorni nostri attratto da Lucignolo, in un paese dei balocchi scintillante in cui ha l’apparenza di avere tutto e invece rischia di vedersi negata la qualità dei contenuti. La crescita quantitativa non diminuisce le nostre responsabilità, le accresce”. Informazione e prospettive di genere: il bilancio non è positivo. “Occorre più attenzione da un doppio punto di vista: quello sindacal sindacale - per aumentare le garanzie alle colleghe che, in situazioni di crisi dell’editoria, rischiano di pagare più degli uomini – e c’è la necessità di un lavoro sui contenuti e sulla qualità dell’informazione che riguarda anche le specifiche tematiche di genere, il modo in cui le donne parlano e il modo in cui la nostra comunicazione parla delle donne. Il tenere insieme i due aspetti, il lavoro fatto in questi anni da Marina Cosi e oggi da Lucia Visca mi sembra un elemento di ricchezza. Sull’immagine della donna, sulla comunicazione globalmente intesa dei temi di genere si è giocata in questi anni - e si continua a giocare - una partita di straordinario valore generale. Il modo in cui negli anni, troppo spesso in peggio, passava l’immagine della donna credo sia un elemento che ha concorso a determinare la situazione in cui ci troviamo oggi. Qualche anno fa Beppe Severgnini si domandava ‘come è successo che prima i calendari stavano confinati nelle officine dei meccanici e nelle botteghe dei barbiere e adesso campeggiano nei luoghi più visibili delle nostre edicole’. Noi addetti alla comunicazione, non possiamo dire che è cambiata la società. C’è un rapporto di causa ed effetto, se sedicenti Tg costruiscono pezzi interi di cosiddetto telegiornale sul back stage dei calendari e sulle vicende di veline e calciatori. Pesa quell’informazione, soprattutto televisiva, definita ‘light’, delle ‘soft news’. Dietro a questa idea frizzante, seducente dell’informazione c’è un problema di qualità di contenuti, di serietà dell’informazione, di spazi dedicati”. Il rischio di censura può passare anche attraverso la dimensione economica. C’è la minaccia seria di tagli ai contributi pubblici per l’editoria. “Non può passare, neppure se a sostenerla è un personaggio popolare come Grillo, l’idea che ogni euro di contributo pubblico sia uno spreco, una ruberia, una clientela. In questo clima di antipolitica in cui emergono le denunce spesso giustificate di come il denaro pubblico talvolta non venga usato bene, non può accadere che questa critica trascini con sé anche quell’idea, costituzionalmente basata ed espressa poi nella legge sull’editoria, che l’informazione è un bene pubblico che come tale merita di essere tutelato con rigore, trasparenza ovviamente senza sprechi e clientele. Siamo una situazione in cui grande è l’aiuto che viene dato dallo Stato a grandi case editrici, a pilastri dell’informazione, mentre si tende a falcidiare le voci più anomale, più originali, meno legate alle corrente principali della pubblica opinione. Come sindacato dei giornalisti stiamo nella discussione sui contributi all’editoria con l’idea che i contributi pubblici devono andare anche e forse soprattutto laddove non c’è una spontanea logica di mercato a portare capitali. Siamo nel paradosso per cui chi è quotato in borsa ha i contributi e altri non hanno sostegno sufficiente. Questa è una stortura che vogliamo provare a correggere. Non c’è da parte nostra un atteggiamento anti- mercato, semplicemente riteniamo che non tutto possa esaurirsi in una logica di mercato brandita come una clava con cui zittire le voci anomale”. La regolamentazione della pubblicazione delle intercettazioni è questione aperta. E pericolosa.

“Quello cui stiamo assistendo in queste settimane è il tentativo di zittire noi ma, ancora più grave, il tentativo di impedire all’opinione pubblica di conoscere alcune vicende di grande rilevanza sociale. Si fa confusione tra pettegolezzo e notizie riducendo tutto al tentativo dei giornalisti di devastare le reputazioni individuali. Ci sono stati alcuni eccessi ed errori, ma complessivamente credo che l’informazione italiana in questi anni abbia assolto a un ruolo importante nel rendere conoscibili vicende (le scalate editorial finanziarie dei furbetti del quartierino, le inchieste sulle vallette e la Rai, il crac Parmalat, le recenti vicende della Clinica Santa Rita in Lombardia). Penso anche io che non andava pubblicato l’sms di Anna Falchi all’allora marito e Ricucci, ma il problema è che vogliono impedirci di dar notizia del bacio che Fiorani voleva dare ad Antonio Fazio. E quella notizia raccontava come funzionava una fondamentale istituzione italiana. Questo è il tema in discussione. Non lo scopriamo oggi: siamo impegnati contro il governo di centrodestra, ma in passato il centrosinistra aveva messo a punto un disegno di legge ugualmente pericoloso, senza prevedere il carcere come il disegno di legge Alfano”. Secondo lei è minacciata, oggi in Italia, la libertà di informazione? “Direi di sì. Non perché ci sia una tendenza autoritaria in atto, ma c’è un modo soffuso per farci credere che con la quantità di informazione che abbiamo le domande di pluralismo sono spontaneamente soddisfatte. In breve tempo potremmo trovarci in una situazione in cui alcune vicende di indubbio rilievo sociale potrebbero non essere più conoscibili all’opinione pubblica”.



DICHIARAZIONE DELLA FEDERAZIONE EUROPEA DEI GIORNALISTI

L'assemblea della Federazione europea dei giornalisti, riunita a Berlino nel mese di giugno, ha votato all'unanimità un documento di condanna della stretta sulle intercettazioni voluta dal governo italiano e le sanzioni penali previste contro i giornalisti: "L'assemblea annuale della Federazione europea dei giornalisti condanna il progetto di legge del governo italiano che, con la scusa della privacy, vuole stabile sanzioni penali - fino a tre anni di carcere - per i giornalisti che pubblichino informazioni o citino notizie di inchieste giudiziarie. È il caso soprattutto delle intercettazioni telefoniche disposte dalla magistratura. Questa è un'iniziativa che mette il bavaglio ai giornalisti e impedisce ai cittadini di essere informati su temi d'interesse pubblico compresi nelle inchieste giudiziaria. Questo modo di procedere è contrario ai principi universali dei diritti dei media e della loro funzione nelle democrazie moderne. I giornalisti, infatti, non devono nascondere le informazioni d'interesse generale, sia originate da fonti libere sia da fonti confidenziali, che essi hanno il dovere di proteggere. Il progetto di legge del governo italiano è contrario alle convenzioni internazionali e alla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo. L'assemblea annuale della Fej sostiene il sindacato dei colleghi italiani, la Fnsi, nel suo contrasto, nella sua opposizione contro il disegno di legge e fa appello al Parlamento italiano a non approvarlo o a modificarlo profondamente".





(10 settembre 2008)

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