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Inseguire radici per continuare a sognare

Inseguire radici per continuare a sognare

Un poeta che parla di un altro poeta, che lo scruta, lo indaga fin nelle pieghe più nascoste dei suoi versi: come è possibile?

Giovedi, 15/12/2016 - Inseguire radici per continuare a volare



Un poeta che parla di un altro poeta, che lo scruta, lo indaga fin nelle pieghe più nascoste dei suoi versi: come è possibile? Senza gelosia, senza invidia… E’ possibile. Se a farlo è Giovanni Pistoia, calabrese autentico, che ha al suo attivo varie raccolte liriche e che analizza la poesia di un altro calabrese eccellente, Dante Maffia. Da non sottovalutare assolutamente la terza presenza calabrese in campo, quella di Carmine Chiodo che ha prefato splendidamente il volume, Dante Maffia -Tutto ebbe inizio con il nome, La Mongolfiera Editrice, 2016.



Il saggio è diviso in due parti. Nella prima - Dai racconti del focolare al fuoco della parola - è analizzata la produzione artistica di Dante Maffia dalla poesia alla narrativa, dalla saggistica alle interviste.

Pistoia entra con fermezza, competenza e senza fare troppo rumore nella lirica di Maffia che è analizzata in ordine cronologico. Dalla prima raccolta, Il leone non mangia l’erba (1974) a Le favole impudiche, da Passeggiate romane (1979) a L’eredità infranta (1981), da Caro Baudelaire (1983), da Lo specchio della mente (1999), capolavoro assoluto in cui divampano voci, grida, urla disperate, preghiere, pensieri dolcissimi: sono i ricoverati di alcuni ospedali psichiatrici, che fanno sentire la loro voce, o quella che ne rimane a L’educazione permanente (1992), da La castità del male (1993) a Confessione (1993), a Lo specchio della mente (1999), via via fino alle ultime raccolte IO. Poema totale della dissolvenza (2013) e Il poeta e la farfalla (2014), attraverso un ampio corredo di pagine critiche, a cominciare da Aldo Palazzeschi che presenta la prima raccolta fino ad arrivare a famosissimi critici che si sono interessati all’opera di Maffia, quali Maurizio Cucchi, Giacinto Spagnoletti, Dario Bellezza, Giorgio Caproni, Mario Sansone, Mario Luzi, Andrea Zanzotto e tanti altri. Emergono le caratteristiche della lirica del poeta calabrese: vocazione autentica, naturalezza dello stile, totale mancanza di costruzioni artificiose a vantaggio di un calore diffuso, ispirazione sociale, filosofica, religiosa, importanza del ruolo vitale della poesia nella sua vita: La poesia non è qualcosa di importante per la sua vita, è la sua vita. E ha bisogno di metterla per iscritto perché tutti possano condividerne il canto, il pianto, lo sdegno, l’amore. Sente il bisogno di liberare i suoi versi: che prendano autonomamente il volo perché vadano a spegnersi o rifiorire lontano. Sa che la poesia, pur se nasce da una conchiglia sperduta, ha oceani davanti a sé. E’ senza tempo e senza spazio (Giovanni Pistoia, op. cit. p. 19): ma Giovanni Pistoia sta parlando di Maffia o di se stesso? Ciò che cattura, infatti, è l’empatia che da subito si stabilisce tra i due poeti, Pistoia e Maffia, empatia che risalta con vividezza dalla lettura del saggio. Le poesie citate potrebbero quasi essere state scritte dall’autore stesso, tanto entrambi amano appassionatamente i libri. Uguale origine calabrese alla quale entrambi sono ineluttabilmente legati? Maffia porta con sé (una maledizione? Una benedizione?) il suo mare, i cieli d’origine, le sue rupi, i calanchi, il dolore e i colori della Calabria e del suo paese (op. cit. p. 89). E Giovanni Pistoia con lui… O forse ancora, per entrambi, la parola è il loro destino, il filo invisibile che li lega all’aquilone della vita, che li esalta e li annulla… A questo tema è particolarmente attenta chi scrive, anch’essa calabrese, sensibile alle lusinghe del mare e a quelle del castello di Federico II (parlo del castello di Nicastro, dove sono nata): Dal balcone ho potuto ammirare / il castello di Federico. / Sta davanti al mare / a proteggermi da un nemico / che ormai ha perduto la strada. / Ho visto le rondini andarsene / quasi rasoterra verso il caldo / e sfiorare la mia vertigine. / È questa la mia poesia. Chi vi aggiunge / altro falsifica le carte (Dante Maffia, La mia vertigine, p. 11, in Canzoni d’amore, di passione e di gelosia, Pagine, 2002). Ciò che stupisce e rapisce è il vero amore per la poesia che lega Dante e Giovanni che continua con precisione, ordine e documentazione accurata ad esaminare la produzione poetica di Maffia che è autentico poeta in quanto è capace di farsi voce di tutti (Maria Marcone): La biblioteca di Alessandria (2015), un libro di poesia straordinario che la genialità dell’autore riesce a rendere un capolavoro universale ed eterno, secondo Francesco Aronne, Di Rosa e di rose (2004), Il corpo della parola (2006), La strada sconnessa (2011), un’autobiografia in versi, IO. Poema totale della dissolvenza (2013), un’opera impegnativa che contiene in sé i nostri tempi con incursioni in altre epoche…il verso è dolce, lieve, nostalgico, asprigno, doloroso, Il poeta e la farfalla (2014).



