Laicità - Nessuna delle tre religioni di Gerusalemme ha saputo liberarsi dai condizionamenti della cultura patriarcale
Stefania Friggeri Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Settembre 2006
Non sono poche dentro la Chiesa le voci che esprimono sofferenza di fronte alla esibizione di potere mondano da parte della gerarchia (la religione della croce trasformata in cristianesimo trionfante durante i funerali di Wojtyla e la consacrazione di Benedetto XVI non è un segno che può condurre a desacralizzare e a demitizzare il potere). Quel potere che la cultura patriarcale del Mediterraneo nega da sempre alla donna, fatta custode dell’onore familiare, cioè di un’idea dell’onore che risiede nell’irreprensibilità della vita sessuale, che vuol dire: o vergine o madre; e l’onore della famiglia si lava col sangue. Della donna.
E ancora oggi il Consiglio d’Europa, approvando la relazione sul tema ‘donne e religione’, promosso dalla cattolica R. Zapfl-Helbing, chiede ai governi di "proteggere le donne da violazioni dei diritti umani fondate o attribuite alla religione" perché le diverse fedi hanno una forte influenza sulla vita delle donne, aggiungendo che questa influenza "di rado è benigna".
I costumi sociali sono frutto di una complessità di fattori fra i quali la religione è stata sempre strumentalizzata per legittimare credenze e tradizioni, miti e tabù diffusi nell’immaginario collettivo. Ma valutando la condizione femminile alla luce degli studi antropologici, si vede come nell’Europa mediterranea nessuna delle tre religioni di Gerusalemme ha saputo liberarsi dai condizionamenti della cultura patriarcale.
Ancora oggi per la religione cattolica la donna non può accedere al sacro se non attraverso la mediazione della figura maschile. E i sacerdoti fanno voto di non toccare la donna sulla quale, ai tempi dei processi per stregoneria, è stato proiettato il senso di colpa di cui ci si liberava trovando un altro colpevole dei peccati che si aveva paura di commettere. Anche la questione dell’omosessualità (sulla quale vengono espressi giudizi poco caritatevoli) e il dramma dei preti pedofili (che negli Usa ha deturpato l’immagine della Chiesa cattolica) debbono spingere il Vaticano ad interrogarsi in termini psicoanalitici sul tema della sessualità perché è sul tabù del sesso che la chiesa romana ha fondato nei secoli tanta parte del suo insegnamento morale percorrendo le tenebrose profondità dell’inconscio collettivo. Si deve senza dubbio all’influenza della teologia femminista la nuova lettura che nella ‘Lettera’ il Papa ha dato della sessualità: dimensione ‘non solo fisica ma psicologica e spirituale’. Ma poi, dopo aver indicato la differenza femminile come vocazione relazionale, (e infatti viene stigmatizzata la possibilità di ‘esistere per se stesse’) l’uomo non è chiamato con pari convinzione alla prova della reciprocità invocata (‘esistere per l’altro’) e l’immagine della donna viene ancora riproposta nel tradizionale orizzonte oblativo-nuziale, votata come Maria a incarnare la coppia Amore-Morte.
Quell’Amore su cui il Papa ha fondato il messaggio della sua prima enciclica dove l’Eros (concupiscenza) deve trascendere in Agape (amore oblativo), mediante un’ascesa che si compie attraverso la purificazione, una parola la cui continua ripetizione spinge, per vie subliminali, a vivere il corpo come entità che, separata dall’anima, porta con sé la traccia indelebile del peccato originale. E qui c’è un elemento in più per comprendere quanto sia difficile, per chi vive l’Amore attraverso la sublimazione, ottenere da parte degli amanti in carne e ossa l’osservanza delle regole prescritte, come risulta dal fenomeno largamente diffuso fra i cattolici italiani dello ‘scisma sommerso’.
Ma non v'è ragione di stupirci perché, nel suo procedere abituale, la gerarchia non guarda alle persone nella loro umanità viva e concreta, ma le oggettiva: la 'Vita', la 'Famiglia', l’ ‘Amore'. E' un mondo popolato di idee astratte e di eruditi ragionamenti che, dovendo rimanere fedele ai principi, finisce per diventare insensibile al dolore che può nascere dal loro trionfo. Come dimostra il caso tragico dell'Aids: milioni di persone sacrificate sull’altare del valore salvifico dell’astinenza e del rifiuto della contraccezione. Mentre è proprio la contraccezione che permette alla donna di essere libera ed autodeterminata, che vuol dire però per gran parte dell’universo maschile: non controllabile, pericolosa, impura.
(30 settmbre 2006)
Lascia un Commento