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In arrivo una presidente?

In arrivo una presidente?

Tunisia - A tre anni e mezzo dalla Rivoluzione la Tunisia torna alle urne. La novità è che sono ben quattro le donne candidate al palazzo di Cartagine

Emanuela Irace Lunedi, 22/09/2014 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Settembre 2014

Il paese va alle urne vivendo il pericolo alle frontiere con Libia e Algeria, il terrorismo jihadista e l’emergenza rifugiati. Le quattro candidate non si accontenteranno di un ruolo esecutivo o da comprimarie





Saranno le prime elezioni politiche
a tre anni e mezzo dalla Rivoluzione. Un test storico per il paese che ha dato il via alla cosiddetta “Primavera araba”. Quel tornado che tra effetto domino e contagio ha rimesso in gioco stabilità ed equilibri nell’intero Medio Oriente. Paradossalmente partendo dal Maghreb, la porzione più occidentale del complessivo comparto geo-politico. Due gli appuntamenti elettorali che marcheranno la fine della transizione in Tunisia e l’inizio dell’era democratica. Elezioni legislative il 26 ottobre e i due turni delle presidenziali tra novembre e dicembre. Un passaggio incompiuto che renderà ancor più deludente la speranza rivoluzionaria. A competere restano i vecchi poteri di sempre incuneati in un sistema statuale e amministrativo mai realmente riformato. Ma soprattutto resta la dipendenza dagli stati finanziariamente condizionanti: USA, UE e Monarchie del Golfo, primi tra tutti il Qatar, più interessati a conservare il controllo del debito e delle risorse di un sottosuolo ancora da sfruttare che a far decollare un paese dalle enormi potenzialità. Un’aggressione commerciale silenziosa quanto subdola che mira a mantenere lo statu quo impedendo che nuovi competitor internazionali, vedi Cina, possano inserirsi finanziariamente sul mercato maghrebino.



All’immobilismo interno fa da contraltare il pericolo esterno alle frontiere con Libia e Algeria. Terrorismo jihadista ed emergenza rifugiati. Se da un lato appare sempre più plausibile la saldatura tra Stato Islamico della Siria e del Levante e frange estremiste del movimento tunisino di Ansar al Sharia, dall’altro è l’afflusso di rifugiati libici a scardinare l’equilibrio demografico del territorio. Sono circa 6000 i cittadini libici in fuga dalla guerra civile che ogni giorno attraversano le frontiere. Il 20% dell’intera popolazione tunisina. Una cifra spaventosa. In questo contesto la sfida elettorale abbassa i toni e cerca alleanze. Più che l’ideologia o il programma vince la capacità di assomigliare all’altro in un turbinio melmoso che accorcia le distanze, anche tra laici e religiosi. Ma se per la maggior parte dei vecchi candidati l’obiettivo è “durare” per conservare il potere, la vera novità si gioca alle presidenziali.



Per la prima volta nella storia della Tunisia quattro donne hanno depositato la propria candidatura alla Presidenza della Repubblica. Una presenza non di facciata, considerando il peso specifico delle sfidanti, che a differenza di molte Ministre del democraticissimo Occidente non si accontenteranno di un ruolo meramente esecutivo o da comprimarie. Come affermato a metà settembre dalla candidata Kalthoum Kennou, potente leader e presidente dell’Associazione Magistrati Tunisini: “Nessuno tra i candidati ha un programma e nessuno ha mai voluto realizzare gli obiettivi della Rivoluzione”. Una denuncia seguita dalle dichiarazioni di Bedra Gaaloul, docente universitaria e presidente del Centro internazionale studi di sicurezza e militari, che ha messo a punto un progetto per combattere il terrorismo con un approccio globale. Sia socio-antropologico che militare. Una sfida raccolta anche dalle altre due contendenti che intendono candidarsi al palazzo di Cartagine. Sono Leila Hammamami, economista e docente in numerose università estere che nel suo programma ha puntato tutto sulle relazioni personali con potenti gruppi economici stranieri, capaci di ridare ossigeno ad investimenti economici infrastrutturali e alla crescita produttiva interna. A chiudere il quartetto delle future presidenti Emna Mansour Karoui, intellettuale femminista, presidente del Movimento democratico per la riforma e la costruzione che in pochi giorni è riuscita a trovare 14.000 firme a sostegno della propria candidatura. Emna ha più volte denunciato il maschilismo che in Tunisia ha ridotto al minimo la presenze di donne capolista nei partiti. Per questo vuole appoggiare e consolidare la presenza femminile nei luoghi decisionali con un programma che preveda quote di genere negli organi elettivi. Dopotutto l’acronimo del suo movimento politico pare di buon auspicio: MDRE, che per noi italiane non passa certo inosservato. In bocca al lupo dunque.

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