Domenica, 29/12/2013 - Sono trascorsi cento anni dalla nascita di Amrita Sher-Gil, la Frida Kahlo dell’India, nata a Budapest nel 1913 (il 30 gennaio) e morta a soli 28 anni - il 5 dicembre del 1941 – a causa delle tragiche complicazioni di un aborto. Amrita Sher-Gil era figlia di una ebrea ungherese e di un Punjabi Sikh – facente parte, cioè, di un’etnia monoteistica fedele alla figura del Guru.
Sher-Gil ebbe una vita straordinaria, la sua precocità e brillantezza ricordano quelle meteore effimere che fiammeggiano brevi nell’atmosfera.
Aristocratica e raffinata, di gusti e di lignaggio, fu concertista già all’età di nove anni, avendo appreso prestissimo a suonare, con la sorella Indira (altrettanto dotata), il piano e il violino. Amrita prese il pennello ancor prima della penna; dipingeva fin dall’età pre-scolare, e il suo tratto era ingenuo, puro, il colore istintivo.
Amò da subito il teatro e le sue abilità recitative lasciavano ben presagire.
Nel 1924, Amrita fece l’impossibile per seguire le lezioni di scultura di un artista italiano conosciuto a Shimla (nell’India settentrionale). Forse su consiglio di questi, fu accolta in Italia alla Santa Annunziata -Scuola d’Arte fiorentina.
Frequentò nel 1929 l’Ecole National des Beaux-Arts, conobbe i bohémiens della capitale europea e, sedicenne, fece suo quello stile di vita: sregolato e dandy.
Troppo poco conosciuta, sia in India che altrove, Amrita Sher-Gil è al centro dell’expo attualmente allestita presso la National Gallery of Modern Art di Delhi. La collezione, che vanta ritratti esotici dalla semplicità commovente, ci ricorda quanti debiti deve ancora saldare la Storia dell’Arte pittorica con quelle donne talentuose e leggendarie ingiustamente taciute, ignorate e ulteriormente mortificate, rispetto ad una morte già tanto prematura.
In un’India così vessata dalla disparità dei generi, l’esposizione dei dipinti di Amrita suona come una rivoluzione copernicana, tesa a risvegliare, con il valore dell’arte, tutte le coscienze.
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