Mercoledi, 28/04/2021 - Gelsomina Verde viveva a Scampia, lavorava come operaia in una fabbrica di pelletteria e, nel tempo libero, aiutava i bambini del quartiere a fare i compiti. Gelsomina aveva solo 22 anni quando, nel 2004, fu sequestrata, torturata e barbaramente uccisa dalla camorra, durante la prima faida di Scampia, colpevole solo - lei del tutto estranea agli ambienti malavitosi - di aver frequentato, per breve tempo, il ragazzo sbagliato, peraltro ormai ex-fidanzato, appartenente ad un clan rivale.
Di questa storia dolorosa e drammatica, è stato realizzato un film, intitolato “Gelsomina Verde” e diretto dal regista napoletano Massimiliano Pacifico: dopo essere stato presentato ad alcuni Festival, in Italia e all’estero, nei prossimi giorni, a partire dal 29 aprile, il film verrà distribuito sulla piattaforma ‘1895’, realizzata da un gruppo di sale di qualità e cinema d’essai, sparsi sul territorio.
Prodotto da Lama Film, Bartleby Film con Rai Cinema, ‘Gelsomina Verde’ è costruito intorno ad un gruppo di cinque giovani attori, scelti per mettere in piedi uno spettacolo teatrale legato ad un progetto fortemente voluto dal brillante regista teatrale napoletano Davide Iodice, proprio sulla morte di Gelsomina Verde. Gli attori arrivano alla spicciolata a Polverigi, sede di un importante festival di teatro, ed iniziano a lavorare per due settimane in una full immersion che li porterà a confrontarsi e scontrarsi con i propri personaggi e, in parte, anche tra di loro. Tutti, e non solo Maddalena Stornaiuolo che interpreta la protagonista, saranno costretti a conoscere chi era veramente Gelsomina Verde, anzi Mina.
Il film, tra spettacolo teatrale, fiction e documentario, cattura ed emoziona lo spettatore, pur senza spettacolarizzare il dolore e senza alcun compiacimento degli aspetti più drammatici (lasciati solo intendere): forse proprio per questo arrivano con grande forza il messaggio ed il flusso narrativo, dalle parole e dai gesti degli attori e dello stesso fratello di Gelsomina, Francesco (Margherita Laterza, Francesco Verde, Giuseppe D'Ambrosio, Francesco Lattarulo, Maddalena Stornaiuolo, Pietro Casella).
"Questo film per noi è molto importante ed ha avuto una gestazione lunghissima - racconta il produttore Gianluca Arcopinto - L’idea del film è nata nel 2013 quando ho organizzato la prima stagione di Gomorra e sono entrato in contatto con il territorio di Scampìa. Successivamente mi sono trovato a rappresentare le associazioni del territorio per costruire, con Sky e Cattleya, un laboratorio che avrebbe dovuto produrre 5 cortometraggi per fare da ‘controcanto’ a Gomorra stessa. Abbiamo deciso perciò di far nascere il Collettivo Mina, che si chiama così proprio in onore di Gelsomina Verde. Il primo di questi cortometraggi, intitolato ‘Centoquattordici’ era dedicato a Gelsomina, detta Mina. Sono particolarmente orgoglioso di questo piccolo film, che considero uno dei film più importanti della mia carriera per il suo significato: spero che presto si potrà proiettare questo film nei cinema e nelle arene per farne oggetto di dibattito anche politico".
Grazie al cortometraggio, il cui titolo si riferisce al fatto che Mina è stata la 114esima vittima della faida di Scampia nel 2004, Arcopinto ha incontrato il fratello della vittima, Francesco Verde e dopo un difficile inizio è nato un sodalizio finalizzato a raccontare e ricostruire in maniera non spettacolarizzata la vera storia di Mina. Gomorra aveva raccontato frammenti della storia di Gelsomina senza consultare la famiglia e numerose sono state le polemiche e i giudizi, ad esempio, sul risarcimento accettato dai genitori per la morte di Mina da parte dal boss mafioso Cosimo Di Lauro mandante dell’omicidio (i genitori accettarono anche per paura di eventuali ritorsioni in caso di rifiuto).
«Questo film – continua Arcopinto - è un atto dovuto, da quando nel 2014 con Francesco Verde, fratello di Gelsomina, e con alcune associazioni dell’area nord, abbiamo dato vita al Collettivo Mina. Lo dobbiamo alle persone che continuano a combattere perché lo Stato per troppo tempo non l’ha riconosciuta vittima innocente. Lo dobbiamo a noi stessi che vogliamo continuare a trasmettere la voglia di raccontare, gettare uno sguardo verso il futuro, fare politica, ripartire ancora una volta verso nuovi orizzonti con il sogno e l’utopia di sempre. Lo dobbiamo soprattutto alla memoria del papà e alla mamma di Gelsomina, come dice il fratello Francesco ‘condannati all’ergastolo del dolore’, puniti più duramente degli assassini della figlia. Perché il dolore che ti spezza la vita, rimane. Senza permessi, senza licenze, senza sconti, senza fine pena».
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