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"In politica abbiamo tutti e tutte la stessa età!"

UDI, dopo il XV CONGRESSO - "La sola identità biologica o anagrafica è povera e ripetitiva, non produce coscienza di sé, né progetto"

Menapace Lidia Venerdi, 23/12/2011 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Dicembre 2011

Provo sempre un certo fastidio, quando sento parlare di giovani come categoria politica. Può darsi che questo appaia come una sorta di corporativismo da parte mia, che sono molto vecchia, e magari lo è. Per questo vorrei tentare una riflessione meno superficiale ed escludente.

Ma prima di tutto cito una importante donna di anni fa dell'Udi, Maria Michetti, che in proposito aveva una opinione molto precisa e la enunciava con quella nettezza e forza che tutte quelle che l'abbiamo conosciuta, non possiamo dimenticare. Soleva dire: "In politica abbiamo tutti e tutte la stessa età!"

E se la si guardava stupite, aggiungeva: "Perché nella politica ci si associa su progetti prospettive programmi, che vengono scritti votati e approvati perché si è di quella opinione, non perché si è della stessa età". Del resto, io pure, dopo aver lottato a vita, trovando anche molti ostacoli e difficoltà, quando cominciai a sentire che mi appellavano "nonnina, nonnetta, vecchina vecchietta", con ciò riconoscendomi il privilegio di poter salire le scale con calma e passare per prima da una porta, rivendicavo con forza il diritto al fiatone, ma nello stesso tempo risposi con un rifiuto agli affettuosi appellativi, fondando anzi un "Club delle Vecchiacce", cioè di quelle donne anziane, che non rinunciano ad essere delle streghe invecchiate e amano anche fare ancora un po' di paura: ma si tratta di giochi di società, non è politica.

Invece, quando gli e le studenti incominciarono ad essere chiamati/e "giovani", a metà circa degli anni settanta, scrissi sul manifesto un articolo nel quale sostenevo - e sono ancora di quella opinione - che il o la giovane è "biodegradabile", dato che la gioventù è una malattia che con l'età passa di sicuro, mentre lo o la studente è un soggetto sociale e politico, che si costruisce una coscienza del suo ruolo, diritti ecc: dunque è molto preferibile chiamarsi o essere appellato/a studente, studente lavoratore o lavoratrice, studente precario/a, ecc.ecc.

Cioè siamo definite e ci definiamo in base a determinazioni, dette spesso anche identità, che fanno riferimento al genere o al ceto o gruppo sociale o classe di cui ci dichiariamo parte, non per caratteristiche biologiche. Infatti non è possibile costruire una coscienza di sé in quanto bionda o con gli occhi verdi, mentre lo è in quanto lavoratrice dipendente, ricercatrice, madre single ecc.ecc. Questo ci fa obbligo di studiare analizzare connettere le caratteristiche delle varie forme di coscienza di sé che scopriamo o costruiamo, di misurare la forza reale che possiamo esprimere, trovare linguaggi e forme di relazione adeguate, insomma diventare un vero soggetto politico che offre e cerca alleanze, organizzazione, obiettivi, percorsi ecc.

La sola identità biologica o anagrafica è povera e ripetitiva, non produce coscienza di sé, né progetto, serve solo per diventare forza subalterna manovrabile da chi vuole appunto affermarsi attraverso generiche "prove di forza", che peraltro restano fine a se stesse, conquistando una identità muscolare. Non per nulla il motto "Largo ai giovani!" era un motto fascista tipico e servì per spostare violentemente la classe al potere, sostituirla, senza combatterla, ma appropriandosi dei suoi privilegi. Non è un degno progetto e del resto, usato in un periodo di crisi strutturale e globale degli assetti capitalistici vigenti, rischia di restare stritolato e invece di fornire identità sociale produce passività sociale, proprio quando massimo è il bisogno di attività, risposta, proposta, movimento autonomo. Insomma davvero è fatica con poco costrutto il dichiararsi a gran voce "giovani" senza ulteriori determinazioni.

In effetti il riferimento all'età è cosi poco significativo per stabilire una qualsiasi piattaforma d'azione o richiesta di diritti che non si conosce nessuna vicenda di quel tipo che non sia servita solo a fornire soccorso a chi un progetto l'aveva. È una vecchia storia, altro che gioventù!



