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Indovina chi provvede alla cena?

Indovina chi provvede alla cena?

Conti in tasca - Una ricerca di Adiconsum per la Regione Lombardia evidenzia come le abitudini delle famiglie sono cambiate. Ecco chi fa la spesa, dove e cosa compra

Chessa Pietroboni Paola Lunedi, 19/04/2010 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Aprile 2010

Crisi o non crisi, si cerca di mangiare tutti i giorni. Ne consegue che tocca fare la spesa, a meno che non si produca in proprio quello che si consuma. Per molto tempo, questo della spesa, è stato un compito prevalentemente femminile, espletato in un ambito territorialmente circoscritto (sostanzialmente nei negozi alimentari sotto casa o al mercato rionale). Adesso invece, per diversi motivi, ha assunto caratteristiche molto meno standardizzate, come emerge da una ricerca effettuata di recente da Adiconsum per Regione Lombardia. In primo luogo molte più donne lavorano fuori casa. Ufficialmente l’Italia, con il suo 46%, è in fondo alla classifica dell'Ue-27 per tasso di occupazione femminile, 12% circa in meno rispetto alla media europea. Ma poi c’è il sommerso, il nero, che probabilmente assorbe un altro 10%. Dunque le donne ‘occupate’ sono più della metà e hanno meno tempo per fare acquisti, compresi quelli di prima necessità. Ma anche le casalinghe stanno cambiando abitudini. Un po’ perché devono fare i conti con la chiusura di molti negozi di vicinato, penalizzati dalla concorrenza della grande distribuzione, ipermercati, supermercati, discount. Un po’ perché devono fare i conti tout court, comprando là dove i prodotti costano meno. Come, per l’appunto, nei discount. In quest’ottica una bella differenza la fa il poter disporre della macchina. Le donne che guidano sono in aumento, anche se le patenti attive intestate a loro sono poco più del 40% contro il 60% scarso degli uomini (ma è un dato in rapida evoluzione: tra le persone ultrasessantenni gli uomini sono quasi il 70%). Dunque, per riassumere: si lavora di più fuori casa, si ha meno tempo a disposizione per provvedere al sostentamento della famiglia (l'e-commerce potrebbe rappresentare una soluzione ma per ora i risultati non sono esaltanti), i soldi non bastano mai nonostante lavorino spesso tutti e due i partner, soprattutto al nord. Di contro, aumenta il numero delle persone che vivono da sole, la popolazione invecchia, cala il numero dei figli per famiglia. La conseguenza di questo complesso intreccio di fattori è che si registra oggi la compresenza di una grande varietà di pratiche di consumo e, a monte, di un ventaglio articolato di motivazioni. Per esempio in molte famiglie la spesa è ormai un compito stabilmente condiviso e i ruoli in questo campo non sono fissati in modo rigido. Si acquista quanto serve in luoghi diversi, per comodità. A volte lo fa lui, vicino al suo posto di lavoro, a volte lei vicino al suo, a seconda dei casi. Oppure si ricorre a punti di vendita particolari per alcuni tipi di prodotto: il vino fuori città, anche in damigiana (piace imbottigliato all’origine piuttosto che certificato), spesso da chi può fare la consegna a domicilio. I prodotti del circuito equo e solidale nelle botteghe dedicate. Per la carne si è disposti anche ad andare lontano. In questo caso se ne comprano grandi pezzature, accumulando scorte che, surgelate, durano a lungo. Ma al supermercato, poco o tanto, ci vanno tutti: la scelta, anche di prezzo, è ampia, le offerte speciali vantaggiose, gli sconti e i regali, ottenuti con le tessere fedeltà, allettanti. I prodotti a marchio delle diverse catene, posizionati in una fascia di buona qualità, ma a prezzo ridotto (circa il 20% in meno rispetto al leader della categoria), stanno conquistando quote crescenti di mercato, grazie anche all’aggiunta dell'alta gamma e dei prodotti di primo prezzo. Ciò nonostante, c’è chi preferisce fare la spesa nei negozi; in particolare, una porzione della popolazione anziana, quella che può permetterselo. Oppure chi crede nell’equivalenza negozio/qualità e apprezza l’atmosfera: il forno con il profumo del pane fresco, la casera con l’insegna di legno intagliato che ricorda tanto una baita di montagna. La possibilità di stabilire rapporti personali con il venditore funziona da garanzia, rassicura. Altro possibile punto di riferimento, il mercato rionale. Ci vanno in tanti, per abitudine, facilità d’accesso e rapporto di fiducia con i venditori. In ambito alimentare si acquista soprattutto frutta e verdura, anche se preoccupano un po’ le condizioni igieniche e l’esposizione al sole. Il mercato funziona bene anche per i single, categoria numericamente in crescita, mentre al supermercato (che pure frequentano) le confezioni sono in genere troppo grandi. Loro tendono a fare una spesa piccola ma quotidiana: chi vive solo, vuole sentirsi libero di cambiare programma anche all’ultimo minuto. Le fasce deboli ricorrono prevalentemente agli hard discount e, se possibile, alla filiera corta, comprando direttamente dal produttore.

