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In Parlamento si discute la finanziaria, e io ...

In Parlamento si discute la finanziaria, e io ...

Sondaggio di ottobre -

Rosa M. Amorevole Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Novembre 2006

Una cosa appare certa: i temi del welfare e della sanità devono avere priorità assoluta per il 66%. Infatti, vista la condizione dei servizi presenti in Italia, il 48%, lo afferma seccamente mentre per il 18% rappresenta la condizione necessaria affinché l’operato del Governo si manifesti diverso/migliore da quello che lo ha preceduto.
Il 35% manifesta il proprio pessimismo: il 23% pensa infatti che – comunque sia – “toccherà pagare”, mentre l’10% non ha grandi illusioni: i “grandi cambiamenti non saranno possibili e le mediazioni saranno dolorose”. Per il 3% la finanziaria porterà sia miglioramenti sia peggioramenti.
Dalle risposte ricevute in merito alla questione “dove tagliare” emerge forte e chiara una richiesta di intervento sul fronte degli sprechi. Accanto a qualche sparuta indicazione operativa (basta “con i tre milioni di rotonde stradali” , “alle grandi opere non finite”, “ai finti invalidi dai quali dobbiamo pretendere il ritorno del maltolto”; “chi ostenta la propria ricchezza con barche e auto di lusso”, “all’assistenzialismo”, “con i privilegi delle lobby come quella dei decoder”, “al nepotismo”; tassiamo “i ricchi”, “.. tagliamo le pensioni sopra i 4.000 euro”, “ .. investiamo nel controllo delle denunce dei redditi”.. propongono alcune) viene alla luce tutto il malessere nei confronti dei costi della politica.
Le accuse rivolte a chi è chiamato a rappresentarci evidenziano una percezione non certo positiva del sistema nel complesso, sia a livello statale sia a livello locale. E’ lì che chi risponde intravede tanti sprechi: non solo le auto blu e i portaborse, le consulenze e le strutture inutili.
Chi ci rappresenta costa troppo, e troppi sono i suoi privilegi. Troppo elevato il numero dei parlamentari, troppi i benefit per chiunque eserciti un ruolo politico: “..è possibile che io debba lavorare 3 vite e loro in un anno guadagnano cifre da capogiro?”, “..perchè per noi comuni mortali si innalza sempre più l’età pensionabile e loro – con pochi anni di servizio – possono godere di vitalizi irraggiungibili?”, “basta con le loro pensioni d’oro, i doppi incarichi le commissioni inutili (che garantiscono però gettoni di presenza consistenti)”. E basta con tutti quei privilegi che sfruttano anche a favore di amichette, mogli, figli e suocere..”!
Si richiedono tagli ai troppo alti compensi per onorevoli, consiglieri regionali, assessori, rappresentanti dei partiti nel variegato mondo delle nomine politiche, alti “in relazione alla loro effettiva presenza”. Dovrebbero “dare il buon esempio, essere a servizio del cittadino, ma in realtà siamo noi a finanziare i loro stipendi. E loro – legislazione dopo legislazione – fanno buchi di bilancio perché pensano solo ai loro interessi”. E c’è anche chi propone ironicamente di far firmare loro un contratto di collaborazione (a progetto?) e “in caso di cattiva gestione, il licenziamento in tronco. Sono o non sono nostri dipendenti?”
Meno presente, ma significativa, anche la critica al settore pubblico, a tutti “quei pubblici dipendenti garantiti che non lavorano”, specie da chi in tale settore opera con contratto di collaborazione.
E soprattutto in merito alla sanità ed alla scuola (80% delle risposte) che non dovrebbero manifestarsi i tagli. “Perché chi ha soldi si può comprare una sanità ed un’istruzione miglior”, per tutti gli altri rimane solo il sistema pubblico. Ma anche la ricerca, le pensioni, i servizi debbono essere priorità importanti, così come appare chiaro che il taglio dei finanziamenti agli enti locali si traduce automaticamente sia in tagli o incremento di costo dei servizi, sia in incremento di tassazione aggiuntiva.
A 'noidonne' si chiede di spiegare la finanziaria in modo obiettivo, con i pro ed i contro: non solo con l’utilizzo di un linguaggio comprensibile per chi non frequenta gli ambienti degli addetti ai lavori, ma anche in termini di “quanto costa alle donne”, alle giovani, a chi vive nel meridione, con esempi chiari. Magari anche mettendo opinioni a confronto, sentendo la voce delle commissioni parlamentari, cercando esperte/i che possano leggerne l’impatto sul lavoro precario, sui servizi, sulla scuola e la ricerca. Anche approfondendo le ripercussioni sulle donne sole, a basso reddito, future pensionate povere
Si chiede di promuovere posizioni anche indipendenti, metter in gioco le diverse donne e i movimenti, “non per ricostruire vecchie posizioni ideologiche” ma “per cercare nuove posizioni unitarie”.
(2 novembre 2006)

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