Da non sottovalutare assolutamente la produzione poetica dialettale: U Ddìje poverìlli (1990), I rùspe cannarùte (1995), Papaciòmme (2000), l’ultimo, il punto più alto di questo percorso è A vite i tutte i jurne (2000) nella cui prefazione Spagnoletti afferma che con Maffia ci troviamo in presenza di un umanesimo postmoderno, coltivato da pochissimi (…) (op. cit. pp. 23-24). Perché questo ritorno così sostenuto al dialetto? Una nostalgia di casa e delle piccole cose del piccolo paese? La delusione del mondo letterario alto al quale ha guardato sempre con partecipato interesse? Ipotizza Pistoia (op. cit. p. 24) oppure perché il dialetto si mostra ancora di più lingua, lingua materna, strumento essenziale per poter meglio scavare nel passato, nella memoria, dare corpo e anima a un’esistenza che è stata e che rivive, attraverso la poesia, nella dinamicità dei nostri giorni: inseguire radici per continuare a volare (op. cit. p. 25). È la lingua della sua esperienza di uomo, della sua gente, degli eventi, delle emozioni…(op. cit. p. 94).



Per quanto riguarda la narrativa, il più noto dei romanzi di Maffia è Il romanzo di Tommaso Campanella (1996) con prefazione di Norberto Bobbio, note critiche di Giacinto Spagnoletti e Claudio Magris: Ritengo - scrive Giacinto Spagnoletti - che Maffia debba andare fiero di questo libro, perché esso rappresenta al massimo grado le sue qualità di narratore e di storico. Non mi pare che in giro si senta e si veda di meglio (Giovanni Pistoia, op. cit. p. 46). Altre opere: La regina dei gatti (2002, volumetto illustrato da Serena Maffia), un racconto che ha il fascino, il pathos, l’incanto della favola, Mi faccio musulmano (2004), romanzo attualissimo, un’opera che resterà per testimoniare questo nostro tempo di grandi mutamenti (Giuseppe Pontiggia), Un lupo mannaro (2004), una storia d’amore del tutto surreale, Il poeta e lo spazzino (2008), con prefazione di Walter Veltroni, in cui assurge a protagonista proprio quello dove il nostro sguardo spesso non si posa, oppure si posa distrattamente o, ancora, per otturarsi il naso, per abbassare gli occhi, per non sentirne l’olezzo, per ignorare quanto pur esiste, Milano non esiste (2009), romanzo di fabbrica che si trasforma in romanzo psichiatrico, La donna che parlava ai libri (2010), un libro che parla di libri, soprattutto di quelli che non stanno appiccicati sulla parete di casa o in una polverosa biblioteca che lo scrittore-poeta conserva gelosamente nella Biblioteca ideale, dove la realtà gioca con la fantasia e il sogno e viceversa, I racconti del ciuto (2011), racconti brevi che tolgono il respiro, Sette donne per fare un uomo intero (2011), in cui Maffia si rivela un maestro assoluto del racconto (Carmine Chiodo), San Bettino Craxi e altri racconti (2011), con prefazione di Alberto Bevilacqua, Gli italiani preferiscono le straniere (2012), Monte Sardo (2014), un romanzo che è una riproduzione plastica del paesaggio e dei personaggi di un piccolo paese del Sud: piacevole sin dalla prima pagina-Monte Sardo è, per Dante Maffia, ciò che è Macondo per Garcia Marquez. E’ un luogo leggendario, in cui accadono cose “vere” (op. cit. p. 54).



