Rachida Dati - "si accettano solo donne bioniche"...
Bartolini Tiziana Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Febbraio 2009
Tornare a lavorare cinque giorni dopo un cesareo è imprudente, sbagliato, esagerato o ridicolo? Sulla performance della Guardasigilli francese Rachida Dati si è aperto un dibattito, molto sollecitato probabilmente, dalla curiosità circa l’ignota paternità della piccola Zohra. Da Sarah Palin a Ségolène Royal, prima di lei altre donne ai vertici avevano fatto altrettanto. Le contrarie l’hanno accusata di far diventare ‘lavative’ le donne in congedo per maternità, le favorevoli ne hanno celebrato la forza. La Royal ha difeso Rachida comprendendo le sue ragioni e incolpando Sarkozy di volerla sostituire approfittando di una assenza prolungata. Come è noto, lasciare le poltrone libere per troppo tempo, in politica, è affare assai rischioso. E questo l’energica Rachida lo sapeva bene, quindi ha fatto la sua scelta. Ecco, il punto è proprio questo: se una libertà le donne si sono conquistata è, appunto, la libertà di scegliere. Per questo le polemiche sono sembrate piuttosto noiose. E’ evidente che paragonare le possibilità (a partire da quelle economiche) che ha a disposizione una donna che fa la ministra non sono paragonabili a quelle di cui possono mediamente usufruire ‘comuni neomamme’. Né tanto meno può la sua scelta mettere in discussione il diritto delle francesi alle 16 settimane di maternità previste dalle loro leggi. Tra l’altro si può ragionevolmente supporre che, senza troppi clamori, una moltitudine di libere professioniste, commercianti, consulenti e precarie - in Francia come ovunque – se lo sognano di prendersi il tempo necessario al recupero psico-fisico richiesto da un parto e dalla cura di un neonato, solitamente molto esigente. Come donne non ha senso prendersela con chi ha scelto la carriera e anche la maternità, finché non si riuscirà ad imporre a tutta la società il rispetto per chi è determinante per la continuità della specie umana. Le donne dovrebbero essere addirittura venerate per la capacità di generare e per il sacrificio di sé che la maternità richiede. Invece quella manciata di settimane è costata lotte ed è continuamente minacciata e rinfacciata. Il punto che la ‘questione Rachida’ solleva è il ruolo pubblico delle donne, che per fare politica a certi livelli devono essere più che eccellenti. Non bastano le competenze, occorrono i superpoteri che, come si sa, non si acquisiscono con i Master. Tutto sommato il messaggio della ministra, in perfetto orario e in perfetta mise, al Consiglio dei Ministri a cinque giorni da un parto cesareo (che è un’operazione con l’aggiunta dello stress emotivo per la nascita di un bimbo) è un forte disincentivo: vietato l’accesso (in politica) alle donne in carne ed ossa, si accettano solo donne bioniche.
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