Parliamo di bioetica - Sarebbe molto più serio e forse anche rasserenante che le autorità pubbliche dicessero realmente come stanno le cose
Prodomo Raffaele Martedi, 15/12/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Dicembre 2009
La pandemia influenzale correlata al virus H1N1 si presenta in apparenza come una normale malattia contagiosa stagionale ma presenta alcune particolarità meritevoli di riflessione. Allo stato non si hanno elementi epidemiologici che possano indurre a particolari apprensioni. Infatti, si pensi che il numero di morti totali in alcuni paesi dell’emisfero australe (dove l’inverno, con il relativo picco epidemico, è già passato) non supera quello della normale influenza stagionale. Ad esempio, il numero di decessi in Argentina è stato di 580 su circa 40 milioni di abitanti (14,4 decessi per milione), in Brasile sono stati 899 su circa 187 milioni di abitanti (4,8 decessi per milione), in Australia 183 su circa 21 milioni di abitanti (8,6 decessi per milione).
Queste cifre si riferiscono all’epidemia ancora senza vaccino, nel nostro emisfero, invece, essendosi avviata la campagna vaccinale, le cose dovrebbero andare meglio. Tuttavia, leggendo la stampa e ascoltando i notiziari televisivi è evidente un problema di comunicazione e percezione del rischio che non va sottovalutato. Prima ancora di discutere questo aspetto è opportuno ricordare che la provenienza del virus dal mondo animale (cosa che ha fatto inizialmente etichettare questa come l’influenza suina) carica la malattia di aspetti simbolici che vanno oltre il problema clinico e investono il corretto rapporto uomo-animale: l’antropocentrismo forte che connota ancora larga parte della cultura occidentale ci porta a dimenticare quanto stretti siano i nostri rapporti con le altre specie, in particolari con quelle che hanno subito da millenni un processo di domesticazione che le ha rese totalmente dipendenti e disponibili agli usi umani. La simbiosi in cui di fatto conviviamo con molte specie animali ci espone necessariamente al rischio di scambiare con esse non solo elementi positivi ma anche fenomeni negativi verso i quali l’animale in sé è totalmente innocente anche se poi la sua immagine si connota di elementi negativi (la mucca pazza, il maiale cattivo ecc.). Tornando al problema del rischio effettivo per la salute bisogna partire dal dato epidemiologico che ci indica per ora una pericolosità non dissimile da altre forme stagionali e “umane” di influenza, associato però alla prudenza che scaturisce dalla impossibilità di prevedere gli esiti di un evento per ora unico, essendo la prima volta che un virus di questo tipo fa la sua comparsa e non potendo mai del tutto escludere mutazioni in corso d’opera che ne accentuino la virulenza. Se questa è la situazione allora sarebbe molto più serio e forse anche rasserenante che le autorità pubbliche dicessero realmente come stanno le cose: non possiamo fare previsioni certe quindi prepariamoci anche alle eventualità peggiori mettendo in atto tutta la prevenzione possibile. Questo messaggio traspare qua e là da parte degli operatori più avveduti ma la percezione fornita in prevalenza dai mass-media è invece quella di una destabilizzante oscillazione tra un invito a evitare allarmismi con la rassicurazione circa la relativa pericolosità della situazione e la messa in atto di procedure di vaccinazione di massa che vengono proposte con particolare enfasi. Delle due l’una, o la malattia non deve preoccupare più di una normale influenza, e allora i vaccini sono consigliati e proposti con le stesse modalità usuali a ogni stagione fredda, o la malattia è più grave e potenzialmente pericolosa e allora sono proposte procedure straordinarie. Il contrasto nasce dall’impiego di procedure straordinarie per un evento che si vorrebbe far passare per ordinario: questo viene percepito come segnale incongruo dalla cittadinanza comune e crea più ansia di quanta ne creerebbe invece una onesta ammissione di ignoranza e di incertezza relativa sulla possibile evoluzione dell’epidemia.
Lascia un Commento