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In attesa di accoglienza

In attesa di accoglienza

Bambini - A fine anno chiuderanno gli Istituti che hanno custodito i minori senza famiglia

Laura Serantoni Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Aprile 2006

”Il ricovero in Istituto deve essere superato entro il 31 dicembre 2006 mediante affidamento ad una famiglia e, ove ciò non sia possibile, mediante inserimento in comunità di tipo familiare caratterizzate da organizzazioni e da rapporti interpersonali analoghi a quelli di una famiglia”. Così la legge 49/2001 all’art.2 comma 3 dice la parola fine alle realtà degli istituti che accolgono i minori, tema sconosciuto alla maggior parte della gente nonostante manchino pochi mesi all’attuazione del disposto legislativo soprattutto per la totale disinformazione da parte dei media. Intervistiamo la Dr.ssa Elisa Santi dell’Associazione Amici dei Bambini, Sezione Emilia Romagna.

Che cosa è l’AI.Bi ?
E' una associazione non governativa di volontariato creata da un movimento di famiglie che avendo accolto un bambino tramite l’adozione o in temporanea difficoltà familiare con l’affido hanno deciso di mettersi al servizio dei bambini in difficoltà, ovunque essi vivano. E’ sorta nel 1986 e opera sia in Italia (a livello nazionale e regionale) che all’estero dove ha 18 sedi (Bosnia Erzegovina, Kosovo, Albania,Bulgaria, Romania, Moldavia, Russia,Ucraina, Marocco, Brasile, Bolivia, Colombia, Perù, Sri Lanka) e si pone l’arduo obiettivo di tutelare, in ogni parte del mondo, il diritto di ogni bambino a essere figlio. Molti sono i riconoscimenti ricevuti dalle Istituzioni per l’attività svolta in Italia ed all’estero. Il suo sito è www.aibi.it.


L’Associazione si sta occupando al momento del futuro dei minori in Italia, in previsione del l’attuazione della legge 149/2001. Quanti sono i bambini interessati?
Si pensa che il problema dell'abbandono minorile riguardi solo i Paesi poveri e quindi, tutti impegnati ad osservare e a capire quello che accade nel mondo, ci dimentichiamo di quanto avviene in casa nostra o forse vogliamo ignorare una realtà. del nostro paese. Solo in Italia oltre 23mila minori (dati della Commissione Parlamentare per l’Infanzia, 27/7/04) vivono fuori dalla propria famiglia, accolti in istituti, comunità educative di accoglienza, comunità familiari. Il problema dei minori collocati fuori dalla famiglia è serio e reale riguarda tutta l’Italia, dalle regioni del Nord a quelle del Sud, con una maggior concentrazione proprio in quest’ultima area, dove le statistiche dicono che i minori fuori dalla famiglia sono in misura maggiore e le famiglie affidatarie in numero inferiore. Si tratta di minori "abbandonati" o in difficoltà familiare per i quali la famiglia non è più il luogo dove possano essere amati, educati e mantenuti nella maniera adatta e per i quali si aprono le porte degli istituti.

La legge ha una buona finalità: chiudere gli istituti, ma quale sarà il futuro dei bambini?
E’ vero, l’istituzionalizzazione, culturalmente accettata, non è una risposta adeguata alla situazione di abbandono del minore. L’istituto garantisce l’accoglienza, rispondendo ai bisogni materiali del minore ma non a quelli emozionali e affettivi; la presenza di educatori e persone che si prendono cura di loro è garantita; tuttavia, il rapporto “intermittente” (dei turni di lavoro tipici delle strutture residenziali) fa sì che le figure di attaccamento siano alternativamente presenti e assenti. Fondamentale è partire dal presupposto che ogni bambino ha diritto ad essere figlio, ha il diritto di poter contare su una relazione stabile che lo faccia sentire amato e possa crescere in modo adeguato. E’ ovvio che la semplice “assistenza” e la conseguente impossibilità di riconoscersi figlio, pone il bambino in una situazione di grave carenza di relazione, di abuso e di violazione di un importante diritto. Il futuro di questi bambini è nelle mani di tutti noi per il semplice fatto che ognuno di noi può fare qualcosa a diversi livelli, ma con un'unica risposta: l’accoglienza. Tale risposta prende forme diverse a seconda delle esigenze del bambino e della disponibilità di ognuno di noi ad accoglierlo nella propria vita.

Quali forme di accoglienza può dare la società?
Le forme di questa risposta possono essere tre, che coinvolgono in modo diverso la società: il sostegno a distanza, l’affido familiare e l’adozione. Per coloro che non se la sentono di adottare o di prendere in affido un bambino, c’è già il modo di accogliere con il cuore, tramite un impegno o con delle risorse economiche. Mi riferisco al “Sostegno a Distanza”, uno strumento di solidarietà che se indirizzato alla giusta organizzazione, in veri progetti di sviluppo, può contribuire decisamente a prevenire o a risolvere la situazione di migliaia di bambini abbandonati o in difficoltà familiare. Il Sostegno a Distanza non è uno strumento di cooperazione riservato ai paesi in via di sviluppo: oramai sono diversi i progetti di Sostegno a Distanza avviati anche in Italia, proprio in previsione della chiusura degli istituti. L’affido è il dono gratuito e totale del proprio amore ad un bambino che vive un momento di difficoltà affinché sia pronto a tornare il più presto possibile nella propria famiglia. L’adozione è la forma di sostegno più conosciuta.

Come sta operando l’AI.BI in previsione della chiusura degli Istituti?
Noi stiamo lavorando affinché si costruiscano case famiglie per l’accoglienza temporanea dei bambini abbandonati, per un sostegno scolastico per i minori che hanno lasciato la scuola, per la destinazione, da parte delle istituzioni, di appartamenti per ragazzi maggiorenni che, una volta usciti dagli Istituti, abbiano una casa e con l’aiuto di persone preparate abbiamo un inserimento sociale e lavorativo, per la formazione di operatori qualificati e soprattutto facciamo campagne di sensibilizzazione perché la gente sappia della prossima chiusura degli istituti e quindi si informi della situazione degli istituti nelle proprie città perché il futuro dei bambini è incerto ed il rischio è che se non trovano una famiglia che li accolga, rientrino magari in famiglia con enormi difficoltà relazionali.
(23 aprile 2006)

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