Veniamo alle strategie d’acquisto. Si usa spesso un doppio criterio: su alcune categorie di prodotto si risparmia, per altre si cerca la qualità. Convivono tendenze antitetiche: da un lato lo spostamento verso prodotti di primo prezzo e dall’altro la scelta di prodotti a più alto significato ambientale (bio, di cui siamo i primi produttori in Europa ma non i primi consumatori, o equo e solidale). Però i consumatori del bio e dell’equo e solidale appartengono ancora in buona parte alla fascia medio-alta. Piacciono sempre di più i prodotti che arrivano da vicino (Km 0) e quelli tipici. Ma bisogna sottolineare che spesso, nelle strategie d’acquisto, c’è in realtà ben poca logica e si agisce per abitudine, simpatia o pregiudizio. Non tutti per esempio badano al prezzo o puntano sistematicamente al risparmio. C’è chi preferisce in qualche caso ‘fare contenti’ i familiari piuttosto che risparmiare. Pochi fanno la lista della spesa, anche se l’elenco delle cose necessarie potrebbe essere uno strumento utile per contenere i consumi superflui. Addirittura sono molti quelli che dichiarano di non sapere quanto spendono al mese. L’adesione valoriale comincia però, come si è detto, a indirizzare le pratiche di consumo. Per esempio chi entra a far parte di un G.A.S. crede nella sobrietà e nella solidarietà all’interno e all’esterno del gruppo. Oppure c’è chi rinuncia al supermercato vicino a casa e ne raggiunge uno più lontano, perché ‘essere soci non è la stessa cosa che avere una carta fedeltà’. Si tratta tuttavia anche in questo caso di una minoranza. Ma l’attenzione all’ambiente e ai problemi sociali è un fenomeno in crescita e se n’è accorto anche il marketing della grande distribuzione: una catena per esempio, per stimolare appunto l’adesione valoriale, sta aprendo punti vendita eco-compatibili. Ma una questione meriterebbe più attenzione: la persona media, in buona salute, non fa particolarmente caso al tema della qualità. Gli intervistati hanno ammesso di non avere affatto le idee chiare in questo campo. Sembra difficile anche capire il rapporto tra qualità e bontà, sapore. L’impressione è che si stia perdendo una competenza un tempo condivisa e che oggi la conoscenza reale del prodotto sia decisamente, e pericolosamente, scarsa.





G.A.S.

Piccolo, locale, solidale: sono i tre aggettivi guida dei Gruppi di acquisto solidale (G.A.S.) che, pur in crescita, sono ancora un fenomeno di nicchia. I G.A.S. acquistano preferibilmente da piccoli produttori. Stabiliscono con loro rapporti di conoscenza diretta e approfondita e ne sostengono l’attività, garantendo eque remunerazioni. La loro spesa si ispira ai principi del chilometro zero e della filiera corta. Nella stessa logica di riduzione dell’impatto ambientale, privilegiano il piccolo produttore biologico. Rinunciano agli imballi, riusano i contenitori, acquistano il prodotto sfuso ogni volta che è possibile. Tutto questo da un lato riduce l'acquisto d'impulso e dall’altro aiuta a riscoprire la tipicità di produzioni ai margini e la loro storia legata al territorio.



(19 aprile 2010)

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