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In Umbria obbligo di ricovero per le IVG. Allarme di Laiga

In Umbria obbligo di ricovero per le IVG. Allarme di Laiga

Le donne umbre non potranno più usufruire in day ospital del servizio di interruzione volontaria di gravidanza (Ivg) farmacologica

Martedi, 16/06/2020 - Riceviamo e pubblichiamo

LAIGA: "L'Umbria torna indietro su aborto farmacologico: Inaccetabile! Con allarme Covid19 tutto il mondo va nella direzione opposta"

Le donne umbre non potranno più usufruire in day ospital del servizio di interruzione volontaria di gravidanza (Ivg) farmacologica ma saranno invece obbligate al ricovero di tre giorni per la somministrazione della pillola abortiva RU486: una decisione della maggioranza di destra del Consiglio regionale che di fatto costringerà le donne a non poter più scegliere il metodo meno invasivo per la loro salute fisica e psicologica, con un aggravio dei costi per il ricovero a carico della sanità regionale, un'ingiustificata esposizione nelle strutture ospedaliere al rischio di contrarre il Covid 19, e andando così nella direzione opposta a quella che si è ormai affermata nella maggior parte dei Paesi europei.

In Francia l’Ivg farmacologica viene scelta dal 66% delle donne, in Svezia dal 95%, ma anche in Irlanda e Portogallo ci si è mossi in questo senso, con crescenti e significative percentuali. In Italia (ultimi dati 2018 della sorveglianza IVG del Ministero Salute) solo dal 18%, in Umbria dal 5%.

La decisione è arrivata quando la Giunta guidata da Donatella Tesei ha votato per l’abrogazione della delibera regionale approvata nel dicembre 2018 dopo otto anni di aspre battaglie, in seguito alle quali si dava indicazione agli ospedali umbri di organizzare con day hospital il servizio per la interruzione volontaria della gravidanza farmacologica.

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"L'Europa va avanti e si occupa e preoccupa delle donne mentre in Umbria gli amministratori locali ritengono che la condizione femminile debba fare passi indietro e rendere loro più complicato abortire", commenta la presidente di Laiga, Libera associazione italiana ginecologici per l'applicazione della Legge 194, Silvana Agatone. "Ma che senso ha questo aggravio di costi, tempo, risorse e personale medico e infermieristico solo per la somministrazione di pasticche, proprio nel momento di allerta Covid 19, in cui tutto il mondo sta cercando di ridurre i contatti, e l'Umbria al contrario li aumenta. Le donne dovranno così rimanere tre giorni in ospedale, aumentando i pericoli di contagio per pazienti e personale sanitario. Assurda dal punto di vista scientifico questa procedura, quando ad esempio in Francia dal 2005 è addirittura il medico di base a prescrivere le pillole abortive e le donne le assumono a casa propria. Putroppo il senso di questo provvedimento sembra essere solo quello di creare maggiori difficoltà alla libera scelta e autodeterminazione delle donne, che si vedono così complicare il percorso verso una decisione che in molti casi è già sofferta. Ma i politici non dovrebbero occuparsi di migliorare le situazioni di disagio invece di aggravarle?".
"Per questo promettiamo battaglie in ogni sede opportuna, per non lasciare che questa deriva retrograda inquini la vita delle donne umbre".
In Italia la maggior parte delle Regioni prevedeva la somministrazione delle pillole abortive con ricovero ospedalieo di tre giorni, e solo alcune, tra cui Toscana, Emilia Romagna, Lazio e Umbria, avevano previsto invece il day hospital per questo sevizio.
"Ecco perché appare ancora più grave che una Regione che era andata in una direzione più efficiente, con l'uso 'di tecniche più moderne, più rispettose dell'integrità fisica e psichica delle donne e meno rischiose', come sancisce l'Articolo 15 della Legge 194/78, compia questo pesante salto all'indietro".

Già il 7 aprile Pro-choice, Rete italiana contraccezione e aborto (Pro-choice RICA), Libera Associazione Italiana Ginecologi per l'Applicazione legge 194 (LAIGA), l’Associazione Medici Italiani Contraccezione e Aborto (AMICA), l’Associazione Vita Di Donna ONLUS hanno scritto una lettera alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, al Ministero della Salute e all’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) affinché siano adottate misure urgenti per garantire ad ogni donna, sull’intero territorio nazionale, l’accesso al'aborto anche durante l'emergenza Coronavirus.
Questa è la petizione che ha raccolto quasi 6mila adesioni ed è stata firmata tra gli altri da Roberto Saviano, Laura Boldrini, Michela Marzano, Livia Turco, Loredana Lipperini, Susanna Camusso, Valeria Valente, Marco Cappato, Valeria Fedeli, Elena Stancanelli, Emma Dante, Angela Finocchiaro, Lella Costa.
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"L'8 giugno abbiamo rinnovato questo appello al ministro della Salute, Roberto Speranza, ma anche questa volta non abbiamo ricevuto assolutamente alcuna risposta dalle autorità competenti interpellate", sottolinea Agatone, "Il silenzio seguito a questo appello mostra ancora una volta come la salute, il benessere e la libertà delle donne non rientrino tra le priorità di questa classe politica, sorda quando si tratta di diritti delle donne", conclude Agatone.

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