La recente sentenza d'assoluzione di S. Berlusconi dal reato di prostituzione minorile viene esaminata con la lente speciale dell' "inevitabile ignoranza"
Mercoledi, 23/07/2014 - Sollecitata da un’amica con cui condivido l’appartenenza a Se non ora quando, mi sono soffermata sulla sentenza di assoluzione di S. Berlusconi alla luce di un’altra chiave di lettura. Difatti a lei, che mi invitava a considerare come le minorenni da quel dispositivo giudiziario si ritrovassero in una posizione meno tutelata rispetto alla normativa precedente, ho dovuto riconoscere che non aveva tutti i torti. Sarebbe oltremodo opportuna una riflessione su di un aspetto poco rimarcato della decisione della Corte d’Appello di Milano, probabilmente perché troppo presi dalle conseguenze che suddetta sentenza riverberava sullo scenario politico italiano. Indubbiamente i media nazionali ed esteri ci hanno indotto a tale interpretazione, del tutto consona all’atavico difetto italico di suddividerci in fazioni l’un contro l’altro armate, anche se a dire il vero stavolta il clima particolare delle larghe intese partitiche pare che abbia reso meno contrapposti i contendenti.
Invero ritengo che una precipua attenzione debba essere riposta sulle ragioni per le quali il condannato in primo grado per il reato di prostituzione minorile si sia visto invece assolvere dai giudici di secondo grado. In attesa di conoscere le motivazioni della sentenza, da più parti si invoca a giustificazione di tale decisione l’esistenza di una norma che esonera da responsabilità chi abbia messo in campo ogni mezzo per accertarsi della reale età della minorenne, a cui richiede prestazioni sessuali. Una norma relativamente recente, risalente alla fine del 2012, ha introdotto lo strumento giuridico denominato “ignoranza inevitabile”, così come chiarito da F. Roia, pubblico ministero presso il Tribunale di Milano, con consolidata esperienza in procedimenti giudiziari le cui vittime sono donne e bambini. Si tratta di un espediente che indubbiamente cambia prospettiva alla tutela approntata dall’ordinamento giudiziario italiano nei riguardi di chi sia minorenne. Non più soggetti tutelabili tout court, per la sussistenza del semplice dato oggettivo della minore età e della conseguente incapacità giuridica d’intendere e di volere, ma invece degni di salvaguardia solo ove ricorrano determinate circostanze previste normativamente.
Non v’è chi non veda come il salvacondotto utilizzato dai difensori di S. Berlusconi è stato generato dallo stesso sistema che dovrebbe considerare prioritaria la tutela di persone deboli, quali sono quelle con minore età. Come per lo Stato orco di bambine/i, che ha individuato un’attenuante nel caso del sessantenne abusante di una bimba di undici anni, sulla base della considerazione che la piccola sostenesse di amare il suo violentatore, con le congrue differenze così apparirebbe il sistema giudiziario che esclude la responsabilità dell’adulto, se questi dimostri, ad esempio, di essersi adoperato per conoscere la reale età della giovane donna con cui si accompagna sessualmente. Eppure con la sottoscrizione della Convenzione di Lanzarote l’Italia si era impegnata a rafforzare la protezione dei minori contro lo sfruttamento e l’abuso sessuale, adottando criteri e misure comuni sia per la prevenzione del fenomeno che per il perseguimento dei colpevoli e la tutela delle vittime. In suddetto accordo internazionale è presente peraltro una norma statuente che “non si potrà più dichiarare di non essere a conoscenza della minore età della persona offesa nel caso di commissione di uno dei delitti contro i minori”.
Un atteggiamento schizofrenico parrebbe quello imputabile ai nostri legislatori, che con una mano firmano convenzioni a salvaguardia di chi abbia la minore età e con l’altra cancellano quanto concordato a livello internazionale tramite l’introduzione della “ignoranza inevitabile”. Basarsi sulla dichiarazioni difensive dell’adulto, che ribadisce come abbia fatto tutto il possibile per escludere che fosse minorenne, vuol dire non difendere tale soggetto in base al dato dirimente dell’assenza della maggiore età. Anche se ne fosse escluso l’intento strumentale di consentire l’assoluzione dell’imputato nel processo c.d. Ruby, la norma in questione è di per sé deprecabile, per il conseguente cambio di prospettiva posto in essere sul versante della difesa di individui deboli e fragili come i minorenni. Senza futuro è il Paese che non salvaguardi chi si ritrovi nelle prime fasi della propria vita ad essere sfruttato sessualmente, come senza vergogna qualora riconosca ad una bambina la capacità di amare un sessantenne, come senza credibilità se preveda di assolvere i violentatori di minori esimendoli dal dovere di non abusarli perché tali. Dovere e non obbligo, perché l’ordinamento normativo non può porre i minorenni sullo stesso piano degli adulti, li deve proteggere a priori riconoscendogli i diritti correlati al loro stato giuridico. A cosa serve avere siglato la Convenzione di Lanzarote, quando poi le si toglie valenza con norme che ledono chi si vorrebbe salvaguardare, sancendo la possibilità per i clienti di prostitute minorenni di convincere i giudici della loro impunità per “inevitabile ignoranza”? Domanda, a cui uno Stato distratto, negligente o, peggio ancora, dolosamente colpevole giammai potrà rispondere.
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