Ovunque, il genio di Maffia che, dalla vastità dei suoi orizzonti culturali e di esperienze, mostra CONTINUITA’ D’ISPRAZIONE, STILE INCONFONDIBILE, SOBRIO, LIMPIDO, con una tensione poetica che rende partecipe il lettore, SCRITTURA appassionata, trasparente, EMPATICA. Ne sono un esempio esemplare Lo specchio della mente e La biblioteca di Alessandria in cui Maffia mostra

tutta la su capacità di sentire i sentimenti degli altri, di calarsi nei loro abissi, nelle loro perdite, nei loro spaesamenti. Lì si parla di matti rinchiusi, qui di poeti che hanno perso i loro libri, le loro opere: in entrambi i casi dalla follia della perdita della propria identità è la poesia che salva.



L’impegno di saggista di Maffia non è secondario rispetto a quello di poeta e narratore. La sua produzione oltre che vasta è molto incisiva e i campi di interesse molto vari. Il suo giudizio critico è spesso molto analitico e risultano illuminanti le sue analisi comparative tra autori, stili, ambienti, scuole. Da segnalare, tra gli altri, il lavoro su Antonio Tabucchi, Nel mondo di Antonio Tabucchi (2011), uno scrittore che sente molto vicino.



Nella seconda parte - Emozioni di pagine in dono - si evince tutta l’ammirazione che Giovanni Pistoia nutre per Dante Maffia, vero Maestro e faro di scrittura, stima in verità reciproca.

E Pistoia non fa alcun mistero di questa profonda attrazione: A me Dante è particolarmente simpatico. Non ci posso fare niente. Conversare con lui non è solo un’occasione di arricchimento, ma una delizia. Non sai mai nella discussione, dove comincia Dante e finisce Maffia. Se quello che ti sta dicendo è il resoconto puntuale di un evento, realmente accaduto in un determinato posto in un certo periodo, oppure ti sta anticipando un racconto di fantasia che mai, forse, scriverà (op. cit. p. 104). Questa sovrapposizione di Pistoia a Maffia è così evidente che lo stile dell’uno diventa quello dell’altro: passionale, travolgente, concreto, robusto, multisensoriale, fluido, essenziale…

Sono raccolte testimonianze intime quali le belle pagine che narrano l’incontro tra i due poeti, la lettera con cui Maffia invia inediti a Pistoia, e soprattutto pagine di critica dell’autore sulle opere principali del poeta. Si evince sempre l’amore per la scrittura, per la poesia, per l’identità di ideali.

Ottima lettura, quella di questo saggio di Giovanni Pistoia, per chi volesse conoscere l’opera Dante Maffia, straordinario poeta, scrittore e critico contemporaneo del quale sono anche dati riferimenti su siti e interviste.



Fausta Genziana Le Piane

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