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Incontro ravvicinato con Sanguineti

Incontro ravvicinato con Sanguineti

direpoesia vicenza 28.04.2010 incontro con edoardo sanguinetiPOESIA e stefano scodanibbio MUSICA a palazzo leoni montanari

Sabato, 01/05/2010 - QUESTO ARTICOLO SOSTITUISCE QUELLO OMONIMO Già INVIATO



INCONTRO RAVVICINATO CON EDOARDO SANGUINETI

E STEFANO SCODANIBBIO

PALAZZO LEONI MONTANARI VICENZA 28.04.2010





A volte può essere vantaggioso trovare posto solo nella sala attigua a quella - in questo caso il Salone di Apollo di Palazzo Leoni Montanari - che ospita l’evento, l'esecuzione per voce recitante e contrabbasso di Postkarten e Alfabeto apocalittico ad opera degli stessi autori: Edoardo Sanguineti (testi) e Stefano Scodanibbio (musica).

Sì, perché nel maxi schermo che restituisce ingrandita l’immagine del poeta, si può osservare in sacro silenzio ogni minimo impercettibile movimento del volto diafano e sanguigno del grande poeta genovese che mancava da Vicenza da un ventennio. “Un illuminista contemporaneo, poeta ancora dell’avanguardia, che non si accontenta mai della propria produzione che rivisita continuamente” esordisce Stefano Strazzabosco, efficiente curatore anche della seconda edizione di Direpoesia. Solo per scrivere qualche veloce appunto ho distolto lo sguardo dal volto dell’autore ottuagenario sempre ritto in piedi nonostante la gamba destra poggi sulla stampella, tacita testimone del lungo periodo di immobilità dovuta alla frattura del ginocchio. Il viso del poeta (ma anche prosatore, tragediografo e uomo politico) è maschera impietosa che nulla nasconde al passare del tempo, bellissima proprio in questa sua struggente tragicità. Nell’ampia e spaziosa fronte che sovrasta due tondeggianti e perfetti archi sopraccigliari incanutiti come i capelli è assorbito un caleidoscopio di culture, lingue, militanze civili e politiche. Sotto, in leggera rientranza, due palpebre rigate da sottili capillari solo a volte si riavvolgono per lasciar fuoriuscire le pupille in direzione di Stefano Scodanibbio, perfetto co-autore del percorso parallelo, assolutamente non illustrativo, una miscela di composizione e improvvisazione, un magma poetico-musicale che avvolge le sale delle muse. Sotto l’inconfondibile naso una fessura che si apre e chiude per fare uscire in una lettura antiretorica, un flusso di parole sperimentate e sperimentali, alluse e allusive, ritmiche ritmate rimate, e nel poeta ancora dell’Avanguardia sempre ri-nate. Inizia da Postkarten (1997), sorta di variazioni (cartoline) su tema cromatico sostenuto da una linea d'orizzonte acuta, in suono armonico, sempre presente. “Di un uomo sopravvivono solo dieci parole, compresi tic, denti memorabili, lapsus…Come vedi, amore, ogni amore è impossibile, e ce l’ho duro per niente…Ora figli e moglie mia, vi lascio cinque parole e addio: non ho creduto in niente!… La poesia è come la verginità e la gioventù, bisogna perderla per ritrovarla. E io penso che sia meglio perderla che trovarla… Al telegramma invece ho rinunciato: perché mi accorgo che morire, adesso, non mi serve…La poesia è ancora praticabile, probabilmente: io me la pratico, lo vedi, in ogni caso, praticamente così…Oggi il mio stile è non avere stile.”. Con queste parole si conclude il primo atto di una lettura memorabile, una lezione di stile e di vita di uno dei più grandi poeti contemporanei. L’emozione gli trapela nel luccichio degli occhi semichiusi, nello stiramento delle labbra in smorfia, nel troncamento della voce che subito si riprende mentre sorridendo esce dalla sala tra il caloroso ed affettuosissimo battimani delle duecento persone presenti.

E accolto da un altro lunghissimo applauso Sanguineti ritorna poco dopo a leggere l’Alfabeto Apocalittico (1982) dall’A alla Zeta, una prova lessicale originale e piacevolissima grazie anche alla provocazione e alla complicità delle immagini di Enrico Baj, cui è dedicata l’opera, proiettate su un altro schermo: “cascato è il cavo cielo & la cometa/ cresta è di cotte croste & cruda creta;/ celibe è il cosmo, in chiara crisi cronica,/ cubo cilindro & circumsfera conica”:/crocida il corvo, cuculia il cuculo,/ chicchiurla il chiurlo & crepita col culo:/ cecato mi è il colòn, cacato ho il cazzo,/ chiudi ‘sta cantilena, can cagnazzo:...” In alcune perizie lessicali ho colto delle assonanze con i medicamentosi versi del poeta pallido, Cesare Ruffato.

Da un pezzo ormai ho smesso di scrivere, rapita dalle finezze e virtuosismi musicali, suggestivo controcanto alla voce monocorde del poeta, in un mosaico di intarsi e di rimandi reciproci di grande e potenza, mentre gli occhi guardano le asciutte immagini di Baj dove il gioco e l’eros sono silenziosamente sanguigni.

Alla fine, per la gioia dei presenti, la lettura del Sonetto vicentino in forma di acrostico palindromo appositamente scritto dal poeta per DirePoesia e la città del Palladio. Si tratta forse, come ci ha detto lui stesso, di uno dei suoi testi più funambolici: la struttura strofica è stata innovata spostando la seconda quartina alla fine e lasciando le due terzine al centro; le iniziali di ogni verso, lette verticalmente, formano la parola Vicenza e il suo anagramma Azneciv (Fernando Bandini docet);

ogni verso contiene parole che iniziano tutte con la medesima lettera; nel testo possono essere rintracciate citazioni di un altro sonetto, quello che D’Annunzio scrisse sempre su Vicenza, e poi incluse nella sezione di Elettra dedicata alle Città del silenzio.



SONETTO VICENTINO

Vasti versi virili, vitalmente,

In invidiate, in innocenti imprese,

Cozzano con colonne, caldamente

Ezzeliniane, evidenziate, estese:

Nei nodi nuovi, nei nobili nani

Zoppicanti, zaffate zolforose

Apprendono amaretti astati, arcani:

Asparagi ad Andrea, acque amorose,

Zeno, zone zittite, zafferani,

Novellatrici newage, ninnolose:

Ecco eunomíe, endemonicamente

Cangrandesche, criptoportici, chiese

Incantate, ieromanticamente:

Vedo vicus, virtù vespaiolese:

Edoardo Sanguineti

22 aprile 2010

Il componimento, dato in omaggio a tutti presenti, è stato stampato in 290 splendidi esemplari fuori commercio con i torchi de L’Officina d’arte contemporanea. La sottoscritta ha il numero 183.



Gabriella Bertizzolo

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