Consultori / Piemonte - Una buona rete e un buon livello dei servizi sono ostacolati anziché incentivati
Capati Valentina Lunedi, 31/01/2011 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Gennaio 2011
I consultori in Piemonte sono 179 e il rapporto tra popolazione residente e strutture consultoriali si attesta intorno alla cifra di 24.500 (le direttive del Pomi, Progetto Obiettivo Materno Infantile prevedono un consultorio ogni 20mila abitanti, ndr).
Stando agli operatori i punti consultoriali vanno bene, ma sono minati da alcune vicende "politiche".
Un protocollo a firma dal Governatore Roberto Cota, approvato con delibera lo scorso 15 ottobre, istituisce la messa a regime nelle strutture pubbliche dei Movimenti per la Vita (Mpv).
La critica dell'opposizione è arrivata puntuale e Mercedes Bresso si è opposta al protocollo voluto da Cota con cui di fatto si introduce la presenza dei volontari delle associazioni antiabortiste nei consultori.
Politica a parte nella Regione il sistema consultoriale funziona e pure bene, le difficoltà non mancano, ma sono simili a quelle riscontrate un po’ dovunque e non manca qualche eccellenza come quella del coordinamento dei consultori, la cui referente è la Dott.ssa Maria Rosa Giolitto che ha spiegato a ‘noidonne’ l'impegno profuso negli ultimi anni per la messa "in rete" dei servizi.
Cos'è il coordinamento dei consultori?
È un progetto regionale ufficializzato proprio quest'anno con una delibera che considera i vari referenti del Piemonte (e di cui sono referente) e che ha l'obiettivo di mettere in condivisione tutte le strutture consultoriali del Piemonte. L'idea è infatti quella di mettere in rete tutti i consultori del Piemonte al fine di predisporre protocolli che rendano omogeneo il lavoro delle varie strutture. On line è possibile consultare, nel sito della regione, tutti i protocolli che abbiamo realizzato dal 2005: ci sono documenti che regolamentano l'utilizzo delle tecniche contraccettive, la pillola, quelle delle contraccezioni di emergenza, la pillola del giorno dopo. E ancora protocolli per l'interruzione volontaria di gravidanza ed un protocollo omogeneo per la gravidanza a basso rischio, quella fisiologica per intenderci.
Quali sono le finalità di questo progetto?
Si tratta in sostanza di rendere omogenei i vari servizi. E questo ha dato fino ad oggi dei buoni risultati, il nostro protocollo sull'utilizzo della pillola è stato utilizzato anche dall'associazione flebologi italiani e quello rispetto all'utilizzo della spirale è addirittura l'unico esistente in Italia. Un'altra attività del coordinamento è l'introduzione attraverso l'elaborazione di un progetto di raccolta dati multimediale che è quasi definito e verrà sperimentato all'inizio del nuovo anno. Lo scorso anno, poi, è stata stilata un'agenda della gravidanza, grazie al lavoro dell'Assessorato, che si basa sul protocollo della gravidanza fisiologica. L'agenda viene distribuita anche in tutti i consultori familiari e contiene, fra le altre cose, le impegnative prestampate. Un lavoro possibile grazie all'impegno dell'area materno infantile dell'assessorato. Ora stiamo preparando anche un progetto sperimentale per un aiuto concreto alle donne che richiedono l'interruzione di gravidanza per motivi economici.
Le vicende politiche di questi ultimi tempi rischiano di minare questo 'circolo' virtuoso che il coordinamento ha istituito nel tempo?
Dopo le recenti riunioni del direttivo delle politiche sociali mi sento di affermare che le vicende politiche che hanno interessato la nostra Regione negli ultimi tempi non andranno ad intaccare il lavoro svolto fino ad oggi. Ora sta a noi operatori schiacciare l'acceleratore e prendere questa situazione come un impulso a fare ancora di più. Come? Presentando progetti sempre più strutturati.
Dott.ssa Claudia Deagatone, referente per il Piemonte di Agite (associazione ginecologi territoriali). "La nostra rete consultoriale è buona, ci sono 179 sedi registrate all'anagrafe ministeriale e sono ben diffuse. Il territorio del Piemonte è ampio e anche molto vario, quindi in alcune zone c'è maggiore difficoltà a rispettare le indicazioni regionali. In ogni modo anche laddove c'è carenza lo scarto fra il numero effettivo e la linea regionale è davvero minimo. Ci sono province meno fornite di servizi, come Cuneo per fare un esempio, ma ciò è dettato dalla geografia . Ad Alessandria, la Provincia di cui mi occupo, c'è una buona rispondenza di consultori. Per ora ne esistono pochi privati ed è stata potenziata negli ultimi anni la realtà dei servizi pubblici. Per il resto la situazione è tale e quale a quella delle altre regioni italiane: mancano finanziamenti. Vorrei sottolineare che molto del lavoro che viene fatto è frutto dell'efficienza degli operatori, che in molti casi addirittura suppliscono la mancanza di alcune figure. Quello che credo è che dovremmo evitare di dividerci e dare maggior cura alle strutture consultoriali che, mi va di ricordare, accolgono oltre il 50% della popolazione e seguono con grande attenzione anche le fasce di popolazione immigrata, in larga parte costituita da donne”.
L’assemblea delle donne contro il protocollo Cota
“Una campagna comunicativa per arginare il tentativo strisciante di svuotare i consultori pubblici del loro ruolo di centri sanitari, luogo deputato per la tutela della salute della donna e del bambino. E sostegno alle donne che intendano denunciare o fare un vero e proprio ricorso perché vedono leso il loro diritto alla privacy dalla presenza dei volontari pro vita”. È quanto ha proposto il consigliere regionale Andrea Stara, gruppo Insieme per Bresso, nel giorno dell’assemblea pubblica autoconvocata all’Avogadro dai gruppi femminili e dalle associazioni torinesi contro il protocollo Cota che introduce nei consultori i volontari dei movimenti antiaboristi. Stara sta preparando un ricorso al Tar contro i criteri ai accreditamento delle associazioni previsti nel protocollo e lancia una proposta “avviare la macchina referendaria per l’abrogazione del Protocollo”.
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