Una donna semplice, con una formidabile passione per la politica delle donne. Con lei nacque il Coro delle mondine
Sono facilitata a scrivere di Paola Brandolini, detta Paolina perché, sono nata ed ho abitato nella stessa località, dove la nostra amica (che purtroppo il 14 gennaio, all’età di 93 anni, ci ha lasciato) vi ha trascorso l’intera vita, Filo d’Argenta (Ferrara). Una donna dal vissuto straordinario, che veramente merita di essere ricordata. In questa località, vi ho abitato, fino all’età di trentacinque anni, per poi trasferirmi a Ferrara con la famiglia, senza però mai sradicarmi completamente dalla conoscenza e dai frequenti scambi con le tante compagne ed amiche della località, compresa la sempre presente Paolina.
Paolina è nata in una famiglia di mezzadri, molto numerosa, i genitori, nove sorelle, due fratelli. Una vita, la sua, non proprio facile: poca scuola e tanta miseria. Ha sempre lavorato nei campi e anche nelle risaie. Ci raccontava che da giovane per arrivare nelle coltivazione a riso, doveva percorrere anche venti kilometri in bicicletta e dopo otto ore di lavoro, assieme alle sue compagne, faceva il percorso del ritorno cantando, per sentire un po’ meno la fatica. Aveva un carattere molto forte e predisposto alla allegria e questo l’ha aiutata a superare momenti difficili e tanto tristi, ed ha sempre saputo “dare” agli altri, più che ricevere.
Durante la guerra, mentre il marito, il suo amato Senino, era prigioniero dei tedeschi, un tragico evento la colpì profondamente. La sua seconda figlia, all’età di tre anni, morì annegata cadendo dentro un mastello, pieno d’acqua posto nel cortile della sua abitazione. A liberazione avvenuta con il ritorno del marito, il ritorno alla normalità; alla primogenita Luciana, aggiunse altri due figli: Nadia e Willer. Diede inizio alla sua molto attiva partecipazione alle lotte per il lavoro e per la ricostruzione. Filo e la sua gente ha pagato duramente la lotta al nazifascismo. Per un tedesco trovato morto, per rappresaglia vennero fermate una cinquantina di persone e dieci di queste vennero uccise. Nei sette mesi del lungo inverno del 1944-45, erano frequenti le irruzioni degli aerei alleati, il fronte militare era fermo nella vicina S. Alberto, oltre il fiume Reno, mentre nelle nostre valli si combatteva la lotta partigiana. In queste vi partecipa anche Renata Viganò e il marito. Le popolazioni cercavano riparo sfollando dalle località più esposte a quelle ritenute più sicure. Filo, quindi, era stato molto colpito dalla guerra e quando questa è finita si trovava oltre che con tante distruzioni, con terreni e abitazioni minate dai tedeschi e con gran parte del territorio allagato. Il senso di solidarietà tra la popolazione e la volontà di ricostruire era molto diffuso. Si ricostruiscono le organizzazioni politiche, il sindacato, il collettivo forte della presenza di oltre mille braccianti, tra questi, la famiglia di Paolina. Le lotte per il lavoro e per nuovi diritti, produssero anche la conquista della riforma agraria, la legge stralcio emanata nel 1950. Questa legge operò negli anni immediatamente successivi, nella frazione di Filo, con l’esproprio di 1.200 ettari di terra e la loro assegnazione a 200 famiglie, tra queste la famiglia di Paolina, che divenne assegnataria, coltivatrice di tre ettari e mezzo di terreno, una casetta isolata, una piccola stalla con due mucche. Il reddito che si poteva ricavare si dimostrò abbastanza insufficiente per le necessità di una famiglia di cinque persone. Questo portò i suoi figli, appena raggiungevano l’età di lavoro, a cercare altre occupazioni per ricavarne reddito. Andavano in Romagna, con i mezzi di trasporto, bicicletta e treno, dove si effettuava la lavorazione delle conserve a cottimo, li ricordo spesso con le mani ricoperte da scottature o da corrosione dagli acidi.
