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Incontri su un treno nell’India del sud

Incontri su un treno nell’India del sud

Diario dall’India / terza tappa - Il viaggio in treno fino a Madurai e l’incontro ravvicinato con le donne e le loro tradizioni. Colpiscono le colonne imponenti scolpite con le teste di elefanti nel tempio della dea della fertilità Meenaschi

Katia Graziosi Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Marzo 2008

Il treno per Madurai delle ore 13,30 si forma qui a Kanyakumari. I passeggeri sono pochi e c’è parecchio posto libero nelle numerose carrozze che lo compongono. In India i treni sono sempre lunghissimi e sembra non finiscano mai.
Io e Giovanni ci accomodiamo seduti sulle panche di legno e per circa due ore sonnecchiamo cullati dal movimento della carrozza e dell’aria calda mossa da uno sgangherato ventilatore che gira sulle nostre teste.
Le ore pomeridiane, qui nell’estremo sud dell’India - nel mese di febbraio- sono assai calde; in lontananza si scorgono i Gathy occidentali (la catena montuosa che attraversa questo paese) che, piano piano, scompaiono insieme alle risaie ed il paesaggio diviene sempre più arido con pochissimo verde.
A metà percorso siamo fermi in una stazione abbastanza grande.La pensilina brulica di persone cariche di pacchi. In pochi minuti le carrozze sono complete. Si ode un gran vociare ed improvvisamente quattro donne, un bambino e tre uomini irrompono, con voluminose borse e pacchetti nel nostro scompartimento.
Ci muoviamo per lasciare posto e per qualche minuto iniziano verso di noi sguardi curiosi, sorrisini trattenuti ed uno scambio sussurrato di parole fra loro. Certamente parlano di noi, penso. Ci stanno esaminando, siamo gli unici stranieri sul treno e da dove veniamo sono giorni che non incontriamo occidentali. Il bambino in braccio alla donna più giovane ha circa due anni, è seminudo, ha solo una magliettina corta, corta.
Tre signore indossano sari coloratissimi e gioielli alle caviglie, ai polsi, al collo, molto vistosi. Una di loro ha orecchini con pietre luccicanti e molto particolari: formano una coroncina sul capo che unisce i due lobi delle orecchie. Un vero capolavoro di oreficeria.
Il posto sulle panche non è sufficiente per tutti. Giovanni si alza e, con un gesto gentile, invita la signora più anziana a sedersi. Lei sorride lasciando intravedere i denti macchiati di rosso e con mossa inaspettata si adagia sotto il sedile di fronte a noi.
Rimaniamo senza parole. Giovanni insiste inutilmente per cederle il suo posto ma lei rimane accovacciata come un cane sotto il sedie, nella più completa indifferenza dei suoi compagni di viaggio. Siamo molto a disagio, gli altri sorridono e ci fanno segno di non preoccuparci.
Osservo meglio questa donna. Avrà 40 anni, il viso è gradevole, ha occhi nerissimi ma un po’ spenti, si riscontra una certa trasandatezza nella sua sari , non indossa gioielli il che contrasta visibilmente con le sue compagne di viaggio.
Evito di guardarla e faccio dei complimenti al bambino. Ecco, il ghiaccio è rotto. La giovane mamma che ha 25 anni – lo sapremo dopo – è l’unica che conosce un po’ di inglese, gli altri parlano solo Tamil. Ci racconta che è una famiglia : tre fratelli con le rispettive mogli, mentre la più anziana sotto il sedile, è la madre della nostra interlocutrice.
Questa giovane mamma spiega che stanno ritornando da una festa di matrimonio e con gesti disinvolti apre una grande scatola e mi fa vedere la magnifica sari che ha indossato per la cerimonia. E’ di colore fucsia con un bordo tessuto da fili dorati. Apre anche altri pacchetti ove sono riposti l’abito elegante del bambino e vestitini acquistati per l’occasione.
