Marta Mariani Giovedi, 03/12/2015 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Dicembre 2015
A Parigi il clima è ancora di lutto nazionale e nei luoghi del massacro del 13 novembre - rue Bichat, rue de la Fontaine-au-Roi, rue de Charonne, il Bataclan e boulevard Voltaire, Saint-Denis e lo Stade de France – tappeti di fiori e candeline. Tra le molte lettere aperte lasciate nelle strade dove i terroristi hanno sparato e ucciso, ne abbiamo scelta una. È una lettera molto toccante, perché capace di suonare, pur nella rabbia, corde insolite (come la pietà e la compassione) e capace di rinunciare a reazioni più basse, per quanto più immediate e naturali. È perfino ironica, certo dolente, ma in alcuni punti di lancinante amarezza, addirittura forte di una vibrante umanità. È scritta in memoria di Madeleine, cugina dell'autore morta durante gli attentati. La traduciamo per ricordare che l'essere umano è capace anche di questo. Dal blog di Simon Castéran, affermato giornalista indipendente di Tolosa.
"Mio caro Daech, sì, ho letto il tuo vittorioso comunicato stampa. Come si può ben immaginare, devi essere contento del successo degli attacchi di venerdì sera a Parigi. Massacrare dei civili innocenti che non chiedevano altro se non godersi una sana partita di calcio, un concerto rock o, semplicemente, un piccolo ristorante in compagnia di qualche amico, tutto questo ti sfoga, non è vero? Allora certo, non ti fanno troppo effetto i milioni di soprusi e le violenze commesse quotidianamente (da anni ormai) in Iraq e in Siria.
Bisognava che ti imponessi e ti affermassi sul mercato occidentale nella tua veste di multinazionale di codardi e di impotenti. Felicitazioni! Grazie ai tuoi sordidi e sanguinosi fatti, il marchio Daech è ora più forte che mai. Ha stinto perfino il ricordo di Al-Quaeda che, accanto a te, sembra ormai un'organizzazione quasi ragionevole.
E quindi hai ucciso. Oh, certo, non per il mero gusto del sangue e della violenza, ma piuttosto nel nome di ‘Allah, il Sommo Misericordioso’. Io, che credevo che la ‘misericordia’ sottintendesse la bontà e l'indulgenza nei confronti degli altri, farei meglio a buttare al secchio il mio dizionario. Farei meglio a comprarmi un kalachnikov e delle granate per andare ad elargire, anch'io a mia volta, amore e compassione... ovunque voi vi troviate... prima di lasciare, sui vostri benedetti corpi, la foto di mia cugina Madeleine, che la vostra misericordia ha vilmente assassinato venerdì al Bataclan.
L'aveste conosciuta, quanto l'avreste immediatamente detestata! Era una donna libera e felice, piena di quella luce interiore che vi manca tanto. Orrore supremo: era anche un'intellettuale, che amava il suo mestiere di professoressa di lettere nelle scuole medie. Perché è chiaro, da noi le donne hanno non solo il diritto di essere educate, ma anche di insegnare. Così come hanno il diritto di andare dove gli pare, di ascoltare la musica, di bere un bicchiere e di amare chi gli piaccia. Senza né burqa, né violenza. Quindi, detto in breve, di godere di quella libertà che vi fa tanto orrore. E di cui Parigi ‘la capitale degli abominii e della perversione’, tu dici, si è fatta da tempo rappresentante.
Sì, care sorelle e cari fratelli, è fuor di dubbio: l'abominio e la perversione non è da cercare nel massacro degli innocenti perpetrato dai fanatici bardati di armi, che trasformano il Corano in un manuale del perfetto terrorista, ma piuttosto in questa vita pagana, fatta di piaceri e di gioie. Questa ‘festa della perversione’ che riunisce, di settimana in settimana, dei milioni di ‘idolatri’, i quali, anziché adorare la Morte come voi fate, ‘divorziando dalla vita triviale di qui’, preferiscono raccogliersi per chiacchierare insieme, in un momento di condivisione e di adorazione dell'esistenza.
Alla luce di questo, mio piccolo, ridicolo, meschino Daech, ti devo una confessione: anche io sono un perverso e un idolatra. Amo la vita, il rock, i ristoranti e, persino alle volte, guardare una partita di football. Mea culpa, mea maxima culpa. Sono un Crociato, come tu dici, un Crociato della libertà, dell'amore e della convivialità; con la differenza, tuttavia, che contrariamente a te, io sono cresciuto dopo il Medioevo. La mia religione non è fatta di ferro e di sangue, come la tua, ma di carne e di speranza. E poi, se vuoi un savio consiglio, mio caro Daech, sbrigati: che la Storia ti è alle calcagna, come già il secolo dei Lumi che tu vuoi spegnere minacciandolo dall'alto del tuo anacronistico califfato. ‘Allah è il più grande’, tu scrivi. ‘Ora, è ad Allah che va tutta la potenza, così come al Suo messaggero e ai suoi credenti’. Ma gli ipocriti non lo sanno" (sura 63, versetto 8). Su questo punto non posso darti ragione. Che lo si chiami Dio, Yahveh o Allah, l'Onnipotente non ha affatto bisogno che si uccida nel suo nome, né che si corrompano le sue leggi. Allora, perché continuare ad uccidere? Il tuo Signore è forse così debole, nel tuo spirito, che non riesce ad agire e operare da solo? Non posso crederci. Credo, invece, che ti faccia comodo il Suo silenzio. Uccidendo nel nome stesso dell'Islam e dei musulmani pretendi difendere (di fatto assassinando) la Creazione divina. Questo fa di te un empio, un peccatore, ancora più colpevole dei credenti per te tanto esecrabili, o dei pagani che noi tutti siamo. Ma questo, gli ipocriti non lo sanno”.
Lascia un Commento