Paolina si iscrisse all’UDI, al PCI, nella cooperazione e nel sindacato dei braccianti e poi all’Alleanza Contadina. È stata partecipe attiva alle lotte, alle manifestazioni sindacali e non mancò mai a quelle promosse dall’UDI. Della nostra associazione diventò punto di riferimento simbolico. Ricordo, quando organizzò decine di incontri delle donne contadine in preparazione della grande assemblea nazionale di Verona con la quale la nostra associazione si proponeva l’abolizione del coefficiente Serpieri (che riconosceva solamente il 60% della paga alle donne contadine), ed acquisire la parità tra uomo e donna.Diventa responsabile del circolo UDI di Filo, alla fine degli anni ‘60, garantendo con la propria attività la diffusione del settimanale “Noi Donne”, tramite la creazione di una rete di donne diffonditrici, articolata nelle località Filo, Mulino, Case Selvatiche. È stata sempre presente a tutte le numerose manifestazioni promosse dall’UDI negli anni ‘70. Non mancò mai a nessun congresso Provinciale e anche Nazionale. Con la sua passione per la politica delle donne, partecipa a Roma alla grande manifestazione sul diritto di famiglia. Cantammo assieme in coro, durante il corteo, le canzoni popolari e quelle cantate nei lavori in risaia. Ricordo che quando arrivammo a Piazza Navona, dopo lo svolgimento di alcuni interventi, Nanni Loy dal palco, ci invitò a salirvi. Paolina per prima vi salì, seguita da tutto il nostro gruppo e fu il battesimo dell’improvvisato coro. Il coro poi prese una forma meno spontanea, venne dedicato a Maria Margotti, la mondina di Filo uccisa dalla Celere il 17 maggio del 1949 nella manifestazione a Ponte Stoppino di Molinella, durante lo sciopero nazionale dei braccianti. Una trasmissione della Rai registrò un’8 marzo a Filo con quel coro di voci femminili, senza maestro, senza musica e tanta passione femminile. L’unica a figura maschile era quella di Cencio, sempre presente con funzioni di organizzatore-spettatore. Fece delle vere e proprie tournée in diverse località del Friuli, della Puglia, in Svizzera, su invito di connazionali immigrati. Momenti molto significativi furono le esecuzioni nelle scuole e nelle “case protette” degli anziani. Il coro si sciolse per esaurimento, quando subentrarono malattie e lutti. Paolina dovette prenderne atto con molto dispiacere, ma continuò essa stessa a raccontare la storia delle donne. Una giornalista tedesca le regalò il libro contenente una sua intervista. Del coro, Paolina aveva l’orgoglio di disporre di due cassette registrate in uno studio di Milano, diffuse in un baleno. Diceva “queste cassette sono la prova e la conferma che siamo veramente esistite”!
Con l’XI Congresso che decise la profonda modifica dell’UDI, una scelta che non entusiasmò Paolina, e parlando con Ormea del circolo di Scortichino, si chiese ‘ora che facciamo nei nostri circoli di campagna?’ La risposta che entrambe si sono date, continuare a fare come prima, con l’aggiunta, abbiamo bisogno della presenza e del contributodi ragazze per ringiovanire la nostra organizzazione. Negli ultimi anni Paolina nei suoi interventi, ai nostri incontri, faceva appelli rivolti con tanta passione alle giovani e al rinnovamento della nostra associazione. Un giorno telefonò annunciando di avere trovato una giovane amica disponibile a sostituirla nella responsabilità, invitandoci all’ incontro per formalizzare la decisione. Alla riunione era euforica e ci presentò l’amica Silvana e ci espose la rete organizzativa per ogni caseggiato, l’elenco delle iscritte, il bilancio, la contabilità e felice esponeva la disponibilità di cassa del Circolo. Aggiunse - e lo ripeteva - che non avrebbe mai abbandonato le sue associate, la mia disponibilità ci sarà sempre. “Dall’UDI ho ricevuto tanti insegnamenti, dalla lettura dei ‘Noi Donne’ ho capito tante cose, cosa significa essere moglie, madre, nonna, ed essere impegnata politicamente per affermare i mie diritti e la mia libertà”. Inoltre aggiunse ancora che la sua famiglia non voleva più che corresse il pericolo di andare in “Vespa”, era questo il mezzo che usava per portare tessere, calendari, per organizzare l’8 marzo, rendendo partecipi anche le donne residenti nelle zone isolate della campagna.In caso di necessità, mi