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INNOVAZIONE E QUALITÀ AL “VISIONI FUORI RACCORDO – ROME DOCUMENTARY FEST”

INNOVAZIONE E QUALITÀ AL “VISIONI FUORI RACCORDO – ROME DOCUMENTARY FEST”

Successo al Teatro Palladium di Roma per la IX edizione del Festival, interamente dedicato ai documentari. Tre dei quattro premi assegnati a registe donne.

Mercoledi, 28/12/2016 - Fra le tante manifestazioni festivaliere organizzate nella Capitale, il “Visioni Fuori Raccordo”, fin dalla sua nascita, si è ritagliato uno spazio ben preciso, scegliendo di promuovere e sostenere i documentari, le periferie reali e metaforiche, le vecchie e nuove marginalità, sempre con uno sguardo attento alle registe donne, come dimostrano le numerose opere selezionate e premiate dal Festival nel corso degli anni. Approdato quest’anno, nella IX edizione, al Teatro Palladium, uno degli spazi polivalenti più interessanti della città nel cuore del quartiere Garbatella - dopo le prime edizioni realizzate al Nuovo Cinema Aquila e poi al Detour - il “Visioni Fuori Raccordo” è andato crescendo nel tempo, alla ricerca di opere di qualità indipendenti ed originali, e si è andato via via rinnovando, ad esempio nel nome (cui si è aggiunta quest’anno l’estensione “Rome Documentary Fest”) e con la neonata sezione Visioni Internazionali_HomeLANDS, oltre che con eventi paralleli ed occasioni di confronto e dibattito sui temi dell’audiovisivo.



Sia il direttore del Festival, Luca Ricciardi, sia il curatore artistico, Giacomo Ravesi, considerano il “Visioni” ‘nella prospettiva di un grande festival dedicato al documentario, di un luogo per far conoscere al pubblico la miglior produzione italiana ed estera, dove incontrare autori, condividere esperienze e riflettere sui nuovi linguaggi del cinema del reale’, e concordano nel ritenere che i documentari selezionati: ‘esplorano complessivamente l’immagine delle ‘periferie’ contemporanee, confrontandosi con paesaggi urbani e umani di confine e in trasformazione’.



Tra i 9 titoli italiani in concorso (alcuni in anteprima italiana o romana) ed i 6 titoli stranieri, scelti fra documentari già presentati in anteprima nei più importanti festival internazionali, i giurati del ‘Visioni’ - Giulia Amati (regista), Giovanni Piperno (regista) e Boris Sollazzo (giornalista e critico) - hanno assegnato il Premio per il miglior documentario in ex aequo a due opere molto diverse tra loro: “La natura delle cose” di Laura Viezzoli e “Goodbye darling, I’m off to fight” di Simone Manetti, ‘per la loro complementarietà - come evidenziato nella motivazione dai giurati - i due film rappresentano la varietà e la complessità del genere documentario, restando entrambi “visioni fuori raccordo’ <…> ‘Le emozioni suscitate dai due film sono frutto della centralità della relazione tra i registi e i loro personaggi così come della qualità delle scelte espressive utilizzate’.



Il film di Laura Viezzoli, giovane regista anconetana classe 1979, racconta l’esperienza emotiva e filosofica del fine vita, attraverso un anno di incontri e dialoghi tra l'autrice e il protagonista, malato terminale di Sla, fra amore, dolore e desiderio di libertà. La pellicola di Simone Manetti descrive invece la rinascita interiore di Chantal Ughi, attrice e cantante italiana che, dopo la fine di una difficile relazione sentimentale, si trasferisce in Thailandia e si dedica all’apprendimento del Muay Thai (uno sport da combattimento thailandese, noto anche come thai box) dai maestri thailandesi, diventando campionessa mondiale. Attraverso i duri allenamenti e la violenza fisica della lotta, Chantal riuscirà a curare una violenza più sottile e meno riconoscibile, quella di certi rapporti d’amore che segnano per sempre le persone.



