In becco alla cicogna. Perché la scienza non annulla il mistero.
Un viaggio nel mondo procreazione assistita. Accessibile a chi non lo ha voluto iniziare, a chi non ne ha avuto bisogno, a chi – semplicemente - vuole un po’ più di chiarezza
"D'altronde la scienza ha la peculiarità di percepirsi parziale e temporanea, non si pronuncia mai in termini categorici o di certezza, non propone verità assolute. Il problema è che l'uomo comune vuole verità assolute e si sente tradito se non le ha, non capendo che sono provvisorie, inserite in un processo in continua evoluzione e precisazione. Come la vita". Con queste parole Eleonora Mazzoni chiude In becco alla cicogna (edizioni Biglia Blu), da pochi giorni in libreria. Poco meno di 200 pagine, con postfazione di Carlo Flamigni, in cui l'autrice esplora il mondo della procreazione assistita tra diritto, natura, scienza, Chiesa. Mazzoni aveva già affrontato l'argomento con Le difettose (Einaudi, 2012), in cui raccontava la guerra con se stessa e contro il tempo della 39enne Carla. In quelle pagine aveva reso reale e palpabile l'iter fatto di ormoni, ospedali, delusioni, fallimenti, speranze, ossessioni cui si sottopone chi non riesce a rimanere incinta. Aveva chiamato in causa la società, con le leggi che la regolano, la cultura che la influenzano, le paure che la viziano. Di quel primo testo - seguito da Gli Ipocriti (Chiarelettere, 2015) - riprende ora il filo, dando voce con nomi di fantasia alle tante donne che le avevano scritto confidandole i loro tormenti. Ogni capitolo de In bocca alla cicogna si apre con una lettera che pone un tema, che è sempre dubbio, mai decisione, mai soluzione. Dalla vergogna che ancora prova chi è sterile - uomo o donna che sia, seppure le reazioni sono diverse - alla difficoltà di dialogare serenamente di Pma, con particolare riferimento all'eterologa. Mazzoni ne indaga il complesso mondo, semplifica i tecnicismi, umanizzando la materia e rendendola accessibile a chiunque, soprattutto a quanti non conoscono quel desiderio di pancia che sovrasta e annienta. Lo stesso che induce ad avere rapporti sessuali col proprio compagno o marito non per amore, non per piacere, ma 'solo' per dare un contenuto a quella parola, genitore, che molte donne sanno di essere ancor prima di diventarlo. Mazzoni maneggia e incrocia sapientemente dati, esperienze, trattati di storia, filosofia, bioetica. E religione. A supporto delle sue tesi - di parzialità del nostro giudizio - cita la Bibbia e l'urlo di disperazione di Rachele, che implorò il marito Giacobbe di unirsi alla serva Bila affinché partorisse un figlio suo. Esempio ante litteram di una maternità surrogata che, sollecita Mazzoni, nella sua forma più autentica dovremmo cominciare a contemplare forse come 'dono'. Mazzoni cerca conferme del presente all'alba dei tempi, apre a un concetto di famiglia che «sarà sempre più sinonimo di legami relazionali e meno di trasmissione genetica delle proprie caratteristiche biologiche». Svela quel tanto di sé e della sua personale esperienza che basta per rassicurare. Ha ragione Flamini quando scrive che l'autrice è dotata di preparazione, motivazione, fantasia, chiarezza. Un libro per tutti, soprattutto per chi è disposto a comprendere che un atteggiamento manicheo di fronte all'esistenza non paga «perché la vita è vita e basta. Ricca di un mistero che nessuna tecnologia estinguerà. Perché la scienza non desacralizza. Né banalizza. Anzi. Può solo aumentare lo stupore».
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