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In bici per non dimenticare le persone mancanti

In bici per non dimenticare le persone mancanti

Viaggiatrici/3 - Passione per il viaggio e percorso interiore: Gaia Ferrara, scout e ciclista, racconta la sua esperienza. E il senso del cammino spirituale dopo quattro pellegrinaggi.

Bartolini Tiziana Giovedi, 26/06/2014 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Luglio 2014

 Arrivavano dal Pakistan, dallo Sri Lanka o dall'India e come tanti erano in cerca di un futuro migliore. Si erano imbarcati per inseguire il sogno di una vita migliore e, come tanti ancora oggi, nel viaggio hanno trovato la morte. Uno dei più gravi naufragi verificatosi nel Mar Mediterraneo dal secondo dopoguerra, a distanza di 17 anni non può essere dimenticato e ad impedirlo provvede una giovane armata di … bicicletta. “Non posso rassegnarmi all’oblio. Finché non avranno degna sepoltura non sono morti, ma sono persone mancanti. Chi si era preso l’impegno di recuperare il relitto deve mantenerlo”. Con questo obiettivo Gaia Ferrara, 33 anni e una passione smodata per il viaggio, si appresta a pedalare ad agosto per circa 1.200 chilometri lungo le coste del nostro meridione. 'Rambling for migrants' è il titolo del progetto, sostenuto anche da Libera, che Gaia organizza con l’associazione “ViAndando” per sollecitare le autorità europee a recuperare i resti dei 283 affogati nella notte di Natale del 1996. La partenza è prevista il 2 agosto da San Severo e l’itinerario attraverserà Puglia, Calabria, Basilicata concludendosi il 23 agosto a Portopalo, estrema punta sudorientale della Sicilia. Durante il percorso saranno raccolte firme a sostegno della richiesta di recuperare F-145. La tragedia è stata documentata nel 2001 da un’inchiesta del giornalista Giovanni Maria Bellu e dal suo libro ‘I fantasmi di Portopalo’. Fisico minuto e volontà di ferro, Gaia è una veterana delle due ruote insieme a Silvia Colesanti - che quest’anno non può essere con lei - e dal 2005 le mete raggiunte sono state numerose: Olanda e Irlanda e poi il ‘Cammino di Santiago’, la ‘Via Francigena del Nord’ da Canterbury a Roma, il ‘Cammino di Nikulas di Munkathvera’ lungo il Reno, sulle orme di Carlo Magno. Tra le esperienze più intense ‘D2_daromaagerusalemme’ (900 Km in 17 giorni lungo la Via Francigena del Sud e la Via Micaelica) nel 2013 con una particolare attenzione alle storie di donne. Sempre insieme, Gaia e Silvia, e sempre in bicicletta, dai 50 ai 70 chilometri al giorno pedalando dalle 4 alle 6 ore. 


“Si programma la partenza e l’arrivo, ma non si possono programmare le tappe. Non sai mai dove dormirai”. Questo è il pellegrinaggio: chiedere ospitalità bussando alle porte che incontri “e accontentarti di quello che ti offrono: un letto, un tavolaccio o un cortile dove montare la tenda. È la prima regola”. Sembrerebbe un andare alla ventura, ma non lo è. “Se viaggi con una motivazione spirituale e interiore, se sei un pellegrino, la gente è curiosa e vuole conoscere le tue ragioni. È questo approccio che apre le strade al dialogo e all’ospitalità”. Ma questo non pone al riparo dai pericoli, che vanno evitati “col buon senso e poche regole: non dire dove si dormirà, stare alla larga da circostanze potenzialmente pericolose, guardare le persone in faccia”. “In certi posti sai di essere al sicuro, in altri ti senti mille occhi addosso, ma il livello di sicurezza è lo stesso della vita quotidiana”. Ma qual è la molla che da 10 anni spinge una giovane a viaggiare su lunghi percorsi e in modo così scomodo? “Non mi sembra di fare qualcosa di particolarmente strano o pericoloso, sono spinta prima di tutto dalla passione per il viaggio, dalla curiosità per la conoscenza di luoghi e persone. Della bicicletta è bella la lentezza, il sentirsi vicino alla terra, il guardarsi intorno, sentire il caldo, la fatica, conquistarsi le tappe, non sapere dove arriverai a fine giornata. Il pedalare, anche da cattolica praticante, mi ha offerto la possibilità di comprendere il senso dell’affidarsi al Signore. Tutto questo per me ha significato una crescita profonda”. Una donna particolare, verrebbe da dire, ma non puoi neppure pensarlo, perché Gaia ti blocca subito: “non mi sento una ragazza fuori dal comune. Viaggiare in bicicletta, sentirsi pellegrini e superare tante barriere è un’esperienza alla portata di tutti. Occorre avere la testa sulle spalle ed essere curiosi”. Ma forse, Gaia, c’è anche un voler affermare se stesse, esprimere un’intraprendenza. “Ecco, forse è questo ad essere considerato non comune. Ma non da noi due!”. Buon cammino, Gaia e Silvia.

Info: viandando.attraverso@gmail.com - Pagina Facebook del Progetto: https://www.facebook.com/1200kminbici?fref=photo 

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