Il Premio “Berta film”, consistente in un contratto di distribuzione dell’omonima società guidata da Stefano Mutolo, è stato assegnato al documentario: “A noi ci dicono” di Ludovica Tortora de Falco, storia di tre ragazzi di 14 anni - Fabrizio, Dante e Roberto – che vivono nel cosiddetto quartiere ZEN di Palermo,

tra amicizia e leggi non scritte all’interno del quartiere, solitudine e spaesamento al di fuori delle alte mura invisibili del ‘ghetto’. Anche il Premio “Cinema del reale”, consistente nell’invito alla prossima edizione del noto Festival salentino (Cinema del Reale), è stato vinto dai due documentari “A noi ci dicono” e “La natura delle cose”: la vittoria al femminile è stata suggellata dalla consegna del Premio ad opera di Cecilia Mangini (nota regista, documentarista e critica, oggi quasi novantenne, già giurata del Visioni) e Paolo Pisanelli (direttore del Festival salentino).



Da segnalare anche il documentario “Real Boy” di Shaleece Haas, premiato come Miglior documentario al Giffoni Film Festival 2016, GenderBender, che descrive la difficile transizione di un diciannovenne transgender da maschio a femmina, fra le incomprensioni di sua madre Suzy ed il suo passaggio da teenager a persona adulta, figlio e artista. “In ‘Real Boy’ ho voluto raccontare una storia che avrebbe potuto commuovere le persone così come commuoveva me - ha affermato la regista - Le storie in ‘Real Boy’ risuonano per me perché sono in parte un riflesso della comunità variegata di cui faccio parte, in quanto donna omosessuale che vive nella Bay Area in California, di trans e omosessuali che sono diventati i miei amici più cari, i miei collaboratori creativi e la mia famiglia”.



Fra gli eventi del Festival, va evidenziata la proiezione fuori concorso del nuovo e suggestivo documentario di Giulia Amati dal titolo 'Shashamane' - secondo film di una trilogia sulla terra promessa, dopo “This Is My Land... Hebron”, girato in Palestina - che racconta la storia e la vita di un villaggio situato in Etiopia a 250 chilometri da Addis Abeba ed abitato esclusivamente da rastafariani. La Amati ha trascorso molto tempo insieme alla comunità rastafariana calandosi in un mondo a sé, considerato da alcuni una terra promessa ancora oggi, da altri una sorta di prigione, data la difficoltà di poter tornare indietro per la maggior parte di loro. Nei decenni successivi al 1948, anno in cui l'imperatore etiope Hailé Selassié donò 500 acri di terra alla Ethiopian World Federation - un'organizzazione non governativa che consentiva agli afro-americani di tornare a vivere nelle loro terre ancestrali - alcuni seguaci della religione rastafariana, provenienti soprattutto dalla Giamaica, iniziarono a stabilirsi a Sciasciamanna, anche con l’aiuto del cantante Bob Marley che di persona, negli anni Settanta finanziò il viaggio dei primi pionieri rasta che si trasferirono nella terra promessa. Su tale esodo di ritorno, sulle speranze e sull’identità di un’intera comunità, la regista costruisce un affresco sobrio ed elegante con magnifiche immagini e toccanti dialoghi con i protagonisti della storia.

Fra i numerosi ospiti italiani e internazionali intervenuti alla kermesse del ‘Visioni’, si ricordano le presenze femminili di Danae Elon, filmaker israeliana, con il suo P.S. Jerusalem, intenso documentario sul tentativo d'integrazione della regista stessa e della sua famiglia - dopo un lungo periodo all’esetro - in una zona di conflitti irrisolvibili, e di Susanne Regina Meures, regista iraniana presente all’anteprima romana del suo documentario “Raving Iran”, sui DJ iraniani che illegalmente organizzano rave nel deserto, saltando posti di blocco e suonando dischi proibiti all'interno della Repubblica Islamica, con protagonisti i DJ Blade & Beard.



Organizzato e prodotto dall’Associazione LABnovecento, il Festival è stato realizzato grazie al sostegno della Regione Lazio – Assessorato alla Cultura e della SIAE – Società Italiana degli Autori ed Editori ed ha beneficiato della collaborazione di: Goethe Institut; Istituto Svizzero; Road Television; Thalia Group; Università degli Studi Roma Tre; Archivio Audiovisivo del Movimento Operaio e Democratico; Doc/it.



Come ogni anno i lavori della giuria del ‘Visioni Fuori Raccordo’, videoregistrati e pubblici, sono consultabili al link: http://www.fuoriraccordo.it/il-festival/giuria/lavori-pubblici-della-giuria.

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