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UDI, dopo il XV CONGRESSO / 3




Il Cerchio, dove “ognuna ha visibilità e importanza”



Grazia Dell’Oste è nata nel 1970 ed è consulente informatica ed amministrativa, con specifiche conoscenze del mondo energetico e ambientale. È tesserata all’UDI dal 2007 e nel 2009 ed è stata Portastaffetta in Veneto della Staffetta contro la violenza sulle donne. “Da quella esperienza è nata la volontà di far nascere UDI Cerchio del Lago da parte delle donne del lago di Garda della sponda bresciana e di quella veronese. Il cerchio è la dimensione in cui ognuna ha visibilità e importanza, potendo vedere tutte le donne e da tutte essere vista”. Grazia Dell’Oste è stata eletta nel nuovo Coordinamento uscito dal XV Congresso e le abbiamo chiesto un'opinione personale circa i progetti che l'UDI dovrà darsi per essere all'altezza dei problemi che i nostri tempi pongono, con quali metodi e strumenti. “L’UDI che immagino (e che sogno) è un’UDI capace di recepire e fare sintesi a livello nazionale, delle istanze delle donne e delle associate che operano e vivono la politica nella dimensione locale, creando un patrimonio di azioni e di saperi, che uniscono e fanno azione politica diffusa. È quindi importante che quanto viene costruito in un luogo non rimanga solo patrimonio di quel luogo, ma di tutta l'associazione e di tutte le donne. Per me la scelta da farsi è quella di ritrovare sempre più una ‘anima pluralista’ sia all’interno dell’associazione con il continuo confronto con le sedi locali, sia all’esterno, con la partecipazione ai movimenti delle donne che sono emersi a partire dal ‘Se non ora quando’ del 13 febbraio 2011. Questo perché i temi che dovranno coinvolgerci nel futuro prossimo, sono condivisi e condivisibili, come ad esempio il lavoro, la rappresentanza e partecipazione politica che ritengo siano prioritari in questo periodo storico. Sono convinta che il modo migliore per uscire dalla crisi è proprio ‘affidare il paese’ alle donne. Il mio sogno è quello di avere una Presidente del Consiglio molto presto. In ultimo (ma non ultimo) il tema dell’attenzione all’ambiente che ritengo ‘nostro’. L’eco-femminismo in Italia è ancora poco conosciuto, mentre nel resto del pianeta, questo fenomeno produce cambiamento. Il rapporto con i partiti politici va quanto meno ragionato, sicuramente migliorato. La scelta di autonomia dell’UDI (che condivido pienamente) non può generare distanza. Se vogliamo che i partiti tornino a fare veramente la politica per le donne, dobbiamo trovare un tavolo di confronto, dove la nostra posizione sia ascoltata. Essere ascoltati è comunque una condizione che deve passare anche attraverso l’ascoltare. Le modalità infine non sono solo accessorie, bensì di contenuto. Dal punto di vista del mio impegno politico ho potuto conoscere, ma soprattutto vivere, la dirigenza diffusa, grazie anche a donne come Carla Cantatore e Giovanna Crivelli. Credo sia la vera strada da percorrere per attirare giovani donne nell’impegno politico, assegnando loro esplicite funzioni politiche. È un modo utile a far emergere le tante competenze ed eccellenze presenti nell’associazione e rendere l’UDI una realtà con grande partecipazione e competenza. La comunicazione, inoltre, richiede molta attenzione. Guardare ai moderni strumenti di comunicazione (web, forum e social network) è sicuramente importante ma le regole devono essere le nostre: il fine è quello di divulgare le nostre idee, ma con l’autorevolezza che l’UDI ha. È quindi importante coniugare forma e sostanza e non lasciarsi contagiare dalla superficialità verso cui questi mezzi a volte spingono. I luoghi fisici devono comunque rimanere la dimensione primaria, dove tutte le generazioni hanno diritto a trovare uno spazio. Per me sono questi i veri luoghi dove sono presenti le maggiori opportunità di approfondimento, di condivisione e dove nasce l’empatia necessaria al cambiamento, che è il fine ultimo”.

(TB)





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