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In cammino verso l’autonomia

In cammino verso l’autonomia

Giordania - La ONG italiana Un ponte per... dalla sua sede ad Amman collabora con le donne giordane e le sostiene verso l’emancipazione. Anche con il turismo

Colla Elisabetta Giovedi, 23/09/2010 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Settembre 2010

Forse non tutti sanno che la ONG italiana Un Ponte Per, da anni impegnata in progetti di sostegno a favore dei profughi iracheni e palestinesi in Medio Oriente, ha una sede in Giordania, ad Amman (dopo il rapimento delle due Simone Baghdad era divenuta poco sicura) dove svolge, fra le sue molteplici attività, un importante ruolo di raccordo ed implementazione del lavoro di rete, sostenendo ed affiancando alcune organizzazioni locali di donne impegnate da anni nello sviluppo delle prospettive di genere. Tra i suoi partner privilegiati c’è la JWU (Jordanian Women’s Union), un’organizzazione di donne giordane che, attiva fin dagli anni Settanta, ha incontrato non pochi ostacoli a causa delle sue idee progressiste sui diritti delle donne, fino a riprendere vigore negli anni Novanta, conquistandosi una solida reputazione presso le donne di tutto il paese insieme al rispetto delle istituzioni e della società civile. “Un Ponte Per è attivo soprattutto in ambito socio-sanitario - afferma Pierluigi Candier, responsabile del progetto che offre supporto ai rifugiati iracheni in Giordania - attraverso il suo intervento sono state riabilitate ed equipaggiate alcune cliniche e si sono forniti i Centri della JWU di un’unità mobile attrezzata. I servizi offerti in questi Centri sono rivolti prevalentemente alle donne, non solo per problemi medici ma anche per la prevenzione degli abusi e per la povertà sociale in genere. In queste aree i principali rischi per le donne sole sono abusi, prostituzione (ragazze russe e ucraine) ed abbandono. Ci sono anche casi di lavoratrici sfruttate, soprattutto donne filippine, cingalesi, irachene ed indonesiane”. La JWU, nel lavoro svolto in questi anni da UPP (come lo chiamano ad Amman), si è rivelata un partner attivo a livello internazionale: le sue rappresentanti assistono le donne in Tribunale e sono attive nel campo della secolarizzazione del diritto di famiglia, intervenendo in ogni occasione utile per evidenziare le contraddizioni delle norme nei confronti dei diritti delle donne: la Sharia, infatti, viene applicata in Giordania, un paese decisamente ricco ed occidentalizzato, solo nell’ambito del diritto di famiglia. Presso la sede di UPP incontriamo due giovani donne che ora lavorano con la ONG italiana e ci raccontano i loro percorsi dentro l’universo dell’emancipazione femminile in Medio Oriente. La prima, Aseel Bandora, ha una lunga esperienza di attivista nel JWU: “Mia madre era un ingegnere civile – ci racconta Aseel – ed era attivista nel JWU quando parlare della condizione femminile rappresentava ancora una sfida: io aiutavo lei e mia zia e col tempo ho cominciato ad impegnarmi sempre di più, sono stata in USA e sono diventata Project Coordinator di programmi relativi a donne e bambini iracheni rifugiati. La JWU ha combattuto da sempre duramente per i diritti delle donne, all’inizio senza aiuti, sensibilizzando l’opinione pubblica: dai 4-5 progetti iniziali è arrivata ad averne 13. La forza dell’organizzazione sta nelle risorse umane, le persone che ci lavorano lo fanno per passione, spesso oltre l’orario, vogliono cambiare le cose. Spesso per le donne dei villaggi come il mio (Ramtha, sul confine siro-giordano) parlare delle violenze in famiglia è un tabù e la JWU le aiuta ad aprire la mente, ad accettare l’idea di parlare delle violenze subite”. Fra le principali attività del JWU, l’istituzione di una hot-line per il supporto legale ed il sostegno psicologico delle donne che subiscono abusi e maltrattamenti (dopo il primo contatto si cerca un aggancio più duraturo), nei casi più gravi (vittime dei delitti d’onore) le donne vengono accolte in una casa dell’associazione chiamata Shelter (rifugio), con sede ad Amman; l’attivazione di reti locali, in particolare coi Centri di Protezione Familiare governativi ed il Ministero dell’Interno; la realizzazione di un Salone di Bellezza, di un Internet Cafè e del Centro Documentazione “Amily Bsharat” (una delle prime attiviste), con un data-base che raccoglie leggi ed articoli sui temi relativi ai diritti e alla parità; l’avvio di un programma di assistenza e custodia legale per le donne che insegna come difendersi; la promozione di formazione qualificata e la sensibilizzazione dei media ad argomenti di genere (es. contro i matrimoni precoci). “A poco a poco c’è stato uno sviluppo nella nostra società - afferma Maha Al Nimer, la seconda donna intervistata, proveniente da un’importante famiglia giordana, laureatasi in scienze politiche e specializzata in gestione e risoluzione di conflitti dopo gli studi di marketing ed un matrimonio a 19 anni - la scuola dell’obbligo si è innalzata fino a 18 anni e così l’età del matrimonio, e cresce il numero delle donne che lavorano e la consapevolezza delle famiglie, che oggi proteggono di più le proprie figlie. Nella mia famiglia tutti si sposavano nell’ambito della stessa classe sociale, mia zia è stata la prima a rompere la tradizione. Io stessa, dopo aver studiato marketing ed economia, desideravo svolgere un lavoro umanitario, utile alle relazioni sociali: ho lavorato presso un’agenzia delle Nazioni Unite che si occupa di Iraq operando per la risoluzione di conflitti e, da aprile, lavoro presso UPP, nell’ambito di un progetto che fornisce assistenza legale ai detenuti iracheni e alle loro famiglie. Mi occupo di seguire una rete di 20 Centri distribuiti su tutto il territorio; il Governo non ha denaro da investire in attività e spesso sono le ONG che promuovono il rispetto dei diritti di donne e bambini”. Poiché la Giordania è un paese dalle mille bellezze turistiche (Petra, il deserto del Wadi Rum), UPP sta considerando di attivare, insieme ad alcune associazioni italiane di turismo responsabile, tra cui la romana Retour, viaggi solidali che renderanno possibile trascorrere una giornata con le donne del JWU, visitando i loro progetti ed aiutandole così ad autofinanziarsi.



(27 settembre 2010)

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