I miei occhi si posano continuamente sotto il sedile di fronte. Non posso fare a meno di osservare la signora li sotto accucciata. “Sarà un a vedova ?” mi domando. Nel Tamil Nadu, regione all’estremo sud dell’India in cui ci troviamo, l’induismo e le tradizioni sono molto radicati nella popolazione prevalentemente rurale e in questa cultura millenaria una donna che diventa vedova perde completamente la sua funzione sociale: non è più moglie e non può procreare di conseguenza cessa anche di essere persona. E’ considerata fuori dalla società ed è isolata all’interno della famiglia.
Giovanni si complimenta con le tre signore per i bei gioielli che indossano, loro sorridono e li espongono meglio. Io apro la scatolina che tengo nello zaino che contiene un bracciale acquistato a Oty. Improvvisamente si crea silenzio. Il mio bracciale passa di mano in mano fra mormorii e anche la signora sotto il sedile interviene, lo tiene nelle sue mani e sussurra qualcosa mentre mastica foglie di betel che le macchiano i denti di colore rosso.
I passeggeri degli scompartimenti attigui si avvicinano. Vi è un gran confabulare. Il bracciale continua a passare di mano in mano, scompare e ricompare. Interviene anche un vecchio indiano che si era sistemato in alto nel portabagagli, scende e lo esamina attentamente. Tutti tacciono, l’uomo dice qualcosa, poi il bracciale torna nelle mie mani e la nostra interlocutrice dopo avere ascoltato il parere di tutti afferma che si tratta di un modello antico.
Li abbiamo molto incuriositi e così tentiamo di raccontare il nostro viaggio.
Ci è di aiuto la carta geografica dell’India che abbiamo con noi. Qui si intromette anche uno dei mariti e ci fa capire che abitano alla periferia di Madurai – la nostra meta – e che potrebbe darci ospitalità.
Ecco che una delle signora apre la borsa e ci fa assaggiare una specie di marmellata con mandorle; si inizia così a conversare di cibo con l’aiuto del glossario della nostra guida e della gestualità.
Il pomeriggio trascorre veloce, mi accorgo che il sole sta tramontando. Dal finestrino scorrono villaggi polverosi e quando il treno rallenta vi sono sempre dei bambini sorridenti vicini ai binari che salutano.
E’ già buio quando il treno entra nella stazione di Madurai. Salutiamo con calore i nostri compagni di viaggio.
E’ tardi ma ci incamminiamo ugualmente nelle caotiche buie stradine che portano al tempio della dea Meenaschi, dea della fertilità.
L’impatto è incredibilmente suggestivo. E’ l’ora dell’ultima preghiera della giornata, ovunque luci di candele e odori di incenso. Colonne imponenti svettano nei semibui corridoi e le sari delle donne compongono macchie coloratissime. Tutto intorno a noi incute rispetto. Camminiamo estasiati, questa è l’India medievale e spirituale. Dalle colonne, teste scolpite di elefanti con minacciose proboscidi si proiettano verso di noi e provocano un sentimento di timore. E’ come entrare in una favola.
Usciamo dal tempio insieme all’elefante ed ai dromedari che agghindati lasciano questo luogo sacro per fare ritorno alle loro stalle. Ritorneranno domani per svolgere giorno dopo giorno il loro lavoro di sorveglianti silenziosi di questo luogo magnifico.
La gente per strada si ferma a guardarli. A quest’ora anche le vacche che vagano libere nelle stradine polverose attorno al tempio, si radunano per dormire tutte insieme a ridosso delle mura del tempio. Qualcuna si ferma davanti a qualche bottega ove viene offerto un secchio di acqua o del mangiare.
Sui larghi marciapiedi del tempio di Meeneschi molte persone, soprattutto donne e uomini anziani, sono già sdraiate a terra ed avvolte nei loro stracci: affronteranno così la notte insieme alle vacche. Domani è un altro giorno e per loro tutto ricomincerà e finirà allo stesso modo.
Incredibile India.

(18 marzo 2008)

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