accompagna Senino, lo fa, anche se brontola un po’. Le sue telefonate all’UDI provinciale erano frequenti. Sempre tanto informata di cosa succedeva in politica, nel sindacato, nel movimento delle donne. Un giorno, eravamo nel 2003, la telefonatame la fece a casa e piangendo mi disse che aveva bisogno di parlarmi, di quanto stava succedendo a Filo. La Coop costruttori, una cooperativa, costruita nell’immediato dopo liberazione a Filo, divenuta tanto, forse troppo grande,( di questa eravamo entrambe socie), ed era divenuto l’orgoglio dei filesi, con tremila soci dipendenti, con cantieri in tutte le regioni e anche all’estero, questa era crollata, chiudendo ogni attività, con la scomparsa anche del consistente fondo del prestito sociale. Paola e la sua famiglia, come la quasi totalità deinostri concittadini, avevano depositato praticamente, tutti i loro risparmi in questa cooperativa. Anzi circa un mese prima, il Presidente fece un ulteriore appello in una assemblea pubblica, perché l’Azienda andava sostenuta, ne aveva bisogno e non bisognava preoccuparsi perché il danaro dei soci era garantito dal patrimonio. Paolina e Senino, quando furono a casa si guardarono in faccia e decisero di rispondere positivamente, spinti dal legame verso il movimento. Il mattino dopo andarono in banca e prelevarono tutto quanto avevano e lo portarono alla cooperativa. Col crac, gli veniva a mancare anche la più piccola disponibilità e mi confidò, più avanti che, avendo perso tutto, per fare fronte alle necessità doveva andare a prestito dai figli. È stata una tragedia per tutti i filesi, la località e la sua gente è tanto cambiata, un mondo è crollato su una popolazione incredula, tradita nei sentimenti e nella fiducia verso un modo di fare cooperazione, dimostratosi disastroso. Ne ha risentito l’insieme del nostro movimento e anche la nostra associazione ne ha subito le conseguenze.
La casa di Paolina è rimasta quella di sempre, aperta a tutti. Era orgogliosa della sua famiglia. Diceva, Luciana mi ha dato il primo nipote, Nadia e Willer, diventati infermieri, gli altri tre e li adorava, come ha sempre mantenuto ottimi rapporti con le sorelle i fratelli.
Merita di essere ricordata per il suo particolare significato un gita che assieme a Paolina e le nostre famiglie, in comitiva di altri amici, eravamo in undici persone, siamo andati nel ferragosto del 1967 a S. Stefano del Cadore, nella piccola frazione di Presenaio, ospiti di una famiglia che gentilmente ci aveva invitati. Era una famiglia, tra le tante colpite dall’alluvione del novembre del 1966, per le quali, al momento del disastro, avevamo promosso come UDI a Filo, una raccolta di viveri e di indumenti, per aiutare le famiglie alluvionate. Gli indumenti sono stati lavati e stirati gratuitamente, nella lavanderia gestita da Lina, una nostra cara compagna che nel fare le confezioni, in una giacca aveva infilato un indirizzo, col quale detta famiglia ci ha rintracciati e appunto invitati. Si è mangiato polenta con funghi che per la prima volta, avevamo potuto raccogliere accompagnati nei boschi, dal marito della signora che ci ospitava, con l’aggiunta di salciccia e dormito in unica stanza sopra coperte stese sul pavimento. È stato ugualmente bello e indimenticabile.
Adesso Paolina ci ha lasciato. Al suo funerale tante donne e moltissimi concittadini. Un funerale in forma civile e alla testa del corteo funebre la bandiera dell’UDI di Filo, quella del Circolo di S. Biagio e una grande bandiera della pace del circolo di Anita. La somma versata dai partecipanti alla cerimonia, la famiglia l’ha significativamente versata alla nostra associazione. Il mio scritto da solo è insufficiente per ricordare una amica che ha dato tanto e infatti dall’UDI di Ferrara abbiamo deciso di dedicare a Paola Brandolini un volumetto, nel quale è lei che parla e ci racconta la sua ricca vita. Questo è l’impegno dell’archivio storico dell’UDI. In definitiva la grande storia dell’UDI è tale perché le donne l’hanno nutrita, resa protagonista e fatta camminare. A volte con rabbia, con delusione e anche con importanti conquiste, sempre con grande passione e con l’orgoglio di poter dire: “c’ero, ci sono stata, voglio esserci anch’io”.
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